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Maltrattamenti in famiglia: analisi dell’abitualità alla luce degli ultimi arresti della Cassazione

La configurabilità del reato in assenza di continuità tra condotte: l’interpretazione data dalla Suprema Corte
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La configurabilità del reato in assenza di continuità tra condotte: l’interpretazione data dalla Suprema Corte 

Maltrattamenti: per i giudici di Piazza Cavour, ai fini della sussistenza del reato di cui all’articolo 572 cp, non è necessario un comportamento vessatorio continuo e ininterrotto. 

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33933 del 2021, si è pronunciata in tema di violenze e maltrattamenti in danno di una giovane donna da parte del marito: la Corte d’Appello di Messina - confermando quanto stabilito dal Tribunale di primo grado - aveva condannato il coniuge della vittima a 3 anni di reclusione. Il successivo ricorso per Cassazione, avanzato dalla difesa dell’imputato, contestava l’inesistenza dell’abitualità delle condotte, specificando che la moglie, seppur si fosse più volte allontanata dal tetto coniugale, avesse poi fatto ritorno riprendendo la convivenza. 

I supremi giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso, evidenziando che, seppur la lettera della norma non espressamente sancisca la reiterazione e continuità della condotta lesiva relativa ai maltrattamenti, essa debba comunque essere prevista.

Sul tema si veda il seguente contributo già pubblicati su Filodiritto. 

Per i giudici, però, è possibile che il comportamento pregiudizievole si alterni con periodi di convivenza e stabilità familiare. L’esistenza di un intervallo di tempo placido non comporta, né presuppone, il venir meno dell’ipotesi di reato. 
 

I maltrattamenti alla luce del recente orientamento della cassazione 

La cassazione penale, con sentenza n. 19776 del 2019, ha evidenziato, e altresì chiarito, che l’abitualità non è neutralizzata da momenti di pausa tra un maltrattamento e l’altro. Nel caso in esame le vessazioni subite dalla donna furono 3 nell’arco di due anni; ciò spinse i legali del marito a riconoscere come la donna << avesse una vita di relazione autonoma, con piena disponibilità delle risorse economiche messele a disposizione dal compagno, peraltro da lei stessa definito un buon padre di famiglia>>. Per i giudici, però, integra tale delitto <<il compimento di più atti, delittuosi o meno, di natura vessatoria, che determinano sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti successivi, senza che sia necessario che essi vengano posti in essere per un tempo prolungato, essendo, invece, sufficiente la loro ripetizione, anche se in un limitato contesto temporale, e non rilevando, data la natura abituale del reato, che durante lo stesso siano riscontrabili nella condotta dell'agente periodi di normalità e di accordo con il soggetto passivo>>. Si ritiene che il reato di maltrattamenti si configuri anche qualora si verifichino eventi di disprezzo ed offesa alla dignità di una persona, e non solo in vista di condotte delittuose, – lesioni, percosse, minacce- le quali comunque non debbano necessariamente essere reiterate, come nel caso in esame.

 

Maltrattamenti e codice rosso: le modifiche toccano anche il 572 cp 

La legge del 19 luglio 2019, meglio nota come “Codice rosso, nelle modifiche introdotte, ha previsto forme di tutela più incisive per le vittime di violenza domestica e di genere. Il legislatore è intervenuto potenziando istituti introdotti dalla Direttiva 2012/29/UE, - che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI- inasprendo il trattamento sanzionatorio per reati già presenti; introducendo nuove fattispecie delittuose;  e stabilendo un procedimento velocizzato per alcuni reati, tra cui  quello di cui si discute. La polizia giudiziaria, infatti, venuta a conoscenza del reato, riferisce, anche oralmente, la notizia al pubblico ministero, il quale entro tre giorni dall’iscrizione della notizia, deve assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato. Così facendo il PM potrà valutare sin da subito se sussistono gli estremi per chiedere l’emissione di una misura cautelare. Modifiche sono previste anche alla cornice edittale ora stabilita nella reclusione da 3 a 7 anni, inoltre «la pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità come definita ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto è commesso con armi». Viene infine garantita un’ulteriore forma di tutela a vantaggio del minore che assiste alle condotte lesive: il nuovo comma 5 – inserito proprio con l’intrvento legislativo del 2019- prevede che: «il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato».  

 

Maltrattamenti, pandemia e convivenze forzate

Senza dubbio il periodo di lockdown non ha reso le cose facili, anzi, le conseguenze di convivenze forzate non sono tardate nel venire a galla. Una condivisione così “asfissiante” e, in molti casi violenta, – basti pensare che il numero antiviolenza e stalking, 1522, nel periodo di marzo e aprile 2020 ha ricevuto un numero di chiamate pari a 5.031, a fronte delle 2.908 dell’analogo periodo dell’anno precedente- ha concesso che vi fosse una maggiore consapevolezza e soprattutto una soglia di sopportazione molto più bassa, consentendo di procedere con allontanamenti e denunce. È fuori dubbio che attualmente occorre una tutela maggiore, ma sembra essere stata imboccata la giusta strada.