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Ospedali ed emergenza Covid-19: l’esclusione del personale sanitario straniero dai concorsi pubblici

Ospedali e Covid-19
Ospedali e Covid-19

Abstract

Nel pieno della pandemia diversi ospedali decidono di assumere solo personale sanitario con cittadinanza italiana o di uno degli Stati UE. Questo nonostante sia possibile l’assunzione anche di cittadini non appartenenti all’Unione europea per tutta la durata dell’emergenza epidemiologica. Le associazioni A.S.G.I., “Lunaria” e “Italiani senza cittadinanza” promuovono un appello pubblico e chiedono l’intervento del Ministero della Sanità e della Pubblica Amministrazione. Ma la controversa questione dell’accesso degli stranieri non europei agli impieghi pubblici non è nuova e l’epidemia non fa altro che metterla in evidenza.

 

Indice:

1. Concorsi pubblici e personale sanitario non europeo: la deroga per l’emergenza e l’appello per la sua applicazione.

2. La controversa questione dell’accesso degli stranieri non europei al pubblico impiego.

 

1. Concorsi pubblici e personale sanitario non europeo: la deroga per l’emergenza e l’appello per la sua applicazione.

Secondo l’A.M.SI. (Associazione dei medici stranieri in Italia) sarebbero complessivamente 75.500 i professionisti della sanità che vivono nel nostro Paese ma che hanno cittadinanza straniera: 22 mila medici, 5 mila odontoiatri, 38 mila infermieri, 5 mila fisioterapisti, 5 mila farmacisti, 1000 psicologi, 1500 tra podologi, tecnici di radiologia, biologi, chimici, fisici.

Nonostante ciò diversi ospedali in Italia decidono di procedere al reclutamento di personale sanitario tramite bandi che prevedono il requisito della cittadinanza italiana o di uno degli Stati UE.

Secondo A.S.G.I. (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) questa situazione si starebbe presentando in diverse aziende sanitarie sparse per il Paese (Lombardia, Piemonte, Lazio, Basilicata Molise, Sicilia, Calabria).

Eppure l’articolo 13 del “Decreto Cura Italia”, convertito in Legge n. 27/2020, consente di assumere « alle dipendenze della pubblica amministrazione per l’esercizio di professioni sanitarie e per la qualifica di operatore socio-sanitario […] tutti i cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione europea, titolari di un permesso di soggiorno che consente di lavorare, fermo ogni altro limite di legge». Ciò in deroga all’articolo 38 decreto legislativo 165/01 e limitatamente al periodo dell’emergenza epidemiologica.

Tuttavia, mentre si chiede a gran voce il rientro dei medici delle O.N.G. dall’estero per fronteggiare la pandemia e scongiurare il peggio, le amministrazioni di Ospedali e Aziende sanitarie stanno ignorando questa disposizione escludendo il personale sanitario straniero dai concorsi pubblici.

Per queste ragioni A.S.G.I., “Lunaria” e “Italiani senza cittadinanza” hanno promosso un appello pubblico per chiedere l’intervento del Ministero della Sanità e della Pubblica Amministrazione presso gli enti del SSN affinché, nella fase di emergenza, garantiscano il rispetto del citato articolo 13, consentendo l’accesso alle professioni sanitarie a tutti gli stranieri titolari di un permesso di soggiorno che permette di lavorare.

Nell’appello, inoltre, si chiede al Governo di modificare il DPCM 174/94 al fine di escludere i posti di lavoro dei medici da quelli riservati ai cittadini, quantomeno quando detti posti di lavoro non comportino in via esclusiva e continuativa l’esercizio di pubbliche funzioni.

Ma l’appello è rivolto anche al Parlamento affinché estenda gli effetti dell’apertura di cui all’articolo 13 anche oltre il periodo di emergenza.

 

2. La controversa questione dell’accesso degli stranieri non europei al pubblico impiego.

La questione dell’accesso degli stranieri non europei agli impieghi pubblici è controversa e non nasce certo con il Covid-19; anche in questo caso la pandemia non fa altro che mettere a nudo carenze, fragilità e difficoltà del nostro Paese.

Il decreto legislativo 165/01 (articolo38) consente l’accesso ai cittadini degli Stati UE a quei posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell’interesse nazionale.

Tale possibilità, con una modifica al decreto intervenuta nel 2013, è stata estesa anche ai familiari dei cittadini comunitari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro (ma che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente) e ai cittadini di Paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria.

L’allargamento della platea dei soggetti stranieri che possono accedere al pubblico impiego se, da un lato, erode il convincimento che la cittadinanza nazionale sia la migliore garanzia di attaccamento, fedeltà e lealtà allo Stato, di conseguenza - dall’altro - rende davvero poco giustificabile l’esclusione degli extracomunitari che non rientrano nelle menzionate categorie.

Difatti è forte il contrasto con la Convenzione OIL n. 143/1975 che impone la parità di trattamento dei lavoratori extracomunitari con i cittadini, vietando riserve di mercato in favore di questi ultimi e a danno dei primi[1].

Principio, quello della parità di trattamento, ribadito anche nell’articolo 2 decreto legislativo 286/98 (Testo Unico Immigrazione) che dispone che «lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano».

Ciononostante la Sanità italiana sembra ostinarsi, nel pieno di un’emergenza sanitaria senza precedenti ed anche in presenza di una norma derogatoria ad hoc, ad escludere i lavoratori stranieri non europei dall’accesso al pubblico impiego.

Esclusione che la legge ha fino ad oggi consentito per il solo accesso ai pubblici concorsi per rapporti di lavoro a tempo indeterminato; ma non anche per i rapporti di lavoro a termine. Perché il precariato pubblico non guarda certo al passaporto…!

Secondo i promotori dell’appello occorre «porre mano rapidamente alla materia e darle un nuovo assetto, che tenga conto del contributo che i sanitari stranieri possono dare nell’emergenza, ma anche del dovere della pubblica amministrazione di garantire – nell’interesse della collettività – l’accesso ai posti di lavoro ai più capaci e meritevoli, senza distinzioni di cittadinanza».

Nel frattempo è arrivata al Comitato norvegese per il Nobel, sostenuta dalle firme dei comitati nazionali per la pace di circa 100 Paesi del mondo, la candidatura al Premio Nobel per la Pace dei medici del contingente cubano “Henry Reeve” che hanno operato in Italia da marzo fino a maggio di quest’ anno. Peccato che la loro cittadinanza non sia all’ “altezza” dei nostri ospedali.

 

Appello pubblico A.S.G.I., “Lunaria” e “Italiani senza cittadinanza”: Link.

Medici cubani candidati al Nobel per la Pace: Link.

Richiesta rientro dei medici delle O.N.G.:

Link 1;

Link 2.

 

[1] Cfr. Monica McBritton, Migrazioni economiche e ordinamento italiano – Una prospettiva giuslavoristica, ed. Cacucci, Bari, pag. 184