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Revocazione della legittimità nel giudizio di Cassazione

Composition 10, Vassily Kandinsky, 1939, Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen, Dusseldorf
Composition 10, Vassily Kandinsky, 1939, Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen, Dusseldorf

Indice

1. Premessa

2. Il giudizio di revocazione e la sentenza affetta da errore di fatto risultante dagli atti o documenti di causa (articolo 395, n. 4 codice di procedura civile)

3. Corte di Cassazione n. 3107 del 1° febbraio 2019, n. 3107

3.1. Il caso

3.2. La motivazione della sentenza

 

1. Premessa

La Corte di Cassazione, con la sentenza del 1° febbraio 2019, n. 3107, si è pronunciata in merito all’istanza di revocazione ex articolo 395, n. 4 codice di procedura civile di una sentenza di legittimità, secondo il ricorrente affetta da una svista di ordine percettivo-sensoriale relativa a un atto dello stesso giudizio di Cassazione.

A tal proposito, la Suprema Corte ha ribadito un principio enunciato in una sua recente pronuncia (Cassazione ord. n. 26643/2018) secondo il quale “l'errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di Cassazione, ex articolo 391-bis codice di procedura civile ed ex articolo 395 codice di procedura civile, n. 4, deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che la S.C. può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell'ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d'ufficio, e deve avere carattere autonomo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità”.

 

2. Il giudizio di revocazione e la sentenza affetta da errore di fatto risultante dagli atti o documenti di causa (articolo 395, n. 4 codice di procedura civile)

La giurisprudenza di legittimità, con un orientamento consolidato, ha affermato che l’errore di fatto risultante dagli atti e dai documenti della causa deve essere essenziale e riguardare un aspetto decisivo della sentenza. Inoltre, l’atto o documento di causa da cui risulta l’errore commesso deve essere già acquisito agli atti processuali al momento in cui è stata resa la sentenza che si ritiene viziata (Cassazione, 20 giugno 2002, n. 8974).

Peraltro, sul punto si segnala una recentissima ordinanza della Suprema Corte (Cassazione ord. n. 7617/2018), nella quale ha enunciato il seguente principio di diritto, secondo cui è affetta da errore revocatorio la pronuncia che “…risulti frutto, in modo assolutamente evidente e immediatamente rilevabile, di una svista percettiva sull'intero oggetto del contendere, con esclusione di qualsivoglia profilo di natura interpretativa”.

A tal proposito, la Corte, nella citata ordinanza, ha richiamato il suo precedente giurisprudenziale (Cassazione n. 9835 del 2016), chiarificatore dei casi in cui si verifica l’errore di fatto che può dare luogo a revocazione della sentenza:

“a) deve consistere nell'erronea percezione degli atti di causa che si sostanzia nella supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure nella supposizione dell'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, sempre che il fatto oggetto dell'asserito errore non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza impugnata per revocazione abbia pronunciato e purchè, da un lato, la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione, e non di valutazione o di giudizio, e, dall'altro, quella risultante dagli atti e documenti di causa non sia stata contestata dalle parti;

b) non può riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche; deve avere i caratteri dell'assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza e gli atti o documenti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche; deve essere essenziale e decisivo;

c) deve risolversi esclusivamente in un vizio di assunzione del “fatto”, che può anche consistere nel contenuto degli atti processuali oggetto di cognizione del giudice (quali la sentenza impugnata o gli atti di parte), ed è configurabile, in tal caso, soltanto in ipotesi di mancata percezione, da parte del giudice e in particolare di questa Corte, dell'esistenza stessa di un motivo di ricorso, del tutto ignorato nella pronuncia, non potendo mai cadere, invece, per definizione, sul contenuto concettuale delle tesi difensive delle parti, sia perché le argomentazioni giuridiche non costituiscono “fatti”, sia poiché un tale errore si configura necessariamente non come errore percettivo, bensì come errore di giudizio, investendo per sua natura l'attività valutativa ed interpretativa del giudice (tra le tante, Cassazione, sez. un., nn. 5303 del 1997, 26022 del 2008, 13181 del 2013; nonchè Cassazione nn. 17443 del 2008, 836 e 9835 del 2012, 4605 e 22569 del 2013)”.

Da ciò ne discende che se è configurabile errore revocatorio in caso di omessa percezione dell’esistenza di un motivo di ricorso (Cassazione n. 4605 del 22/02/2013 e Cassazione n. 22569 del 02/10/2013), a maggior ragione deve considerarsi affetta da errore di revocazione la sentenza de qua, frutto di una “svista percettiva sull’intero oggetto del contendere …”.

