Le “attività a libera scelta” degli studenti “scelte” dai corsi di studio
L’attivazione di insegnamenti a scelta non è mai opportuna, salvo rari casi.
È una contraddizione in sé, se parliamo di una libera scelta che la norma attribuisce esplicitamente allo studente, senza dare adito ad equivoci. Inoltre, l’attivazione di insegnamenti in TAF D, anche quando non prevede una copertura finanziaria ad hoc, occupa inopportunamente la casella della responsabilità didattica del docente, utile per il raggiungimento del numero minimo di ore di didattica frontale previste dal proprio ruolo, su insegnamenti non obbligatori che, in linea di massima, hanno un esiguo numero di studenti, quando ce li hanno (e se non li hanno la struttura didattica dovrebbe provvedere a disattivarli, gli insegnamenti).
Sappiamo che gli ordinamenti didattici dei corsi di studio attivati dagli Atenei italiani si basano sul D.M. 270/2004 che, nella sua articolazione, dedica l’articolo 10, comma 5, agli obiettivi e alle attività formative qualificanti delle classi, in coerenza con la Legge 240/2010. Tale comma prevede che i corsi di studio contemplino, insieme alle attività formative qualificanti, “attività formative autonomamente scelte dallo studente purché coerenti con il progetto formativo”.
I DD.MM. 16 marzo 2007 con cui sono state determinate le classi di laurea e di laurea magistrale, specificatamente all’articolo 3, comma 5, prevedono ciò che segue: “Per quanto riguarda le attività formative autonomamente scelte dallo studente, ai sensi dell'articolo 10, comma 5, lett. a) del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, i regolamenti didattici di ateneo assicurano la libertà di scelta tra tutti gli insegnamenti attivati nell'ateneo, consentendo anche l'acquisizione di ulteriori crediti formativi nelle discipline di base, ove previste, e caratterizzanti”.
Stiamo parlando delle norme che sono alla base degli ordinamenti didattici dei corsi di studio erogati, ovvero dell’ossatura dell’intero assetto formativo degli Atenei italiani. È chiaro l’intento di tutelare l’interesse dello studente, la parte debole del sistema, prescindendo da interessi di qualsiasi sorta. Lo studente, tuttavia, ne è spesso inconsapevole e viene indotto, nella maggior parte dei casi, ad accedere all’elenco di attività formative a scelta prestabilito dal corso di studio.
Con il trascorrere degli anni la normativa sopra citata è stata ulteriore implementata da pareri del CUN e da decreti ministeriali che, in tempi, sedi e modi diversi, sono tornati sulla questione, andando sempre nella stessa direzione (e non poteva essere altrimenti, salvo che non si volesse modificare il D.M. 270/2004).
Cito solo, a titolo di esempio, il D.M. 26 luglio 2007 (allegato 1, punto 3, lettera n), secondo cui “Non sono ammissibili interpretazioni limitative o riduttive delle norme, in particolare di quanto stabilito dall’articolo 10, quinto comma, lettera a) del D.M. n. 270/04, dove si prevede che le attività a scelta degli studenti siano da loro scelte autonomamente. La successiva precisazione - purché coerenti con il progetto formativo - non può infatti comportare il diniego di autonomia nella scelta, come avverrebbe prevedendo una elencazione a priori di coerenze riconosciute; la coerenza si riferisce al singolo piano di studio presentato e andrà perciò valutata dal competente organo didattico con riferimento all’adeguatezza delle motivazioni eventualmente fornite”.
I regolamenti didattici delle università italiane sono apparentemente allineati con quanto sopra prescritto, anche se la realtà accademica è spesso in controtendenza, purtroppo. Per il personale tecnico amministrativo e, in particolare, per i manager didattici, è uno di quei casi in cui è molto semplice riconoscere e distinguere ciò che è “norma” da ciò che è “prassi” e, nell’area grigia tra le due, ciò che è “prassi incorporata nei software gestionali”, alla quale non dovremmo mai abituarci.
La norma tutela, pertanto, l'autonomia della scelta da parte degli studenti ai quali è data libertà di scelta tra tutti gli insegnamenti attivati dall'Ateneo. Ferma restando l’inammissibilità di interpretazioni limitative o riduttive delle norme, per evitare di perdere la coerenza del progetto formativo il CUN ha raccomandato, come riportato annualmente nella guida per la scrittura degli ordinamenti didattici, di limitare il numero di crediti attribuiti alle attività formative a scelta dello studente, non superando di norma i 18 CFU per le lauree e i 15 CFU per le lauree magistrali. La coerenza con il progetto formativo riguarda il singolo piano di studio presentato e dovrà quindi essere valutata dal competente organo didattico con riferimento all'adeguatezza delle motivazioni eventualmente fornite, fermo restando che per l'acquisizione dei crediti relativi a queste attività è necessario il superamento dell'esame o di altra forma di verifica del profitto.
Conseguentemente il corso di studio può indicare attività formative la cui coerenza con il percorso formativo sia assicurata, ma non può in alcun modo dichiarare a priori che altre attività non possano essere coerenti con tale percorso. Sappiamo quanto spesso ciò venga disatteso all’interno dei corsi di studio, con buona pace dei diritti e della “centralità” degli studenti.