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Note sui figli maggiorenni “portatori di handicap grave”

Disabilità
Ph. Anuar Arebi / Disabilità

Abstract

Lo scritto pone, e affronta in sintesi, tre questioni, sollevate dal secondo comma dell’articolo 337-septies codice civile: la prima concerne chi siano i figli maggiorenni portatori di handicap grave; la seconda è sul tema della “integrale” applicabilità in favore di tali soggetti delle norme dettate per la prole minorenne; La terza verte sull’applicabilità, o meno, dell’equiparazione colà disposta anche ai maggiorenni portatori di handicap grave che vivano in famiglie non disgregate.

 

1. Tre questioni

2. Chi sono i figli maggiorenni portatori di handicap grave?

3. Tutte le norme dettate per i minori, si applicano in favore dei figli maggiorenni portatori di handicap grave?

4. Il maggiorenne portatore di handicap grave nella famiglia non disgregata

 

1. Tre questioni

Il secondo comma dell’articolo 337-septies codice civile sancisce che:

“ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori”.

Di fronte a questa disposizione, sorgono almeno due domande, e forse se ne profila una terza. La prima domanda è su chi siano i figli “portatori di handicap grave”. La seconda questione, è sulla portata della previsione, al di là del tenore letterale di essa; ci si chiede, vale a dire, se davvero le diposizioni previste in favore dei figli minori possano applicarsi “integralmente” ai figli maggiorenni portatori di handicap grave.

La terza domanda, infine, potrebbe riguardare la riferibilità della previsione alle sole norme racchiuse agli articoli 337-bis ss. codice civile, vale a dire alle norme sui rapporti con i figli e per i figli nella famiglia in crisi, o, più ampiamente, a tutte le disposizioni previste in favore dei figli minori, comprese quelle dettate, al capo I del tit. IX, libro primo codice civile, per la filiazione in generale e per la famiglia unita.

 

2. Chi sono i figli maggiorenni portatori di handicap grave?

La risposta alla prima delle questioni ora poste è, in verità, agevole e proviene dallo stesso legislatore. All’articolo 37-bis, disp. att. codice civile, inserito nelle disposizioni di attuazione del codice civile con il D. Lgs. 154 del 2013, si stabilisce, infatti, che “i figli maggiorenni portatori di handicap grave previsti dall’articolo 337-septies, secondo comma, del codice civile, sono coloro i quali siano portatori di handicap ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, 104”, e nella norma a cui rinviano le disposizioni di attuazione, poi, si stabilisce che “qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità”.

 

3. Tutte le norme dettate per i minori si applicano in favore dei figli maggiorenni portatori di handicap grave?

Alla seconda delle questioni poste, poi, pur in assenza di espresse soluzioni da parte della legge, si dà risposta pacificamente negativa. Al di là della previsione normativa, che indica di applicare ai figli maggiorenni gravemente disabili “integralmente” le norme previste in favore dei minori, infatti, è pacifico che una parte importante di quelle norme non possa trovare, in questi casi, applicazione.

In particolare, il riferimento è a tutte le norme che riconoscono ai genitori, e che ripartiscono tra loro, i poteri ricompresi nella responsabilità genitoriale, quali, ad esempio, la rappresentanza, l’amministrazione dei beni, l’usufrutto legale. Con la maggiore età, difatti, anche il soggetto portatore di handicap grave acquista la piena capacità legale di agire, a meno che non siano chieste e ottenute delle misure di protezione, ai sensi degli articoli 404 ss. codice civile, tali da limitarne in tutto o in parte la suddetta capacità (A. Catania, 29.1.2015).

Di certo, la limitazione della capacità, e i conseguenti poteri di rappresentanza e/o di assistenza in capo ad altro soggetto, non possono sorgere automaticamente, quando il disabile grave diventi maggiorenne. Insomma, delle due l’una: o per il portatore di handicap grave che ha raggiunto la maggiore età viene disposta una misura di protezione ex articoli 404 ss. codice civile, che ne comprime la capacità, e, conseguentemente, la rappresentanza o l’assistenza di lui viene data a un soggetto capace, usualmente a uno dei genitori, o questo non avviene, e il soggetto, pur gravemente disabile, conserva la piena capacità legale di agire.

