PNRR: il sistema giudiziario
Tra le riforme cosiddette “orizzontali” il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) individua anche quella del sistema giudiziario. Il Piano contiene obiettivi di riforma trasversali all’intero sistema, che interessano dunque la giustizia civile, penale e tributaria (nulla si dice a proposito della amministrativa), e che si spingono fino alle modalità di accesso alla magistratura e alle modalità di autogoverno della stessa.
Interventi sull’organizzazione
Partendo dalle misure che interessano l’organizzazione dei processi, spicca quella della diffusione dell’Ufficio del processo, quale «team di personale qualificato di supporto» al giudice, «per agevolarlo nelle attività preparatorie del giudizio»: innovazione che il PNRR qualifica addirittura come «fondamentale». Il personale dovrebbe essere assunto a tempo determinato (per un triennio) e collaborare con il giudice nelle fasi di «ricerca, studio, monitoraggio, gestione del ruolo, preparazione di bozze di provvedimenti». Al fine di incentivare l’adesione al meccanismo, si prevede la possibilità di rilascio di un’attestazione di che valga titolo di preferenza a parità di merito nei concorsi indetti dal Ministero della giustizia, nonché titolo di accesso al concorso per magistrato ordinario.
Come anticipato dal Ministro Cartabia, l’Ufficio del processo si ispira al modello delle clerkships anglosassoni. Tuttavia, così come disegnato, l’Ufficio rischia di ridursi a un doppione del ruolo che, ad oggi, svolgono già migliaia di giovani e meritevoli laureati che prestano servizio quali tirocinanti (clerks) in tutta Italia (ex art. 73 d.l. 21 giugno 2013, n. 69), a condizioni spesso improbe (viene loro corrisposto, solo in presenza di sufficienti fondi, una borsa di studio pari a euro 400/mese). Sarebbe allora probabilmente più opportuno investire su costoro, garantendo loro anzitutto una retribuzione adeguata. Peraltro, sarebbe anche consigliabile non spingersi fino a immaginare una collaborazione triennale, ma restare sull’orizzonte temporale di massimo dodici/diciotto mesi (negli Stati Uniti, di regola, una clerkship si sviluppa lungo un solo anno giudiziario), pena una estensione dei tempi di accesso alla professione che potrebbe scoraggiare i giovani laureati. A conferma dell’irragionevolezza di una simile estensione temporale, si pensi che lo stesso PNRR prevede che la laurea magistrale in giurisprudenza costituisce già di per sé titolo abilitante per l’accesso al concorso in magistratura!
Riforma del processo civile
Muovendo ora alle riforme pensate per il processo civile, il PNRR fa riferimento: al potenziamento del ricorso agli strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie (arbitrato, negoziazione assistita, mediazione); ad alcuni interventi mirati sulle varie fasi del processo; a modifiche in tema di processo esecutivo e procedimenti speciali. Molte delle misure previste sono condivisibili, ancorché ben note al dibattito specialistico in materia: si pensi al potenziamento degli ADR, alla consacrazione del principio di sinteticità degli atti, alla (ulteriore) digitalizzazione del processo. Utili sono le novità a proposito di processo esecutivo, volte a rafforzare la tutela del creditore o dell’avente diritto munito di un titolo esecutivo, mediante l’alleggerimento delle forme, la semplificazione dei modelli processuali, l’eliminazione di termini superflui e la più sollecita cadenza delle fasi della vendita.
Altre misure suscitano invece qualche dubbio. In particolare, sembra meritare un supplemento di riflessione l’introduzione del rinvio pregiudiziale in Cassazione, ispirato all’analogo istituto di fronte alla Corte di giustizia europea. Il PNRR prevede infatti che il singolo giudice di merito possa «rivolgersi direttamente alla Corte di Cassazione per sottoporle la risoluzione di una questione nuova (non ancora affrontata dalla Corte), di puro diritto e di particolare importanza, che presenti gravi difficoltà interpretative e sia suscettibile di porsi in numerose controversie». In questo modo, si legge, sarebbe «valorizzato il fondamentale ruolo nomofilattico» della Suprema Corte. Sia consentito dubitarne, per un motivo di ordine pratico e uno di natura istituzionale. Quanto al primo, la Corte di Cassazione appare oberata già al momento attuale, e caricarla di ulteriori questioni in via diretta (sul modello dell’art. 111 Cost.) non sembra particolarmente avveduto. Quanto al secondo, come si è già anticipato, è evidente l’ispirazione euro-unionale del rinvio. Tuttavia, è bene rammentare che la CGUE non si pone quale giudice finale della controversia, ed è pertanto opportuno consentire un suo pronunciamento sulle materie di sua competenza. Di contro, la sentenza del giudice di merito può essere impugnata fino a giungere di fronte alla Cassazione, che ha pertanto già di per sé la possibilità di statuire sul punto, peraltro con il beneficio di un lasso di tempo maggiore tra il momento in cui la questione è sorta e quello in cui verrà risolta, e quindi con la possibilità di giovarsi del confronto non solo con le soluzioni che i giudici inferiori hanno elaborato, ma anche e soprattutto con la dottrina.
