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Non si ride e non si illude ...un detenuto mai

Carcere
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Non si ride di un detenuto, mai. Perché non può difendersi. E poi perché forse è innocente. In ogni caso perché è un infelice”... Non si illude”.

In questi giorni la Ministra Marta Cartabia e il Presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato hanno parlato delle carceri e delle condizioni dei carcerati.

La situazione delle condizioni dei carcerati è fotografata dai dati che valgono molto più delle parole.  

Nella relazione della Ministra Cartabia al Parlamento si legge:”Il sovraffollamento: ad oggi su 50.832 posti regolamentari, di cui 47.418 effettivi, i detenuti sono 54.329, con una percentuale di sovraffollamento del 114%”. XVIII Legislatura - Comunicazione - Archivio di Prima Pagina (camera.it)

A fronte di una realtà inumana la Cartabia promette interventi e soluzioni, gli fa eco il Presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato che nella conferenza stampa del dopo elezione ha dichiarato: “In passato dicemmo, sul sovraffollamento, che bisognava provvedere, perché la situazione non sarebbe stata ulteriormente tollerabile. Ora siamo nuovamente sulle 52mila, 53mila presenze: se ci fosse riproposta una questione su questo tema, ci troveremmo di fronte alla responsabilità di affrontarla”.

Alle parole seguiranno fatti in tempi certi e veloci?

Le parole non costano nulla mentre i provvedimenti e le decisioni impopolari molto di più, nell’augurarci di essere presto smentiti ricordiamo che:

Non si illude un detenuto mai ... Perché è un infelice” come scrisse Ignazio Silone.

Non si ride di un detenuto, mai. Perché non può difendersi. E poi perché forse è innocente. In ogni caso perché è un infelice.

Un piccolo uomo cencioso e scalzo, ammanettato tra due carabinieri, procedeva a balzelloni, nella strada deserta e polverosa, come in un penoso ritmo di danza, forse perché zoppo o ferito a un piede. Tra i due personaggi in uniforme nera, che nella crudezza della luce estiva sembravano maschere funebri, il piccolo uomo aveva un vivace aspetto terroso, come di un animale catturato in un fosso.

Egli portava sulla schiena un fagottino dal quale usciva, in accompagnamento al suo saltellare, uno stridio simile a quello della cicala.

L’immagine pietosa e buffa m’apparve e venne incontro mentre mi trovavo seduto sulla soglia di casa, col sillabario sulle ginocchia, alle prime difficoltà con le vocali e le consonanti; e fu una distrazione inaspettata che mi mosse al riso.

Mi girai attorno per trovare qualcuno che condividesse la mia allegria e in quello stesso momento, dall’interno della casa, udii sopraggiungere il passo pesante di mio padre. “Guarda com’è buffo” gli dissi ridendo. Ma mio padre mi fissò severamente, mi sollevò di peso tirandomi per un orecchio e mi condusse nella sua camera. Non l’avevo mai visto così malcontento di me. “Cos’ho fatto di male?” gli chiesi stropicciandomi l’orecchio indolorito. “Non si ride di un detenuto, mai”. “Perché no?” “Perché non può difendersi. E poi perché forse è innocente. In ogni caso perché è un infelice”.

Ignazio Silone, Uscita di sicurezza, (Visita al carcere), 1965.