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Rischi di riciclaggio nell’e-gaming

[estratto dal libro Giochi, scommesse e normativa antiriciclaggio, Filodiritto Editore, Bologna 2012]

Nella letteratura scientifica internazionale i rischi di reale utilizzo dell’e-gaming, quale strumento per la commissione del reato di cui all’art. 648-bis c.p., vengono considerati molto contenuti per i Paesi che hanno adottato sistemi regolati, ed al contrario marcati ed evidenti per quelli deregolamentati.

In particolare, il meccanismo tecnico-giuridico delineato dal legislatore e dal regolatore nazionale fa sì che il gioco online sia interamente tracciato, e di ogni attività del giocatore – dal momento dell’apertura del conto fino a quello del prelievo delle eventuali vincite – resta traccia visibile nei sistemi degli operatori di gioco e nel circuito bancario o postale.

Una limitata conoscenza dei modelli di regolazione, gestione e controllo dell’e-gaming può indurre, al contrario, il sorgere di una vera e propria mitologia sui rischi diffusi di riciclaggio nel gioco a distanza, individuandoli dove non vi sono ed ignorandoli, invece, laddove realmente presenti.

Non va dimenticato, infatti, che il riciclaggio è un’attività complessa, che non si esaurisce in un’unica operazione, ma necessita generalmente di una pluralità di operazioni, spesso collegate e sovrapposte tra loro, finalizzate a “decolorare” il paper trail, fino a lavaggio ultimato, così da cancellarne le tracce residue.

Tuttavia, è indubbio che talune modalità di gioco evidenziano profili di rischio specifici e più elevati di altri e possono, nonostante i controlli predisposti dagli operatori e dalle autorità, consentire comportamenti finalizzati al riciclaggio ovvero alle frodi.

Si tratta di situazioni che in molti casi sono riconducibili a ben determinate tipologie di giochi online, come ad esempio il poker nella versione cash, ovvero in quella a torneo con due soli partecipanti, perché offrono maggiori possibilità di collusione tra i giocatori.

Le poker room sono monitorate dagli operatori, che hanno facoltà di intervento e di sospensione delle partite allorché ravvisino anomalie nella conduzione del gioco da parte dei partecipanti.

La collusion può avvenire con modalità differenti, sempre finalizzate ad alterare il regolare andamento della partita. Nella sostanza si può riassumere in due tipologie comportamentali:

a) la prima si realizza quando un giocatore perde volutamente la mano di poker in favore dell’altro giocatore, anche quando ha delle carte di valore alto che consentirebbero, con una gestione normale ed ordinaria, di vincere la partita;

b) la seconda si verifica quando due o più giocatori si coalizzano contro un altro, defraudandolo del risultato.

Il caso sub a) è emblematico della volontà di trasferire il denaro da un soggetto ad un altro.

Si tratta generalmente di disponibilità illecitamente conseguite, frutto di frodi finanziarie e di frodi telematiche ovvero del furto di carte di credito, o anche di precedenti attività criminose. Il passaggio del denaro è finalizzato a consentirne il prelievo dal conto di gioco intestato ad un complice apparentemente estraneo e non coinvolto nella commissione del reato che ha generato il provento.

L’intento, dunque, è quello di interrompere il collegamento tra l’autore del crimine ed il denaro, facendolo acquisire, attraverso una vincita di gioco, dal soggetto terzo. Sono ipotesi rilevanti ai fini della disciplina antiriciclaggio, che rivelano l’obiettivo di dissimulare l’origine del denaro ed attraverso uno o più passaggi di mano (perché il meccanismo può anche essere ulteriormente replicato con la medesima modalità comportamentale), cancellare la traccia o le tracce che lo legano al percettore finale.

Il caso descritto sub b) involge, invece, prevalentemente i profili tipici della truffa che si consuma in danno del giocatore fatto oggetto delle attività collusive degli altri.

Occorre precisare che la collusion è vietata, e che per contrastarla i concessionari svolgono un monitoraggio continuo e costante delle attività di gioco, vietando ed impedendo che il medesimo terminale sia utilizzato contemporaneamente da più giocatori sulla stessa piattaforma di gioco.

