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No alla pubblicazione di foto di figli minorenni sui social: lo sviluppo della personalità dei figli è prioritario nel presente e per il futuro

Commento al provvedimento del Tribunale di Mantova del 19 settembre 2017
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Il provvedimento del tribunale di Mantova del 19 settembre 2017, a firma del Presidente Mauro Bernardi, emesso su richiesta di un padre separato che voleva la rimozione di tutte le immagini dei due figli minorenni condivise dalla madre sui social, ha confermato e definito il principio che era stato già formulato in un precedente provvedimento, relativo a un caso simile, dal tribunale di Foggia (provvedimento inedito per quanto consta, di cui si ha notizia da un commento del 12 gennaio 2017).

Nel provvedimento del tribunale pugliese si leggeva: “La pubblicazione di foto di figli minori, sebbene in sé lecita, potrebbe per le modalità e l’intensità con cui viene praticata, essere considerata pregiudizievole per il minore ed in quanto tale avere rilevanza giuridica sia al fine di una eventuale decisione di rimozione, sia in termini di corretto esercizio della capacità genitoriale”.

Il tribunale lombardo è andato oltre stabilendo che “l’inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line, non potendo inoltre andare sottaciuto l’ulteriore pericolo costituito dalla condotta di soggetti che “taggano” le foto on-line dei minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati, come ripetutamente evidenziato dagli organi di polizia” e che

“il pregiudizio per il minore è dunque insito nella diffusione della sua immagine sui social network”.

In aggiunta agli opportuni riferimenti normativi già menzionati dal tribunale di Mantova (in particolare gli articoli 1 e 16 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia; l’articolo 1 prevede l’applicazione delle norme della convenzione ai minori di anni diciotto mentre l’articolo 16 stabilisce che: “1. Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione. 2. Il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti), si ricorda anche che nel Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia (il cui acronimo in inglese è CRC) si legge che “occorre preparare appieno il fanciullo ad avere una vita individuale nella società”.

Con l’abitudine, invece, sempre più diffusa e, talvolta, compulsiva di fotografare i momenti di vita dei bambini per postarli subito sui social non si consente loro di vivere quei momenti intensamente (e interiorizzarli) e li si induce a proiettarsi precocemente in un mondo virtuale  e insidioso.

Inoltre, nell’articolo 7 si tutela il diritto del fanciullo ad essere accudito dai propri genitori e nell’articolo 8 il diritto alla propria identità, al nome e alle relazioni familiari, diritti fondamentali e personalissimi che nel mondo dei social non sono adeguatamente tutelati e assicurati. Nell’articolo 18 vi è scritto il riconoscimento del principio secondo cui entrambi i genitori hanno comuni responsabilità in ordine all’allevamento ed allo sviluppo del bambino e che nell’assolvimento del loro compito essi debbono venire innanzitutto guidati dall’interesse superiore del fanciullo. Nella pubblicazione delle foto di bambini sui social, soprattutto se senza il consenso di entrambi i genitori, è evidente che questi requisiti vengono a mancare o sono compromessi.

Si può anche richiamare l’articolo 19 par. 1 della CRC in cui si prescrive: “Gli Stati parti adotteranno ogni misura appropriata di natura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per proteggere il fanciullo contro qualsiasi forma di violenza, danno o brutalità fisica o mentale, abbandono o negligenza, maltrattamento o sfruttamento, inclusa la violenza sessuale, mentre è sotto la tutela dei suoi genitori, o di uno di essi, del tutore o di chiunque altro se ne prenda cura”. Con la pubblicazione delle foto di minorenni si può incorrere in una forma di negligenza oppure favorire le condizioni per comportamenti irrispettosi o lesivi da parte di altri nei confronti dei bambini e dei ragazzi.

Come pure non è garantito al massimo lo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale di cui all’articolo 27 perché nei bambini e nei ragazzi si instilla la convinzione che ogni cosa vada condivisa o che occorra avere i “like” o i commenti favorevoli degli altri per la propria autostima. Bisognerebbe, invece, dedicare loro più attenzione e tempo per giocare giacché, in un’indagine del 2012, i genitori italiani risultavano tra gli ultimi in Europa in quanto dedicano ai figli in media 15 minuti per giocarci insieme.

Nell’articolo 24 par. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (cosiddetta Carta di Nizza, 2000) si ripete: “I bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere”. C’è da chiedersi, perciò, se la pubblicazione delle foto dei bambini corrisponda a quanto veramente necessario ai bambini.

Già nell’articolo 1 della Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro (un atto a livello regionale e non vincolante, ma dal contenuto significativo e sempre più attuale, sottoscritto a Roma nel 1967) si statuiva che la personalità del fanciullo è sacra (articolo 1) e che occorre che la famiglia si renda conto del carattere decisivo che ha per lo sviluppo del fanciullo e fin dai primi mesi di vita il fatto di non essere subordinato alle esigenze di vita dei genitori.

Nella circostanza della pubblicazione delle foto di bambini su social non si ha il consono rispetto della personalità dei bambini perché, nel frattempo, qualcuno può attribuire loro nomignoli o appellativi o delineare un’identità digitale o virtuale non corrispondente a quella reale e la pubblicazione stessa risponde ad esigenze degli adulti e non a quelle dei bambini ritratti.

Interessante pure un capoverso nella Carta di Ottawa per la promozione della salute (1986) nel paragrafo “Entrare nel futuro”: “La salute è creata e vissuta dalle persone all’interno degli ambienti organizzativi della vita quotidiana: dove si studia, si lavora, si gioca, si ama. La salute è creata prendendosi cura di se stessi e degli altri, essendo capaci di prendere decisioni e di avere il controllo sulle diverse circostanze della vita, garantendo che la società in cui uno vive sia in grado di creare le condizioni che permettono a tutti i suoi membri di raggiungere la salute”. Orbene, nel caso della pubblicazione delle foto di bambini nei social, tra i vari rischi, vi è certamente quello di perdere il controllo sulle diverse circostanze della vita proprio perché si ignora l’uso che può essere fatto di quelle foto e le ricadute psicologiche sugli interessati.

Dare l’esempio ai propri figli di una pubblicazione smodata e non controllata di foto personali sui social può predisporli altresì a subire le conseguenze di un uso distorto degli stessi (dipendenze, cyberbullsimo, disturbi dissociativi della personalità o altro).

In mancanza di un’apposita normativa presente, invece, in altri Stati europei, tra cui la Francia dove la legislazione sulla privacy parla espressamente di “responsabilità dei genitori nei confronti dell’immagine dei propri figli”, è bene seguire, almeno a titolo preventivo, quanto disposto dal tribunale di Mantova.

A proposito dei problemi adolescenziali, Ada Fonzi, esperta di psicologia dello sviluppo, ribadisce che “le radici sono lontane, nelle relazioni che il bambino instaura presto con gli adulti di riferimento, e poi via via con i compagni, gli insegnanti, gli amici. Quando qualcosa s’inceppa in questo rapporto, compaiono il dolore, la frustrazione, il ritiro dal contesto sociale. È difficile riparare questi danni, ma prevenirli è d’obbligo. Facciamo in modo che questo disagio non si instauri. Facciamo la nostra parte, attenti a che la relazione tra noi e i nostri ragazzi continui a fluire libera e senza intoppi”. Si faccia in modo di vivere realmente e pienamente i momenti con i figli imprimendoli nella memoria per costruire insieme e solidamente la loro identità - anche narrativa -, quella che si elabora e sperimenta nella vita emozionante di tutti i giorni.