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Quale imposta applicare all’atto istitutivo di trust?

Il valutare “caso per caso” alla luce dell’ultima sentenza della Suprema Corte di Cassazione (sezione Tributaria del 15 gennaio 2019 n.734)
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Abstract

L’ordinanza della Corte di Cassazione, sezione tributaria, del 15 gennaio 2019 n. 734, pone l’attenzione sulla tassazione da applicare in caso di atto di trust: la controversia posta dall’Agenzia delle Entrate, nel reintegrare la liquidazione dell’atto istitutivo di trust permette di affrontare le differenti teorie che negli anni si sono susseguite.

L’orientamento della Suprema Corte è quella di valutare, ai fini dell’imposta impositiva, a seconda dei casi, proprio per la natura polimorfica dell’atto istitutivo di trust: per il trust, è necessario preliminarmente capire se è assoggettabile alle liberalità indirette, o capire se avvenga o meno la “segregazione patrimoniale”: nel primo caso ciò lascerebbe il trustee estraneo al pagamento del trasferimento del bene, nel secondo l’imposta sarà da pagare in misura proporzionale in quanto costituirebbe arricchimento in capo alla sfera del trustee, ed ancora, nel caso in cui l’atto sia a titolo gratuito, sarà da tassarsi in misura fissa.

 

Indice

1. Il trust

2. Il caso

3. La decisione della corte di cassazione

4. Le conclusioni della suprema corte

 

1. Il trust

Il trust è l’atto con cui il disponente trasferisce (momentaneamente) un bene all’interno del patrimonio (c.d. segregazione del bene) del trustee, in questo modo il bene è trasferito al beneficiario.

L’istituto del trust nasce dal sistema giuridico straniero e solo da qualche anno ha iniziato a intersecarsi con il sistema giuridico italiano.

Una delle problematiche principali di questo atto risulta essere l’imposta da applicare poiché il trasferimento del bene risulta essere in capo prima al trustee e dopo al beneficiario.

 

2. Il caso

La vicenda si è svolta inizialmente presso la Commissione Tributaria Regionale di Firenze, avente ad oggetto la stipula di un trust con oggetto beni immobili siti in Pontedera, e con annessa registrazione dell’atto avvenuta con pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale a tassazione fissa.

Successivamente, l’Agenzia delle Entrate, ufficio locale di Empoli, con avviso di liquidazione, richiedeva il pagamento secondo le modalità della donazione e successione (nella misura pari al 6%) e dell’imposta ipotecaria e catastale maggiorata.

La maggiorazione, in questo caso era stata motivata dall’Agenzia delle Entrate con riferimento al rapporto di parentela che risultava intercorrere tra il disponente (o settlor) e il beneficiario.

A tale richiesta di liquidazione si opponeva il notaio rogante che chiedeva l’annullamento dell’avviso impugnato, motivando che, solo quando il trustee avesse realizzato il programma del settlor nell’atto istitutivo con l’attribuzione del trust fund ai beneficiari, si sarebbe integrato il presupposto impositivo.

Con decisione n. 30 del 2008, la Commissione Tributaria Provinciale di Firenze accoglieva il ricorso, stabilendo che, solo una volta realizzato il programma predisposto dal disponente, con l’attribuzione dei beni segregati nel trust fund ai beneficiari da parte del trustee, si sarebbe realizzato il presupposto impositivo e pertanto la liquidazione.

L’Agenzia delle Entrate si appellava sostenendo che, anche se l’individuazione dei beneficiari può avvenire in un secondo momento, già nel momento dell’atto istitutivo del trust vi è attribuzione dei beni a favore del trustee.

Con sentenza del novembre 2011 il ricorso in appello veniva rigettato con le seguenti motivazioni:

  • il primo motivo si basava sull’entrata nel patrimonio dei beni oggetto di trust, solo a condizione di determinati eventi;
  • il secondo afferma che risulta irrilevante l’effetto segregativo valorizzato dall’Agenzia delle Entrate per giustificare la generale attribuzione della soggettività passiva del trust;
  • il terzo riguarda il Decreto Legge n. 262 del 2006 che, nel reintrodurre il tributo successorio, ha ampliato la sfera applicativa coprendo anche i vincoli di destinazione;
  • il quarto conferma quanto già asserito dai giudici di prime cure con riferimento al fatto che “l’oggetto del prelievo in materia di vincoli di destinazione (come in questo caso il trust) è costituito dall’incremento netto di ricchezza conseguito dal beneficiario dell’erogazione” e pertanto dal suo arricchimento;
  • il quinto si riferisce all’arricchimento che non tocca il patrimonio del soggetto in cui i beni entrano, ma tale trasferimento risulta essere solo di passaggio e non una concreta capacità economica;
  • il sesto, infine, stabilisce che, per i trust e per i vincoli di destinazione in genere, il momento di applicazione del tributo era legato alla presenza di beneficiari determinati e diritti equitativi definitivi.