 

3.  Corte di Cassazione n. 3107 del 1° febbraio 2019, n. 3107

3.1. Il caso

La vicenda trae origine dall’istanza per la revocazione, ex  articoli 395 codice di procedura civile, n. 4) e 391 bis codice di procedura civile, della sentenza di legittimità, presentata dal ricorrente I., con cui la Corte di Cassazione aveva dichiarato inammissibile il ricorso da lui proposto avverso la sentenza di secondo grado, con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Campania, in accoglimento dell'appello dell'Agenzia delle Entrate, aveva a sua volta ritenuto legittimo l'avviso di accertamento dell'Agenzia del Territorio con cui era stata aumentata la rendita catastale di un immobile di proprietà del ricorrente, all'esito di riqualificazione da categoria A/2 di classe seconda a categoria A/1 di classe prima.

Il contribuente deduceva, nell’istanza di revocazione, che la sentenza della Corte di Cassazione che aveva dichiarato inammissibile il ricorso per Cassazione da lui proposto per difetto di autosufficienza ex articolo 366 codice di procedura civile, n. 6), era erronea poiché basata sul presupposto che in tale ricorso non fosse stata testualmente riprodotta la motivazione dell'avviso di accertamento catastale opposto, con conseguente reputata preclusione sia a valutare la fondatezza delle censure dedotte contro tale accertamento (carenza di motivazione nonché violazione dei criteri legislativi di riferimento), sia ad individuare la fonte normativa della rettifica catastale con esso operata (legge n. 662 del 1996, ex articolo 3, comma 58, ovvero legge n. 311 del 2004, articolo 1, commi 335-336).

L’Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso.

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso per revocazione per i motivi riportati di seguito.

 

3.2.  La motivazione della sentenza

La Suprema Corte, nell’iter logico della motivazione della sentenza in esame (Cassazione n. 3107/2019) ha, in primo luogo, affermato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di Cassazione nella sentenza oggetto di revocazione, il ricorso per Cassazione riportava testualmente nella ricostruzione dei fatti di causa motivazione dell'avviso di classamento catastale opposto.

Per tale ragione, a parere della Corte di Cassazione, il mancato rilievo di quest'ultima circostanza rappresenta una svista di ordine percettivo-sensoriale relativa ad un atto dello stesso giudizio di Cassazione e integra, in effetti, il denunciato errore revocatorio ex articoli 395 codice di procedura civile, n. 4) e 391 bis codice di procedura civile, in quanto tale svista :

“- ha natura tipica di errore di fatto relativamente ad una risultanza interna allo stesso giudizio di legittimità;

- muove dalla supposizione dell'inesistenza di un fatto processuale (mancata trascrizione, nel ricorso per Cassazione, della motivazione dell'avviso di classamento catastale) la cui verità è invece positivamente stabilita;

- ha sortito effetto decisorio, posto che è proprio da tale ritenuta mancata trascrizione dell'atto impositivo che la sentenza in oggetto ha tratto il convincimento di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza ex articolo 366 codice di procedura civile, n. 6).”

A fondamento di tale decisione, il Supremo Consesso ha posto un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (il più recente, Cassazione n.442/18), secondo il quale: “L'istanza di revocazione di una pronuncia della Corte di Cassazione, proponibile ai sensi dell'articolo 391-bis codice di procedura civile, implica, ai fini della sua ammissibilità, un errore di fatto riconducibile all'articolo 395 codice di procedura civile, n. 4, che consiste in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l'esistenza (o l'inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso, su cui il giudice si sia pronunciato. L'errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l'altra dagli atti e documenti processuali, semprechè la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio, formatosi sulla base di una valutazione.”

Inoltre, in riferimento all’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di Cassazione, ex  articoli 391-bis codice di procedura civile e 395 codice di procedura civile, n. 4, la Corte di Cassazione ha ribadito che tale errore deve essere attinente agli atti interni al giudizio di legittimità, che possono essere esaminati direttamente dalla Suprema Corte, con una propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rivelabili d’ufficio. Inoltre, predetto errore di fatto, altresì “…deve avere carattere autonomo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l'errore sia stato causa determinante della sentenza di merito, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il vizio della sentenza deve essere fatto valere con gli ordinari mezzi di impugnazione”.