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Obbligo vaccinale: no vax può esercitare senza contatti

vaccino anti Covid
vaccino anti Covid

Con lintroduzione dellobbligo vaccinale temporaneo per il personale sanitario, il comma 1 dellarticolo 4 del decreto legge 1 aprile 2021, n. 44, intende perseguire, in una grave situazione emergenziale epidemiologica su scala globale, il fine primario “di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nellerogazione delle prestazioni di cura e assistenza”, di sicura la rilevanza per la salute pubblica e per la sicurezza collettiva.

 

Obbligo vaccinale temporaneo per il personale sanitario: la vicenda

Il TAR Lombardia, Sezione Prima, con sentenza n. 109 del 2022, dirime una questione afferente la possibilità da parte di un professionista sanitario non immunizzato di poter esercitare liberamente la professione.

Il ricorrente lamentava il contrasto della norma impositiva dellobbligo vaccinale con il diritto euro-unitario e convenzionale, in particolare con larticolo 3 della Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea e con larticolo 8 della Convenzione europea dei diritti delluomo, nonché con il principio di proporzionalità, oltre che la violazione degli artt. 2, 3, 13 e 32 della Costituzione.

Tuttavia, nell’analisi della questione, in ordine alla legittimità dell’obbligo vaccinale temporaneo, il TAR sottolineava che larticolo 8 della CEDU, per come interpretato dalla Corte EDU, giustificava la legittima interferenza nel diritto al rispetto della vita privata, a condizione che il trattamento sanitario obbligatorio avesse una base legale, fosse finalizzato alla realizzazione di uno scopo legittimo e costituisse una misura necessaria per la realizzazione di quello scopo.

Analogamente, larticolo 52 CDFUE consente che siano apposte limitazioni allesercizio dei diritti e delle libertà riconosciute nella Carta, a condizione che le stesse siano previste dalla legge, siano proporzionali e necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dallUnione o allesigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui, proprio come avviene con l’imposizione dell’obbligo vaccinale de quo.

Neppure sono state accolte le obiezioni del ricorrente in ordine alla probabilità del verificarsi di complicanze che, spiega il Giudice amministrativo, concordemente a quanto già discusso dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 258 del 23 giugno 1994, non debbano essere accertate nel caso in cui si debba ricorrere a inoculazione obbligatoria.

Ma vi è di più.

La circostanza che, in assenza di una fase di sperimentazione tradizionale, non è possibile ad oggi individuare, con un elevato grado di verosimiglianza, quali saranno gli effetti avversi del vaccino a medio e lungo termine non è rilevante neppure ai fini della asserita violazione della libertà di autodeterminazione del destinatario dellobbligo vaccinale. La Corte costituzionale ha affermato la legittimità dellimposizione del trattamento sanitario obbligatorio, se questo apporta benefici non solo alla salute dellobbligato ma anche alla salute collettiva e se le eventuali conseguenze negative per la salute dellobbligato si assestano nei limiti della normale tollerabilità dei rischi avversi, i quali normalmente conseguono alla somministrazione di tu i trattamenti sanitari (Corte costituzionale,18 gennaio 2018, n. 5; 14 dicembre 2017, n. 268).

Sullo stesso filone, si assestavano anche le conclusioni del Consiglio di Stato, riconoscendo la legittimità dellimposizione del trattamento sanitario obbligatorio, in applicazione del principio di solidarietà, a tutela degli individui più fragili.

Pertanto, appare ictu oculi giustificabile ed indispensabile dover sacrificare, almeno temporaneamente, la piena autonomia decisionale degli esercenti le professioni sanitarie, in ordine alla somministrazione del vaccino, al fine di affrontare lemergenza sanitaria in atto e predisporre idonei ed efficaci strumenti di contenimento dei contagi da Sars-Cov-2,  per consentire a tutti gli individui laccesso alle cure sanitarie in condizioni di sicurezza e, in applicazione del principio solidaristico, tutelare la salute individuale dei soggetti fragili, per età o per pregresse patologie.

Esigere che la somministrazione del vaccino al personale sanitario sia condizionata alla manifestazione di un consenso libero ed informato non consentirebbe pertanto di perseguire efficacemente ed in tempi ragionevoli lobiettivo di ridurre la diffusione del contagio e di decongestionare il sistema sanitario nazionale.

