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Libertà di associazione sindacale per i militari: nota a sentenza della Corte Costituzionale n. 120 del 13 giugno 2018

Libertà di associazione sindacale per i militari: nota a sentenza della Corte Costituzionale n. 120 del 13 giugno 2018
Libertà di associazione sindacale per i militari: nota a sentenza della Corte Costituzionale n. 120 del 13 giugno 2018

Con la sentenza n. 120/2018, la Corte Costituzionale, pronunciandosi sulle questioni di legittimità costituzionali sollevate dal Consiglio di Stato e dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto rispettivamente il 4 maggio e il 3 novembre 2017, dichiara parzialmente incostituzionale l’articolo 1475, comma 2 del Decreto Legislativo n. 66/2010 “Codice dell’Ordinamento Militare”, che sanciva il divieto per i militari di costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali.

 

The Italian Constitutional Court has given the judgment number 120/2018, with which the ban to establish trade unions for the Italian soldiers has been declared partially unconstitutional. This instruction was included in the article 1475, second clause, of the Italian Army Regulations.

 

1. La vicenda

La vicenda giudiziaria prende avvio dal ricorso, formulato da un brigadiere in servizio presso la Guardia di Finanza, dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, avente ad oggetto la nota con cui il Comando generale della Guardia di Finanza aveva rigettato l’istanza volta ad ottenere l’autorizzazione a costituire un’associazione a carattere sindacale, ai sensi dell’articolo 1475, comma 2 del Decreto Legislativo n. 66/2010 “Codice dell’Ordinamento Militare”.

Tale Disposizione normativa prevede espressamente, infatti, che «I militari non possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali».

A seguito del rigetto del ricorso da parte del giudice amministrativo di primo grado (Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio) con sentenza n. 08052/2014, la questione di legittimità costituzionale è stata poi sottoposta all’attenzione del Consiglio di Stato, che l’ha ritenuta rilevante e non manifestamente infondata e, con Ordinanza n. 02043/2017, ha trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale.

Di medesimo avviso è risultato il Tribunale Amministrativo per il Veneto, che ha adito il Giudice delle Leggi con Ordinanza n. 00981/2017.

Entrambi i rimettenti, infatti, ritengono la succitata previsione normativa del Codice dell’Ordinamento Militare in contrasto con l’articolo 117, comma 1 della Costituzione, in relazione agli articoli 11 e 14 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali (ratificata dall’Italia e resa esecutiva con Legge n. 848/1955) e alle sentenze emesse in data 2 ottobre 2014 dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Matelly c. Francia e Association de Défense des Droits des Militaires c. Francia.

 

2. La sentenza n. 120/2018 della Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale ha giudicato le questioni di legittimità costituzionale, riunificate in medesimo giudizio poiché di identica natura, con la Sentenza n. 120/2018, depositata in Cancelleria il 7 giugno 2018.

Le Disposizioni normative che si presumono violate dal Codice dell’Ordinamento Militare, come già accennato, sono gli articoli 11 (“Libertà di riunione e di associazione”) e 14 (“Divieto di discriminazione”) della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, ratificata dall’Italia e resa esecutiva con Legge n. 848/1955.

Inoltre, assumono rilievo le due pronunce, Matelly c. Francia e Association de Défense des Droits des Militaires c. Francia, emesse dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

A tale proposito, occorre effettuare una brevissima panoramica dei rapporti tra l’Ordinamento italiano e l’Ordinamento Convenzionale.

Com’è noto, la Sentenza della Corte Costituzionale n. 348/2007 ha costituito una vera e propria svolta nel panorama giuridico nazionale, dal momento che ha qualificato le disposizioni della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali come “norme sub-costituzionali”, fungenti da parametro interposto di costituzionalità, per il tramite dell’articolo 117, comma 1 della Costituzione.