Riforma della giustizia tributaria
Più “aspirazionali” che definite sono poi le misure in tema di processo tributario. Opportunamente, il PNRR osserva, da una parte, che in questi anni si è accumulato un arretrato preoccupante a livello di contenzioso tributario, e, dall’altro, che le decisioni adottate in Cassazione – quasi una volta su due – si traducono nell’annullamento di quanto è stato deciso in appello dalle Commissioni tributarie regionali, con conseguente ricadute negative in termine di rapidità e correttezza della risoluzione delle controversie. Tuttavia, le riforme individuate dal PNRR si riducono a qualche declamazione su un «miglior accesso alle fonti giurisprudenziali da parte del pubblico» (mentre il problema, come testimonia il tasso di revisione in Cassazione, è a livello di giudicanti inferiori), sul «rinvio pregiudiziale» (su cui abbiamo già espresso dubbi) e su un generico «rafforzamento delle dotazioni di personale», anche «ausiliario». Probabilmente, per avere un’idea più concreta del tipo di misure che si intendono approvare, si dovranno attendere i lavori della commissione di studio costituita presso il Ministero della giustizia e quello dell’economia e delle finanze.
Riforma del processo penale
Anche in materia di processo penale, che è tema politicamente assai delicato, gli interventi delineati nel PNRR si contraddistinguono per una certa vaghezza. I dettagli più concreti sono infatti offerti solo a proposito di interventi in un certo senso “minori”, a proposito di: calendarizzazione delle udienze dedicate all’istruzione dibattimentale e alla discussione finale; definizione di un termine congruo, precedente all’udienza, per il deposito degli elaborati dei periti e dei consulenti tecnici; semplificazione di alcune regole della istruzione dibattimentale, in particolare in tema di rinuncia alla prova; accesso selettivo al giudizio di appello, ammesso solo se il difensore è munito di specifico mandato a impugnare. Qualche dubbio, anzitutto per la loro equivocità, pongono formule come quelle sulla definizione dei termini di durata dei processi, nonché della predisposizione dei criteri per «garantire maggiore selettività nell’esercizio dell’azione penale e nell’accesso al dibattimento, tanto in primo grado quanto in fase di gravame».
Poco o nulla viene detto – se non nel senso che lì si intende intervenire – a proposito di temi di centrale importanza, invece, quali: procedibilità dei reati; estinzione di talune tipologie di reato mediante condotte riparatorie a tutela delle vittime; ampliamento dell’applicazione dell’istituto della particolare tenuità del fatto; prescrizione del reato. Anche qui, probabilmente, la carenza di dettaglio si spiega alla luce dell’istituzione di una apposita commissione di studio incaricata di elaborare proposte di riforma in materia di processo, sistema sanzionatorio e prescrizione del reato.
Osservazioni conclusive
Le pagine che il PNRR dedica alla riforma del sistema giustizia si segnalano per un apprezzabile intento riformatore.
Tuttavia, come abbiamo osservato, alcuni obiettivi sembrano inopportuni e in altri casi i mezzi che si vogliono impiegare appaiono inidonei. L’aspetto che comunque preoccupa maggiormente è la vaghezza di fondo che pervade i vari interventi, e che si riscontra anche nell’ultimo capitolo dedicato alla riforma dell’ordinamento giudiziario: tema enorme, che va ben oltre l’adozione di moduli organizzativi pensati per ridurre l’arretrato. Questa vaghezza, in definitiva, non consente di apprezzare fino in fondo la portata delle linee di riforma, e obbliga pertanto a rimandare il giudizio sulla loro condivisibilità o meno al momento in cui a esse verrà data forma e sostanza.