La previsione di un obbligo vaccinale settoriale esteso a tu gli operatori del settore sanitario, non solo a quelli preposti alle prestazioni sanitarie rese dalle strutture pubbliche, si rivela pertanto coerente con la tutela della salute dei paziente e con laffidamento che gli stessi ripongono nella somministrazione delle cure in condizioni di massima sicurezza, proprio negli ambienti sanitari che, secondo lid quod plerumque accidit, comportano un maggior rischio di trasmissione virale.

Una tale imposizione, spiega ancora il TAR lombardo, non si scontra - di certo- con la violazione della libertà di scienza, così come asserito dal professionista no vax, atteso che il rispetto di una personale opinione scientifica del destinatario della cura, anche ove lo stesso, nella qualità di esercente una professione sanitaria, sia portatore appropriate conoscenze scientifiche, non può mai prevalere sulla tutela della salute della collettività, quale valore costituzionalmente garantito.

Pertanto, l’obbligatorietà di sottoporsi al vaccino anticovid-19 risiede proprio nella necessità, per i professionisti del settore sanitario, di dover fornire prestazioni che implichino imprescindibilmente rapporti interpersonali con i propri pazienti e che quindi, comportino, in qualsiasi forma, il rischio - quand’anche mediato- di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.

 

Obbligo vaccinale temporaneo per il personale sanitario: la sospensione dall’albo è indispensabile?

L’iter argomentativo del TAR Lombardia approda, dunque, a seguito di una minuziosa disamina di tutti gli interessi da garantire, a ritenere che il fine primario perseguito dalla legge, ovverosia, la tutela della salute pubblica e il diritto del singolo di ritrarre dal proprio lavoro un compenso che fornisca le risorse necessarie ad assicurare al lavoratore ed alla sua famiglia unesistenza libera e dignitosa, debbano essere allesito del raffronto tra i benefici per il raggiungimento dellinteresse primario ed i sacrifici per gli interessi personali, entrambi equamente salvaguardati evitando, altresì, che ciascuno ne possa uscire inutilmente frustrato.

Pertanto, rimane fermo l’obbligo del datore di lavoro - ove possibile- di adibire il lavoratore a mansioni diverse e/o inferiori, senza decurtazione della retribuzione, nonché di adottare le specifiche misure di prevenzione igienico-sanitarie, previste per il contenimento del rischio di contagio sui luoghi di lavoro.

Il demansionamento, dunque, ben possibile per i lavoratori subordinati, tuttavia creerebbe delle disparità di trattamento rispetto ai lavoratori autonomi, che si troverebbero inutilmente gravati da un provvedimento di sospensione dall’attività, nonostante il crescente bisogno di professionisti del settore sanitario e, in tutta evidenza, nella pacifica possibilità di poter esercitare “a distanza” almeno alcune forme embrionali di consulenza (si pensi alle c.d. “prime diagnosi”).

Il TAR osserva, infatti, che nellambito delle professioni sanitarie, esistono delle attività, praticabili grazie alla tecnologia sanitaria, che il personale sanitario può svolgere senza necessità di instaurare contatti interpersonali fisici, sulla base di referti disponibili nel fascicolo sanitario telematico e per fornire unimmediata e qualificata risposta alla crescente domanda di informazione sanitaria, le quali non potrebbero essere svolte in caso di sospensione dallesercizio della professione sanitaria.

Lordinamento ricollega infatti allo svolgimento di attività per le quali è richiesta liscrizione in un albo professionale, nellipotesi in cui questa sia stata temporaneamente sospesa, conseguenze di notevole rilievo sotto il profilo disciplinare, civile (ai sensi degli artt. 2041 e 2231) e penale (articolo 348).

La sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o che comportino comunque il rischio di diffusione del contagio non può dunque coincidere con la sospensione dalliscrizione allalbo professionale, ancorché la vaccinazione sia stata elevata a requisito essenziale per lesercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati; ritenuto che una tale imposizione collimerebbe con il diritto dell'Unione europea, dov'è nato il concetto di Green pass, in cui si afferma il principio secondo cui le misure per perseguire l'interesse pubblico devono essere proporzionali e adeguate.