Nonostante ciò il fenomeno appare in forte crescita, con un numero sempre maggiore di casi tentati o consumati, che rappresentano una minaccia reale all’integrità del sistema.

Oltre il poker anche i c.d. giochi da casinò e le scommesse possono presentare rischi concreti sotto il profilo del riciclaggio dei capitali illeciti. Le dinamiche e le modalità sono in questi casi, però, molto diverse.

I giochi da casinò (roulette, blackjack, ecc.) presentano un pay-out molto elevato, intorno al 98%, che può attrarre l’interesse di organizzazioni ovvero singoli individui dediti al lavaggio del denaro.

L’altissima percentuale di restituzione può consentire, infatti, di ottenere ritorni apprezzabili sul denaro giocato, non in termini di maggior lucro (aspetto che non interessa il riciclatore) rispetto all’investimento iniziale, quanto di possibilità di recuperare la somma giocata, trasformando, così, il denaro versato sul conto di gioco in vincita.

Le scommesse possono, in taluni casi, essere utilizzate quale strumento di riciclaggio, specie nella misura in cui il soggetto si orienti verso forme di “Surebet” o scommesse sicure, basate sull’utilizzo di meccanismi di ripartizione e bilanciamento dell’importo investito. Il Surebet si basa sullo studio e sulla comparazione delle quote offerte sullo stesso evento da bookmakers diversi.

Lo scommettitore studia le quote e quindi procede, una volta individuata la combinazione ottimale, a suddividere la somma in modo da averne un ritorno sicuro, benché percentualmente modesto. Ad esempio, su una partita di calcio sarà possibile comparare le diverse quote offerte sul mercato del betting da tre distinti bookmakers, così da giungere ad individuare le quote migliori (più elevate) per ogni risultato (vittoria della squadra in casa, vittoria della squadra in trasferta o pareggio). A questo punto può essere applicata la formula matematica della Surebet, ponendo il valore 1 al numeratore e la quota al denominatore, secondo lo schema seguente: 1/ Migliore quota sulla squadra A + 1/ Migliore quota sulla squadra B + 1/Migliore quota su un pareggio: il risultato ottenuto deve essere inferiore ad 1.

L’individuazione delle surebet non è, tuttavia, operazione semplice, perché i bookmakers, per proteggersi dal fenomeno, cercando di limitare o scoraggiare il ricorso a questa pratica, variano ed allineano di continuo le quotazioni degli eventi. Le scommesse sicure arrecano, infatti, danno alle casse degli operatori e quindi rappresentano un fenomeno verso il quale riservano sempre la massima attenzione.

In internet esistono, comunque, siti dedicati che offrono l’utilizzo di sistemi basati su algoritmi matematici per facilitare i giocatori nell’individuazione delle quote idonee offerte dai numerosi operatori, bloccandole prima che vengano modificate.

I soggetti dediti al riciclaggio prediligono forme di betting con rischio minimo o pari a zero, con quote che assicurano incrementi percentuali tanto esigui da non essere considerate dai giocatori normali. La minimizzazione dei rischi, in questo genere di attività, è l’elemento alla base delle scelte di investimento.

Occorre, tuttavia, sottolineare come questo genere di lavaggio del denaro sporco, proprio per le ragioni già precedentemente descritte, non è immune da lasciar tracce, perché le attività in commento sono, comunque, tutte registrate e debitamente conservate negli Archivi Unici Informatici (AUI), nei sistemi dei concessionari e nel circuito bancario-finanziario.

Dunque, si tratta di operazioni che sicuramente possono prestarsi ad avere finalità delittuose, ed essere parte di una più ampia strategia di trasformazione e reimpiego dei capitali illeciti, ma sono destinate a lasciare tracce visibili.

Il sistema italiano, così come congegnato, mostra livelli di sicurezza elevati, non sempre riscontrabili in altri ordinamenti. La richiamata tracciabilità delle transazioni di gioco, e delle relative movimentazioni finanziarie, associata ai controlli sugli assetti proprietari degli operatori e sulla gestione, inducono le organizzazioni dedite al riciclaggio a privilegiare strumenti e canali diversi, più favorevoli e maggiormente idonei a consentire l’opacizzazione delle tracce criminali dell’origine del denaro.