Di conseguenza, è stata sancita l’obbligatorietà per l’ordinamento italiano di adeguare la propria legislazione alle norme della suddetta Convenzione (ricordata come “CEDU”), così come intrepretate dall’unico Organo titolare di questa attività, ossia la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

La verifica di compatibilità costituzionale deve, quindi, inerire alla norma convenzionale come prodotto dell’interpretazione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, non alla disposizione testuale in sé.

Nelle due sentenze succitate della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si precisa che nessuna categoria professionale è esclusa dall’ambito di applicazione dell’articolo 11 della Convenzione. Inoltre, agli Stati è concesso introdurre restrizioni legittime per i membri delle Forze Armate, purché ciò non pregiudichi totalmente il diritto alla libertà di associazione o comprima gli elementi essenziali di tale libertà.

Nella Sentenza in esame della Corte Costituzionale si menziona anche l’articolo 5 della Carta Sociale Europea, che prevede che le Parti contraenti si impegnino affinché le legislazioni interne non pregiudichino le libertà sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro né la possibilità di costituire organizzazioni locali, nazionali o internazionali per la protezione dei loro interessi economici e sociali.

Dunque, anche questa disposizione normativa ha un contenuto simile all’articolo 11 della Convenzione.

Tuttavia, la Carta Sociale Europea non vive dell’interpretazione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ragion per cui non è assoggettata alla Sentenza n. 348/2007 della Corte Costituzionale.

Nella Sentenza in esame, il Giudice delle Leggi ripercorre precedenti Pronunce in merito alla libertà associativa dei militari.

A titolo esemplificativo, la Sentenza n. 126/1985 stabiliva la possibilità di introdurre limitazioni all’esercizio del diritto sindacale per i militari al solo fine di perseguire i compiti propri istituzionali delle Forze Armate.

Con la più nota Sentenza n. 449/1999, la Corte Costituzionale aveva dichiarato non fondata la questione di illegittimità costituzionale dell’articolo 8, comma 1 della Legge n. 382/1978 (poi abrogata in seguito all’approvazione del vigente Codice dell’Ordinamento Militare), che vietava la possibilità di esercitare diritto di sciopero, costituire e/o aderire ad associazioni sindacali per i militari. La motivazione risiedeva nella specialità del servizio reso dai militari e nella sussistenza di esigenze di coesione interna e neutralità, che differenziano le Forze Armate dagli altri apparati statali.

La Corte Costituzionale, nella Pronuncia in commento, specifica che i valori della corretta attuazione della disciplina costituzionale in materia di libertà sindacali per i militari sono così rilevanti, da dover considerare impossibile un loro riconoscimento senza una puntuale regolamentazione legislativa.

Per tale ragione, sarebbe inammissibile un vuoto normativo.

Di conseguenza, occorre rinvenire Leggi e disposizioni, non ancora censurate, idonee a garantire l’esercizio dei diritti sindacali da parte dei militari.

Per quanto concerne la costituzione di associazioni sindacali, rileva l’articolo 1475 comma 1 del Codice dell’Ordinamento Militare, che prevede la possibilità di istituire associazioni o circoli militari, purché dietro autorizzazione del Ministero della Difesa.

Permane il divieto di esercizio del diritto di sciopero, che sì impatta profondamente su un diritto fondamentale, disciplinato dall’articolo 40 della Costituzione, ma è giustificato dall’esigenza di tutelare interessi costituzionalmente rilevanti, così come proclamato nella Sentenza n. 31/1969 della Corte Costituzionale.

La Corte Costituzionale conclude la propria Sentenza non censurando l’intero articolo 1475, comma 2 del Codice dell’Ordinamento Militare, ma solo la parte che vieta ai militari la possibilità di costituire associazioni professionali a carattere sindacale.

Ritiene non fondata la questione di legittimità costituzionale in merito alla facoltà per i militari di aderire ad altre associazioni sindacali, da cui consegue la necessità che le associazioni in questione siano composte dai soli militari