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L’ideologia italiana. Dialogo tra Callido e Stolido

di Pietro Di Muccio de Quattro
L’ideologia italiana. Dialogo tra Callido e Stolido di Pietro Di Muccio de Quattro
L’ideologia italiana. Dialogo tra Callido e Stolido di Pietro Di Muccio de Quattro

Nel 2020 l’Italia è ancora profondamente e ostinatamente illiberale, eppure di fronte a tale amara constatazione l’Autore non si arrende e immagina un brillante dialogo fra Callido e Stolido, due personaggi letterari, inventati, ma che rispecchiano la mentalità di persone reali.

La prima novità di questo agile volumetto risiede dunque nell’abbandono della forma canonica del saggio fi­losofico­-politico e nel ritorno a uno dei più antichi espedienti letterari: il dialogo. Diviso in cinque parti, e toccando via via diversi argomenti attinenti alla politica, esso procede mettendo in luce l’ideologia comune degli italiani.

Dalla vivace disputa tra il sagace e lo sciocco, emerge così un sistema di convinzioni politiche e morali che gli italiani nutrono, del tutto inconsapevoli delle ineluttabili implicazioni e conseguenze. Conseguenze che, ciò nonostante, essi stessi deprecano a dispetto della coerenza, dell’esperienza e della “verità effettuale”.

Come scrive in una nota l’editore, il dialogo «ci è apparso come un limpidissimo distillato ad alta gradazione alcolica di concetti espressi in quel pamphlet “alla macchia” del 1984, applicati alle mutate realtà italiane dell’ultimo trentennio». Il libello cui fa riferimento, intitolato La democrazia illiberale. Un Memorandum sull’Italia del 1984 e stampato privata­mente dallo stesso Autore, ebbe allora una circolazione a dir poco elitaria. E, come afferma Callido: “La politica non ha mai unito gl’Italiani, che concordano nel discordare e discordano nel concordare.”

Ecco un significativo estratto:

 

Callido O Stolido, deciditi a rispondermi con le ragioni della ragione. Camminare sotto braccio a me, nel mentre conversiamo per comprenderci e convincerci, non ti servirà a nulla se non intreccerai le tue meningi alle mie, per modo che il flusso delle nostre idee sia scambievole.

Getti sul vuoto dei tuoi argomenti il mantello della sapienza greca e pretendi di camminarvi sopra senza sprofondare.

Stolido Eh, no, Callido! Proprio il greco Crizia pensava che col tempo le cose antiche ridiventano nuove.

Callido I pensatori hanno pensato tutto e il contrario di tutto. I Greci in particolare, che per primi pensarono il pensiero stesso. Quel Crizia non trascinartelo dietro. Per te, più un peso che un aiuto. La verità sembra talvolta sconfitta, ma rinasce invincibile come Anteo, perché mai al mondo verrà un Ercole che possa strozzarla tenendola sospesa. Questo credeva il tuo Filosofo, non ciò che gli fai dire tu.

Stolido Il simulacro della Giustizia, freddo e immobile sui piedistalli, ornamento di piazze, tribunali, accademie, è una Dea disanimata che la democrazia rianima. Nella statua, i piatti della bilancia sono fissi in equilibrio e la spada ritta non cala mai. Finalmente la politica fa pendere il piatto dalla parte che interessa e fa abbattere l’arma dove mira a colpire.

Callido La giustizia sociale! Il popolo l’ha eretta a Dio della religione civile. La idolatra a preferenza e spesso in vece della libertà, a discapito della vera giustizia. Il Dio della fede, un tempo protettore unico e sacro a cui rivolgersi, è scaduto a Parlamento e Governo, che invocano senza scandagliare se le richieste siano giuste oppure no. Poiché si è laicizzato, scendendo al nostro livello, anzi dipendendo da noi stessi, ne abbiamo fatto il destinatario d’ogni nostra preghiera profana.