Nel nostro ordinamento, i controlli sono permeanti ed accompagnano l’operatore per tutta la vigenza del periodo concessorio, dal conseguimento del titolo, rilasciato a seguito di procedura ad evidenza pubblica, fino alla data di cessazione, cosicché la funzione tipicamente dissimulatoria del delitto di riciclaggio mal si concilia con il sistema delineato.

Tuttavia, proprio in relazione a tali obiettivi, talune specifiche disposizioni sembrano destare qualche perplessità, in particolare sotto il profilo della compatibilità e della coerenza con l’architettura dell’intero sistema normativo fin qui descritto.

L’art. 14 della Legge Antiriciclaggio, come modificato dal comma 4-septies dell’art. 2 del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, definendo gli «altri soggetti» destinatari delle norme e degli obblighi antiriciclaggio, al comma 1 lett. e), ha incluso tutti gli operatori che, attraverso internet o altre reti di comunicazione a distanza, svolgono attività di offerta di giochi e scommesse «in presenza o in assenza delle autorizzazioni concesse dal Ministero dell’economia e delle finanze – AAMS».

L’estensione di tale previsione anche agli operatori privi di regolare autorizzazione pubblica, appare una novità di non tenue rilievo, perché sembra voler parificare la posizione degli operatori legalmente autorizzati a quella di chi opera irregolarmente, presentando, così, una pericolosa equiparazione, di fronte alla legge, tra le due categorie di soggetti.

La scelta, in commento, appare, quindi, di difficile comprensione, perché finisce per far fare un passo indietro all’intero sistema, proprio sotto il profilo della compattezza delle misure di prevenzione e repressione poc’anzi descritte, e si pone, anche, in evidente contrasto con le disposizioni di cui al comma 50 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sull’inibizione dei siti di gioco online appartenenti a soggetti privi di autorizzazione da parte di AAMS.

Tra l’altro la previsione contenuta alla lett. e) contrasta apertamente con il comma 1 del medesimo art. 14, laddove definisce gli «altri soggetti» come gli operatori che svolgono attività, il cui esercizio resta subordinato al possesso di licenze, autorizzazioni o altri titoli abilitanti.

Al riguardo si richiama anche la Risoluzione del Parlamento Europeo del 15 novembre 2011, sul gioco online, nel punto in cui «sottolinea, da un lato, la necessità per i fornitori di gioco d’azzardo online di osservare in ogni caso la legislazione nazionale dei paesi in cui sono disponibili i giochi in questione e, dall’altro, l’opportunità di lasciare agli Stati membri il diritto di imporre delle misure per contrastare il gioco d’azzardo illegale online e quindi dare attuazione alla legislazione nazionale nonché impedire ai fornitori non autorizzati l’accesso al mercato».

[estratto dal libro Giochi, scommesse e normativa antiriciclaggio, Filodiritto Editore, Bologna 2012]

Nella letteratura scientifica internazionale i rischi di reale utilizzo dell’e-gaming, quale strumento per la commissione del reato di cui all’art. 648-bis c.p., vengono considerati molto contenuti per i Paesi che hanno adottato sistemi regolati, ed al contrario marcati ed evidenti per quelli deregolamentati.

In particolare, il meccanismo tecnico-giuridico delineato dal legislatore e dal regolatore nazionale fa sì che il gioco online sia interamente tracciato, e di ogni attività del giocatore – dal momento dell’apertura del conto fino a quello del prelievo delle eventuali vincite – resta traccia visibile nei sistemi degli operatori di gioco e nel circuito bancario o postale.

Una limitata conoscenza dei modelli di regolazione, gestione e controllo dell’e-gaming può indurre, al contrario, il sorgere di una vera e propria mitologia sui rischi diffusi di riciclaggio nel gioco a distanza, individuandoli dove non vi sono ed ignorandoli, invece, laddove realmente presenti.

Non va dimenticato, infatti, che il riciclaggio è un’attività complessa, che non si esaurisce in un’unica operazione, ma necessita generalmente di una pluralità di operazioni, spesso collegate e sovrapposte tra loro, finalizzate a “decolorare” il paper trail, fino a lavaggio ultimato, così da cancellarne le tracce residue.

