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Prima prova scritta di italiano, gli studenti chiedono l’abolizione

Ecco i motivi della richiesta
Santa Lucia, Bologna
Ph. Giorgia Pavani / Santa Lucia, Bologna

Prima prova scritta di italiano, gli studenti chiedono l’abolizione. Ecco perché

Un anonimo maturando lancia una petizione su change.org, e quasi 50.000 firmatari la sostengono. Il dibattito si accende. L’oggetto è chiaro: consiste nell’abolizione della prima prova scritta di italiano all’esame di maturità.

La petizione, diretta al Ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi, definisce gli esami scritti «pleonastici» e portatori di «stress». La DAD, inoltre, è invocata a giustificazione di una preparazione inadeguata, quando non del tutto insufficiente.

 

Per chiedere l’abolizione degli scritti viene redatto uno scritto: che la tesi non sia convincente si nota anche da questo. Tuttavia, la proposta riscuote un inatteso successo, sollevando questioni scottanti e scomode.

 

Prima prova scritta di italiano: è inutile?

Secondo Laura Biancato, dirigente scolastica presso l’ITET Luigi Einaudi di Bassano del Grappa, sì. In una lettera inviata alla Tecnica della scuola, la dirigente scrive: «l’importanza del testo scritto e la cura di una didattica mirata a far acquisire al meglio le competenze in lingua madre, come in tutte le altre discipline, non  si dimostrano con una prova finale, una tantum, basata peraltro sulla cristallizzazione di una sola tipologia di testo».

Laura Biancato, ancora, attacca l’inattualità e la desuetudine delle prove d’esame degli istituti secondari di secondo grado. La prima prova di italiano, oltretutto, è identica per tutti studenti di tutti gli istituti, senza diversificazioni fondate sull’indirizzo scolastico. Prove uguali per percorsi didattici differenti: «Il “tema” d’esame […] è una forma non adatta a tutti, ma soprattutto fuori dal tempo, così come fuori dal tempo sono i percorsi di studio.

Il che ci riporta al problema centrale: il sistema scolastico nazionale, fatto di piccoli pezzi aggiunti via via e disconnessi tra loro, che non ci consentono di lavorare con i ragazzi in un percorso continuativo e coerente, e soprattutto aggiornato a ciò che la cultura e la società di oggi richiedono.

C’è chi giustifica la prova scritta, invocando a gran voce la necessità che gli studenti siano preparati per l’università. Ma avete presente cosa ne fanno, le università, dei nostri esami? Un bel niente, tanto che ne propongono di loro per l’accesso, questa volta sì, mirati e selettivi.»

Neppure le università, insomma, considerano attendibili i tanto discussi esami di maturità. Quella di Laura Biancato è una critica a tutto campo, che non risparmia le contraddizioni di un sistema scolastico farraginoso, antico e pure iniquo.

 

Prima prova scritta di italiano: un’ingiustizia dichiarata?

«Chi conosce i meccanismi delle commissioni, quando sono miste esterni/interni, sa bene che si tratta di un’organizzazione piuttosto complicata, per non dire inadatta, e non priva di rischi per l’oggettività  e l’equità delle valutazioni.»

Le dichiarazioni sono forti e degne di scandalo, specialmente se pronunciate da una dirigente scolastica. Il messaggio è chiaro: le commissioni d’esame sono inadatte e le valutazioni possono mancare di oggettività ed equità.

A questo punto, più che discorrere di maturità, sarebbe il caso di saggiare la reale preparazione professionale del corpo docente degli istituti secondari di secondo grado i quali, peraltro, sono selezionati attraverso un concorso pubblico che non include verifiche psicoattitudinali. Come se per insegnare, formare e giudicare le nuove generazioni fosse sufficiente avere qualche conoscenza teorica specifica.

 

Prima prova scritta di italiano: serve, ma non così

Che la scrittura — e quindi saper scrivere — serva, è una verità autoevidente. Ma è forse il caso di calarsi nelle vesti di quei maturandi che auspicano l’abolizione di un esame che valuti le loro capacità di scrittura.

Ha senso sostenere una prova — quella scritta — che più spesso viene giudicata secondo criteri non oggettivi? Magari da professori esterni con sensibilità diverse da quelli curricolari? Si sa, l’italiano non è la matematica.

Ha senso sostenere una prova per cui non si ha una degna preparazione? Non è un segreto che la DAD sia stata un effettivo fallimento della didattica.

Ha senso sostenere una prova uguale per tutti gli studenti di tutti gli indirizzi? Nonostante i percorsi di studio e le relative preparazioni siano differenti?

Forse il problema non è della prova scritta in sé, ma del sistema scolastico italiano. Che non giudica bene, non prepara a sufficienza e non valorizza le unicità

Il sistema scolastico non è un un’idea astratta, ma un organismo vivo di professionisti. Forse è il caso di individuare ed escludere chi, fra questi, non è all’altezza dell’alta e delicata missione dell’insegnamento.

Che vengano premiati i professori davvero validi e preparati, e sia offerta ai giovani studenti una formazione degna di questo nome.

Se non altro, perché i giovani studenti meritano di più: sono un investimento sicuro, il presente e il futuro, la personificazione della speranza.