L’Agenzia delle Entrate, impugnata la sentenza, fa ricorso alla Suprema Corte adducendo la violazione e falsa applicazione del Decreto Legge n. 262 del 2006, articolo 2, commi 47 e 49 in relazione all’articolo 360 codice procedura civile, comma 1, n. 3.

 

3. La decisione della Corte di Cassazione

L’orientamento generale e prevalente della Corte di Cassazione è stato, fino ad oggi, teso ad affermare che l’atto istitutivo di un trust non possa rientrare all’interno degli atti a contenuto patrimoniale, per il solo fatto che il consenso prestato riguarda un vincolo su beni muniti di valore economico.

Nel caso di specie, va preliminarmente accertato se l’atto istitutivo di trust sia da asserire o meno tra gli atti onerosi (da tassarsi secondo articolo 9 della Tariffa n.1, allegata al Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 26 aprile 1986) o tra gli atti a titolo gratuito (da tassarsi in misura fissa ai sensi dell’articolo 11 della Tariffa).

La differenza permetterebbe di identificare se andasse applicata l’imposta di donazione, indipendentemente dall’identificazione della sua natura e dei suoi effetti giuridici.

La dottrina maggioritaria identifica il trasferimento del bene dal settlor al trustee a titolo gratuito e senza effetti di tipo traslativi, poiché quest’ultimo ha solo il compito di amministrarlo e custodirlo in regime della c.d. “segregazione patrimoniale”, in considerazione che questi beni siano successivamente ritrasferiti al beneficiario; in tal caso la tassazione avverrà in misura fissa (come già la Suprema Corte, sezione V, aveva confermato con sentenza n. 975 del 17 gennaio 2018).

Le dottrine minoritarie prese in considerazione dalla Corte sono state essenzialmente due:

  • La prima teoria è di tipo letterale e si basa sull’applicazione dell’imposta istituita sulla costituzione dei vincoli, e non sui trasferimenti di beni e diritti a causa della costituzione di vincoli, come per le successioni e donazioni. Ai fini della tassazione indiretta occorrerebbe guardare alla manifestazione di ricchezza e non “necessariamente” all’arricchimento.
  • La seconda teoria è di tipo logico-sistematico. Se questa imposta necessitasse del trasferimento e di conseguenza dell’arricchimento, sarebbe sufficiente l’imposta delle successioni e donazioni; al fine di sottoporre tale imposta esclusivamente al passaggio diretto dal trustee al beneficiario, dunque, non sarebbe stato necessario introdurre l’espressa previsione di imponibilità dei vincoli di destinazione.

 

4. Le conclusioni della Suprema Corte

Le varie teorie e gli orientamenti presi in considerazione dalla Suprema Corte di Cassazione vengono, a seconda del caso affrontato, applicate nella fattispecie poiché l’orientamento che prevede automaticamente l’imposta proporzionale collegata alla costituzione dei vincoli, appare troppo rigido.

Il “valutare caso per caso” risulta la via non solo più elastica ma forse quella più assorbita dalla giurisprudenza. Inoltre, basti ricordare la Convenzione Aja del 1 luglio 1985 (Recepita con Legge del 16 ottobre, n. 364, capitolo I, lettera a) la quale stabilisce che “i beni del trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del patrimonio del trustee, nonché, al capitolo III, articolo 11, è necessario “(…) quanto meno che i beni del trust siano separati dal patrimonio personale del trustee, che il trustee abbia le capacità di agire in giudizio ed essere citato in giudizio, o di comparire in qualità di trustee davanti a un notaio o altra persona che rappresenti un'autorità pubblica.

Per applicare l’imposta delle successioni e donazioni servirà sempre il presupposto impositivo delle liberalità ovvero l’arricchimento mediante il trasferimento dei beni.

Nel caso proposto la Cassazione accoglieva il motivo di ricorso dell’Agenzia delle Entrate, poiché si individuava la condizione di arricchimento dell’atto di trust in chi istituiva il trust e nei beneficiari fino al quarto grado di parentela. Perciò la lettura offerta del dato normativo fiscale, il quale deve tener conto il sistema fiscale complessivo e delle ragioni di ordine costituzionale, legate alla capacità contributiva ex articolo 53 della Costituzione, fanno ritenere legittima l’applicazione dell’imposta prevista dal Testo Unico n. 346 del 1990 qualora, come nella fattispecie, il trasferimento a favore dell’attuatore faccia emergere la potenziale capacità economica del destinatario (immediato) del trasferimento.