Tuttavia, è indubbio che talune modalità di gioco evidenziano profili di rischio specifici e più elevati di altri e possono, nonostante i controlli predisposti dagli operatori e dalle autorità, consentire comportamenti finalizzati al riciclaggio ovvero alle frodi.

Si tratta di situazioni che in molti casi sono riconducibili a ben determinate tipologie di giochi online, come ad esempio il poker nella versione cash, ovvero in quella a torneo con due soli partecipanti, perché offrono maggiori possibilità di collusione tra i giocatori.

Le poker room sono monitorate dagli operatori, che hanno facoltà di intervento e di sospensione delle partite allorché ravvisino anomalie nella conduzione del gioco da parte dei partecipanti.

La collusion può avvenire con modalità differenti, sempre finalizzate ad alterare il regolare andamento della partita. Nella sostanza si può riassumere in due tipologie comportamentali:

a) la prima si realizza quando un giocatore perde volutamente la mano di poker in favore dell’altro giocatore, anche quando ha delle carte di valore alto che consentirebbero, con una gestione normale ed ordinaria, di vincere la partita;

b) la seconda si verifica quando due o più giocatori si coalizzano contro un altro, defraudandolo del risultato.

Il caso sub a) è emblematico della volontà di trasferire il denaro da un soggetto ad un altro.

Si tratta generalmente di disponibilità illecitamente conseguite, frutto di frodi finanziarie e di frodi telematiche ovvero del furto di carte di credito, o anche di precedenti attività criminose. Il passaggio del denaro è finalizzato a consentirne il prelievo dal conto di gioco intestato ad un complice apparentemente estraneo e non coinvolto nella commissione del reato che ha generato il provento.

L’intento, dunque, è quello di interrompere il collegamento tra l’autore del crimine ed il denaro, facendolo acquisire, attraverso una vincita di gioco, dal soggetto terzo. Sono ipotesi rilevanti ai fini della disciplina antiriciclaggio, che rivelano l’obiettivo di dissimulare l’origine del denaro ed attraverso uno o più passaggi di mano (perché il meccanismo può anche essere ulteriormente replicato con la medesima modalità comportamentale), cancellare la traccia o le tracce che lo legano al percettore finale.

Il caso descritto sub b) involge, invece, prevalentemente i profili tipici della truffa che si consuma in danno del giocatore fatto oggetto delle attività collusive degli altri.

Occorre precisare che la collusion è vietata, e che per contrastarla i concessionari svolgono un monitoraggio continuo e costante delle attività di gioco, vietando ed impedendo che il medesimo terminale sia utilizzato contemporaneamente da più giocatori sulla stessa piattaforma di gioco.

Nonostante ciò il fenomeno appare in forte crescita, con un numero sempre maggiore di casi tentati o consumati, che rappresentano una minaccia reale all’integrità del sistema.

Oltre il poker anche i c.d. giochi da casinò e le scommesse possono presentare rischi concreti sotto il profilo del riciclaggio dei capitali illeciti. Le dinamiche e le modalità sono in questi casi, però, molto diverse.

I giochi da casinò (roulette, blackjack, ecc.) presentano un pay-out molto elevato, intorno al 98%, che può attrarre l’interesse di organizzazioni ovvero singoli individui dediti al lavaggio del denaro.

L’altissima percentuale di restituzione può consentire, infatti, di ottenere ritorni apprezzabili sul denaro giocato, non in termini di maggior lucro (aspetto che non interessa il riciclatore) rispetto all’investimento iniziale, quanto di possibilità di recuperare la somma giocata, trasformando, così, il denaro versato sul conto di gioco in vincita.

Le scommesse possono, in taluni casi, essere utilizzate quale strumento di riciclaggio, specie nella misura in cui il soggetto si orienti verso forme di “Surebet” o scommesse sicure, basate sull’utilizzo di meccanismi di ripartizione e bilanciamento dell’importo investito. Il Surebet si basa sullo studio e sulla comparazione delle quote offerte sullo stesso evento da bookmakers diversi.