Non è immaginabile, viceversa, una terza via, secondo la quale, intendendo letteralmente il 337-septies, 2° co., codice civile, ai genitori del figlio disabile maggiorenne resti pure l’affidamento, inteso come esercizio della piena responsabilità genitoriale, comprensiva anche di tutti i poteri sul figlio (T. Treviso, 1.4.2016). Una simile lettura, difatti, introdurrebbe nell’ordinamento una nuova e ulteriore misura di protezione della persona priva di autonomia, in aggiunta all’amministrazione di sostegno, all’inabilitazione e all’interdizione; una misura che sorgerebbe automaticamente, senza tutte le cautele che la legge prevede, a protezione della persona fragile, nella disciplina di quegli istituti, e ciò appare francamente inammissibile (A. Catania, 29.1.2015; di “irrimediabile antinomia” che verrebbe introdotta nel sistema, si scrive in T. Lucca, 4.4.2018).

Quello che prosegue, e prosegue a tempo indeterminato (Bugetti; Sesta), per i genitori nei confronti dei figli gravemente disabili, sono gli obblighi e i doveri ricompresi nella responsabilità genitoriale, a partire da quelli concernenti il mantenimento, la cura e, talvolta, pure l’educazione del figlio.

Nonostante quell’“integralmente” utilizzato dal legislatore, insomma, dopo la maggiore età del figlio gravemente disabile i genitori non avranno più l’affidamento di tale soggetto (Cass., 12977/2012; A. Catania, 29.1.2015; T. Treviso, 1.4.2016; T. Lucca, 4.4.2018), né il complessivo esercizio della responsabilità genitoriale, ma resteranno obbligati a mantenere il figlio (non si dimentichi che nel mantenimento dovuto è compresa un’abitazione adeguata, possibilmente rappresentata da quella che già fu la casa familiare) e a prendersene cura, nella misura e nei modi che sarebbero dovuti nei confronti di un figlio minore (Cass., 12977/2012; T. Potenza, 12.1.2016; T. Lucca, 4.4.2018).

 

4. Il maggiorenne portatore di handicap grave nella famiglia non disgregata

L’ultimo dubbio, sorge leggendo un brano di una delle decisioni appena richiamate (T. Lucca, 4.4.2018), laddove si afferma che applicare al maggiorenne gravemente disabile anche le regole sull’affidamento darebbe luogo “ad una manifesta disparità di trattamento con i figli maggiorenni con handicap grave viventi in nuclei familiari non disgregati, ai quali, per via della collocazione topografica della norma all’interno del capo II del titolo IX, del libro I del codice” l’articolo 337-septies è ritenuto “inapplicabile”.

Al di là della tesi che questo argomento è volto a sorreggere, che resta ampiamente condivisibile anche non condividendo l’argomento, a me non pare così indubbio che l’equiparazione – per i profili che non concernano quei poteri sui figli in passato riassunti nella locuzione “potestà genitoria” – tra figli minori e figli maggiorenni portatori di handicap grave non sia riferibile anche a quei soggetti che vivono in nuclei familiari non disgregati. Indubbiamente, la collocazione topografica della norma che stabilisce l’equiparazione farebbe propendere per la non applicabilità.

D’altro canto, il tenore letterale della previsione (“ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori”), che nulla dice per circoscrivere la portata dell’equiparazione, potrebbe essere un indice di indirizzo opposto.

È proprio la necessità di evitare manifeste disparità di trattamento tra figli che vivano in famiglie non disgregate, e figli la cui famiglia sia in crisi, nondimeno, a suggerire la riferibilità dell’equiparazione anche alle prime situazioni, e non solo alle seconde, al di là della collocazione della previsione che tale equiparazione sancisce.

si pensi che, per la famiglia unita, l’equiparazione sia sempre e comunque superflua (questa è probabilmente l’idea che è stata sotto alla scelta sulla collocazione topografica della norma): basti pensare, al riguardo, alla estinzione dell’obbligo a mantenere e ad avere cura del figlio, che non potrà esservi mai, verso il maggiorenne gravemente disabile, tanto nella famiglia disgregata, quanto nella famiglia unita, o, ancora, alle previsioni che dispongono sul “concorso nel mantenimento” del figlio (articolo 316-bis codice civile), che possono essere di giovamento anche rispetto alla situazione del figlio maggiorenne portatore di handicap grave.

Letture consigliate:

M. N. Bugetti, Nuovi strumenti di tutela dei soggetti deboli tra famiglia e società, Milano, 2008, p. 238;

M. Sesta, Affidamento condiviso e nuove dimensioni dell’obbligo di mantenimento, in Crisi della famiglia e obblighi di mantenimento nell’Unione Europea, a cura di G. Savorani, Torino, 2008, p. 43;

P. Morozzo della Rocca, Il mantenimento del figlio: recenti itinerari di dottrina e giurisprudenza, in Fam. dir., 2013, p. 386;

G. F. Basini, sub articolo 337-septies, in Codice di famiglia, minori, soggetti deboli, a cura di G.F. Basini, G. Bonilini, M. Confortini, Milano, 2014, p. 1240.