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L’esistenza del saggio

Jacques-Louis David, La morte di Seneca, 1773, Parigi, Petit-Palais
Jacques-Louis David, La morte di Seneca, 1773, Parigi, Petit-Palais

Pensieri liberamente tratti dall’autore Riccardo Radi da “Lettere a Lucillo” di Lucio Anneo Seneca, traduzione di Giuseppe Monti, Rizzoli editore 1974.

 

Occorre saper conciliare le due condizioni di vita: l’uomo che vive nella quiete sia più operoso e l’uomo d’azione trovi il tempo per riposare. Tu segui l’esempio che ti dà madre natura: essa ha fatto sia il giorno che la notte.

Gli uomini, in maggioranza, ondeggiano tra il timore della morte e i tormenti della vita; non hanno il coraggio di vivere, né sanno morire.

Mi chiedi che cosa tu debba specialmente evitare. Rispondo: la folla. La compagnia della moltitudine è dannosa: c’è sempre qualcuno che ci rende gradevole un vizio o, senza che ce ne accorgiamo, ce lo trasmette in tutto o in parte.

Le amicizie fatte per opportunismo saranno gradite finché saranno utili. Una folla di amici ti circonda nella buona fortuna; ma, se cadi in disgrazia, rimani solo, poiché tutti son fuggiti nell’ora della prova.

Toglie all’amicizia ogni dignità chi la ricerca per conseguire vantaggi materiali.

La felicità, sommo bene, non cerca fuori di sé i mezzi per realizzarsi: è cosa intima, che sboccia da sé stessa.

Il saggio non sente la mancanza di nulla, e tuttavia ha bisogno di molte cose, mentre lo stolto non ha bisogno di nulla, perché di nulla sa far uso, ma manca di tuttto.

Accogliamo la vecchiaia di buon grado e amiamola; può dare tanta gioia a chi sa goderne. Gli ultimi frutti dell’albero sono i più saporosi. È molto bella la fanciulezza, quando volge al suo termine. Ai bevitori è particolarmente gradita l’ultima coppa, quella che dà l’ultimo tocco e li sommerge nell’ebbrezza. Ogni piacere ha il suo momento culminante, quando sta per finire.

In ogni caso, chi fa il male non ha diritto di condannare.

 

Per leggere la prima parte clicca qui.