Lo scommettitore studia le quote e quindi procede, una volta individuata la combinazione ottimale, a suddividere la somma in modo da averne un ritorno sicuro, benché percentualmente modesto. Ad esempio, su una partita di calcio sarà possibile comparare le diverse quote offerte sul mercato del betting da tre distinti bookmakers, così da giungere ad individuare le quote migliori (più elevate) per ogni risultato (vittoria della squadra in casa, vittoria della squadra in trasferta o pareggio). A questo punto può essere applicata la formula matematica della Surebet, ponendo il valore 1 al numeratore e la quota al denominatore, secondo lo schema seguente: 1/ Migliore quota sulla squadra A + 1/ Migliore quota sulla squadra B + 1/Migliore quota su un pareggio: il risultato ottenuto deve essere inferiore ad 1.

L’individuazione delle surebet non è, tuttavia, operazione semplice, perché i bookmakers, per proteggersi dal fenomeno, cercando di limitare o scoraggiare il ricorso a questa pratica, variano ed allineano di continuo le quotazioni degli eventi. Le scommesse sicure arrecano, infatti, danno alle casse degli operatori e quindi rappresentano un fenomeno verso il quale riservano sempre la massima attenzione.

In internet esistono, comunque, siti dedicati che offrono l’utilizzo di sistemi basati su algoritmi matematici per facilitare i giocatori nell’individuazione delle quote idonee offerte dai numerosi operatori, bloccandole prima che vengano modificate.

I soggetti dediti al riciclaggio prediligono forme di betting con rischio minimo o pari a zero, con quote che assicurano incrementi percentuali tanto esigui da non essere considerate dai giocatori normali. La minimizzazione dei rischi, in questo genere di attività, è l’elemento alla base delle scelte di investimento. >[estratto dal libro Giochi, scommesse e normativa antiriciclaggio, Filodiritto Editore, Bologna 2012]

Nella letteratura scientifica internazionale i rischi di reale utilizzo dell’e-gaming, quale strumento per la commissione del reato di cui all’art. 648-bis c.p., vengono considerati molto contenuti per i Paesi che hanno adottato sistemi regolati, ed al contrario marcati ed evidenti per quelli deregolamentati.

In particolare, il meccanismo tecnico-giuridico delineato dal legislatore e dal regolatore nazionale fa sì che il gioco online sia interamente tracciato, e di ogni attività del giocatore – dal momento dell’apertura del conto fino a quello del prelievo delle eventuali vincite – resta traccia visibile nei sistemi degli operatori di gioco e nel circuito bancario o postale.

Una limitata conoscenza dei modelli di regolazione, gestione e controllo dell’e-gaming può indurre, al contrario, il sorgere di una vera e propria mitologia sui rischi diffusi di riciclaggio nel gioco a distanza, individuandoli dove non vi sono ed ignorandoli, invece, laddove realmente presenti.

Non va dimenticato, infatti, che il riciclaggio è un’attività complessa, che non si esaurisce in un’unica operazione, ma necessita generalmente di una pluralità di operazioni, spesso collegate e sovrapposte tra loro, finalizzate a “decolorare” il paper trail, fino a lavaggio ultimato, così da cancellarne le tracce residue.

Tuttavia, è indubbio che talune modalità di gioco evidenziano profili di rischio specifici e più elevati di altri e possono, nonostante i controlli predisposti dagli operatori e dalle autorità, consentire comportamenti finalizzati al riciclaggio ovvero alle frodi.

Si tratta di situazioni che in molti casi sono riconducibili a ben determinate tipologie di giochi online, come ad esempio il poker nella versione cash, ovvero in quella a torneo con due soli partecipanti, perché offrono maggiori possibilità di collusione tra i giocatori.

Le poker room sono monitorate dagli operatori, che hanno facoltà di intervento e di sospensione delle partite allorché ravvisino anomalie nella conduzione del gioco da parte dei partecipanti.

La collusion può avvenire con modalità differenti, sempre finalizzate ad alterare il regolare andamento della partita. Nella sostanza si può riassumere in due tipologie comportamentali:

a) la prima si realizza quando un giocatore perde volutamente la mano di poker in favore dell’altro giocatore, anche quando ha delle carte di valore alto che consentirebbero, con una gestione normale ed ordinaria, di vincere la partita;

b) la seconda si verifica quando due o più giocatori si coalizzano contro un altro, defraudandolo del risultato.