Stolido La libertà genera disuguaglianza. In essa, come verme nella mela, si stabilisce l’ingiustizia. Con l’isonomìa, la giustizia sociale non fiorisce. Il popolo perciò richiede ed apprezza quel tanto di libertà che gli consenta di servirsi al meglio della democrazia per i suoi comodi, senza difficoltà e impedimenti. La libertà controllata dalla democrazia è funzionale alla giustizia sociale, che costituisce il fine dello Stato. Lo dicono tutti gli scontenti.

Callido La giustizia sociale, come la intende chi ci crede, nasce dal giro artificioso delle posizioni in cui ciascuno, pretenziosamente, ritiene giusto incasellare il prossimo e collocare se stesso. È frutto della presunzione di governati e governanti ai quali la democrazia offre il poderoso mezzo per assegnare i posti. Questa giustizia è il nome della frode. Non soltanto per soldi, ma anche per prestigio e potere. Al familiare, al socio, all’amico, al sodale, al compagno, al cliente, all’elettore, a costoro e a chiunque hai in simpatia ti parrà giusto accordare denari, cariche, vantaggi. Beneficenza a spese degli altri. A carico dell’erario, se possibile; mai con le tue tasche. Appellandoti ai principî morali per calpestare la moralità.

Stolido Mi pare davvero ingiusta la società dove le persone che conosco occupano posizioni che non corrispondono, in più o in meno, a quelle che giudico appropriate per loro. Penso a quelli che m’interessano per qualche ragione, nobile o ignobile.

Callido Misuri le persone con il tuo metro etico, che nessuno, fuorché tu, può conoscere ed applicare, eppure insicuro perfino per te stesso. Il metro sociale moralmente giusto, l’unico legittimo, dev’esser fisso e uguale per tutti. La giustizia sociale, questo metro, lo disdegna. Essa dipende dai voti elettorali e parlamentari, non da un criterio comune, conosciuto ed accettato prima. Bella giustizia sociale applicare a milioni d’individui ignari la tua personale scala di valori; pretendere di sanzionare come giusto ciò che un governante, un partito, una maggioranza, una fazione, un pugno di cittadini reputano tale. Fossero almeno valori. Invece sono il distillato della presunzione e dell’interesse, comunque abbelliti e mascherati.

Stolido La giustizia sociale non poggia affatto sullo spirito di fazione, né sull’albagia. Appartiene alla nostra specie, scolpita com’è dalla natura nel cuore dell’essere umano. Proclama e reclama un diritto universale: “Voglio quel che hai tu perché tu hai quel che io non ho.”

Callido Un diritto? Al contrario, una pulsione atavica! Infatti il comandamento di Dio a Mosè e la sapienza dei filosofi hanno stabilito che la società dov’è generalizzato il rifiuto d’impossessarsi della roba d’altri, quella sola deve dirsi giusta. Il selvaggio è incapace di riconoscere la proprietà privata.

Stolido La democrazia è, appunto, il potere organizzato per prenderseli e spartirseli i beni altrui. Anche se ti sembro blasfemo e troglodita, nessuna proprietà può sentirsene al sicuro. L’uguaglianza consiste nell’allungare ed accorciare le gambe del prossimo, non nel misurarle con lo stesso metro. Come piacerebbe a te.

Callido Senza arrivare a prendersela, la roba d’altri, solo desiderarla, debolezza comprensibile, è già peccato, secondo la legge divina e l’etica umana. Se chiami giustizia sociale una pretesa basata sull’arbitrio, la giustizia dei tribunali non serve. Così la politica è giudice di tutto.

Stolido Non posso volere di più dalla giustizia se l’amministro da me. La giustizia che mi faccio è giustizia tanto giusta perché sociale quanto sociale perché giusta.

Pietro Di Muccio de Quattro, L’ideologia italiana. Dialogo tra Callido e Stolido, collana Oche del Campidoglio, pagg. 134, euro 15.00, ISBN 978-88-98094-34-9.