Il caso sub a) è emblematico della volontà di trasferire il denaro da un soggetto ad un altro.

Si tratta generalmente di disponibilità illecitamente conseguite, frutto di frodi finanziarie e di frodi telematiche ovvero del furto di carte di credito, o anche di precedenti attività criminose. Il passaggio del denaro è finalizzato a consentirne il prelievo dal conto di gioco intestato ad un complice apparentemente estraneo e non coinvolto nella commissione del reato che ha generato il provento.

L’intento, dunque, è quello di interrompere il collegamento tra l’autore del crimine ed il denaro, facendolo acquisire, attraverso una vincita di gioco, dal soggetto terzo. Sono ipotesi rilevanti ai fini della disciplina antiriciclaggio, che rivelano l’obiettivo di dissimulare l’origine del denaro ed attraverso uno o più passaggi di mano (perché il meccanismo può anche essere ulteriormente replicato con la medesima modalità comportamentale), cancellare la traccia o le tracce che lo legano al percettore finale.

Il caso descritto sub b) involge, invece, prevalentemente i profili tipici della truffa che si consuma in danno del giocatore fatto oggetto delle attività collusive degli altri.

Occorre precisare che la collusion è vietata, e che per contrastarla i concessionari svolgono un monitoraggio continuo e costante delle attività di gioco, vietando ed impedendo che il medesimo terminale sia utilizzato contemporaneamente da più giocatori sulla stessa piattaforma di gioco.

Nonostante ciò il fenomeno appare in forte crescita, con un numero sempre maggiore di casi tentati o consumati, che rappresentano una minaccia reale all’integrità del sistema.

Oltre il poker anche i c.d. giochi da casinò e le scommesse possono presentare rischi concreti sotto il profilo del riciclaggio dei capitali illeciti. Le dinamiche e le modalità sono in questi casi, però, molto diverse.

I giochi da casinò (roulette, blackjack, ecc.) presentano un pay-out molto elevato, intorno al 98%, che può attrarre l’interesse di organizzazioni ovvero singoli individui dediti al lavaggio del denaro.

L’altissima percentuale di restituzione può consentire, infatti, di ottenere ritorni apprezzabili sul denaro giocato, non in termini di maggior lucro (aspetto che non interessa il riciclatore) rispetto all’investimento iniziale, quanto di possibilità di recuperare la somma giocata, trasformando, così, il denaro versato sul conto di gioco in vincita.

Le scommesse possono, in taluni casi, essere utilizzate quale strumento di riciclaggio, specie nella misura in cui il soggetto si orienti verso forme di “Surebet” o scommesse sicure, basate sull’utilizzo di meccanismi di ripartizione e bilanciamento dell’importo investito. Il Surebet si basa sullo studio e sulla comparazione delle quote offerte sullo stesso evento da bookmakers diversi.

Lo scommettitore studia le quote e quindi procede, una volta individuata la combinazione ottimale, a suddividere la somma in modo da averne un ritorno sicuro, benché percentualmente modesto. Ad esempio, su una partita di calcio sarà possibile comparare le diverse quote offerte sul mercato del betting da tre distinti bookmakers, così da giungere ad individuare le quote migliori (più elevate) per ogni risultato (vittoria della squadra in casa, vittoria della squadra in trasferta o pareggio). A questo punto può essere applicata la formula matematica della Surebet, ponendo il valore 1 al numeratore e la quota al denominatore, secondo lo schema seguente: 1/ Migliore quota sulla squadra A + 1/ Migliore quota sulla squadra B + 1/Migliore quota su un pareggio: il risultato ottenuto deve essere inferiore ad 1.

L’individuazione delle surebet non è, tuttavia, operazione semplice, perché i bookmakers, per proteggersi dal fenomeno, cercando di limitare o scoraggiare il ricorso a questa pratica, variano ed allineano di continuo le quotazioni degli eventi. Le scommesse sicure arrecano, infatti, danno alle casse degli operatori e quindi rappresentano un fenomeno verso il quale riservano sempre la massima attenzione.

In internet esistono, comunque, siti dedicati che offrono l’utilizzo di sistemi basati su algoritmi matematici per facilitare i giocatori nell’individuazione delle quote idonee offerte dai numerosi operatori, bloccandole prima che vengano modificate.

I soggetti dediti al riciclaggio prediligono forme di betting con rischio minimo o pari a zero, con quote che assicurano incrementi percentuali tanto esigui da non essere considerate dai giocatori normali. La minimizzazione dei rischi, in questo genere di attività, è l’elemento alla base delle scelte di investimento.

Occorre, tuttavia, sottolineare come questo genere di lavaggio del denaro sporco, proprio per le ragioni già precedentemente descritte, non è immune da lasciar tracce, perché le attività in commento sono, comunque, tutte registrate e debitamente conservate negli Archivi Unici Informatici (AUI), nei sistemi dei concessionari e nel circuito bancario-finanziario.

Dunque, si tratta di operazioni che sicuramente possono prestarsi ad avere finalità delittuose, ed essere parte di una più ampia strategia di trasformazione e reimpiego dei capitali illeciti, ma sono destinate a lasciare tracce visibili.

Il sistema italiano, così come congegnato, mostra livelli di sicurezza elevati, non sempre riscontrabili in altri ordinamenti. La richiamata tracciabilità delle transazioni di gioco, e delle relative movimentazioni finanziarie, associata ai controlli sugli assetti proprietari degli operatori e sulla gestione, inducono le organizzazioni dedite al riciclaggio a privilegiare strumenti e canali diversi, più favorevoli e maggiormente idonei a consentire l’opacizzazione delle tracce criminali dell’origine del denaro.

Nel nostro ordinamento, i controlli sono permeanti ed accompagnano l’operatore per tutta la vigenza del periodo concessorio, dal conseguimento del titolo, rilasciato a seguito di procedura ad evidenza pubblica, fino alla data di cessazione, cosicché la funzione tipicamente dissimulatoria del delitto di riciclaggio mal si concilia con il sistema delineato.

Tuttavia, proprio in relazione a tali obiettivi, talune specifiche disposizioni sembrano destare qualche perplessità, in particolare sotto il profilo della compatibilità e della coerenza con l’architettura dell’intero sistema normativo fin qui descritto.

L’art. 14 della Legge Antiriciclaggio, come modificato dal comma 4-septies dell’art. 2 del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, definendo gli «altri soggetti» destinatari delle norme e degli obblighi antiriciclaggio, al comma 1 lett. e), ha incluso tutti gli operatori che, attraverso internet o altre reti di comunicazione a distanza, svolgono attività di offerta di giochi e scommesse «in presenza o in assenza delle autorizzazioni concesse dal Ministero dell’economia e delle finanze – AAMS».

L’estensione di tale previsione anche agli operatori privi di regolare autorizzazione pubblica, appare una novità di non tenue rilievo, perché sembra voler parificare la posizione degli operatori legalmente autorizzati a quella di chi opera irregolarmente, presentando, così, una pericolosa equiparazione, di fronte alla legge, tra le due categorie di soggetti.

La scelta, in commento, appare, quindi, di difficile comprensione, perché finisce per far fare un passo indietro all’intero sistema, proprio sotto il profilo della compattezza delle misure di prevenzione e repressione poc’anzi descritte, e si pone, anche, in evidente contrasto con le disposizioni di cui al comma 50 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sull’inibizione dei siti di gioco online appartenenti a soggetti privi di autorizzazione da parte di AAMS.

Tra l’altro la previsione contenuta alla lett. e) contrasta apertamente con il comma 1 del medesimo art. 14, laddove definisce gli «altri soggetti» come gli operatori che svolgono attività, il cui esercizio resta subordinato al possesso di licenze, autorizzazioni o altri titoli abilitanti.

Al riguardo si richiama anche la Risoluzione del Parlamento Europeo del 15 novembre 2011, sul gioco online, nel punto in cui «sottolinea, da un lato, la necessità per i fornitori di gioco d’azzardo online di osservare in ogni caso la legislazione nazionale dei paesi in cui sono disponibili i giochi in questione e, dall’altro, l’opportunità di lasciare agli Stati membri il diritto di imporre delle misure per contrastare il gioco d’azzardo illegale online e quindi dare attuazione alla legislazione nazionale nonché impedire ai fornitori non autorizzati l’accesso al mercato».