Sette punti per favorire il senso di appartenenza a un gruppo di lavoro

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Ogni nuovo collaboratore del nostro gruppo di lavoro riceve da tempo una mia mail di benarrivato, che di seguito condivido.

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Mi sono scritto sette punti che spero possano essere utili per aumentare il vostro senso di appartenenza e per darvi la mia interpretazione sintetica su cosa sottende la vostra scelta di essere qui. Credo che uno dei miei compiti principali sia quello di far sì che si operi con entusiasmo in un clima sereno e collaborativo. I 7 punti che sto per enucleare li desidero interpretare in questa direzione.

1. Siamo un’unica squadra, un unico corpo e abbiamo obiettivi comuni, le varie strutture della squadra (o del corpo se preferite) non debbono essere mai in competizione fra di loro. Ci dobbiamo sempre aiutare gli uni con gli altri. Il rispetto e la fiducia nei colleghi sono la chiave del successo delle organizzazioni.

2. Siamo certamente una struttura anomala e disruptive per le Amministrazioni pubbliche che si fondano anche sulle competenze e sulla meritocrazia e che imparano dagli errori commessi, e questo voglio sottolinearlo in modo particolare, che impara dagli errori commessi, senza mai – ripeto, mai – cercare dei colpevoli. Le attribuzioni di colpa non appartengono al gruppo.

3. L’etica ci guida più di ogni altro principio, almeno per me e per molti di voi che conosco bene da tempo, è così. La lotta al digital divide, la lotta alla corruzione, agli sprechi, la ricerca di un benessere equo e sostenibile sono solo alcuni dei principi guida … molti dei frutti del nostro lavoro verranno raccolti tra qualche anno, ne siamo consapevoli e non ci disturba … la stessa cosa è successa a noi e a chi c’era prima di noi.

4. «Il debito che lasceremo a chi verrà dopo di noi sarà tanto inferiore quanto migliore sarà il matrimonio tra il verde dell’ambientalismo, dell’economia circolare e della condivisione, con il blu delle tecnologie digitali a servizio dell’umanità e del pianeta. Attraverso il digitale, dobbiamo passare da un capitalismo consumistico a un capitalismo della cura. Non sarà facile, ma è il progetto umano per il nostro secolo» (questa non è una mia frase, ma di qualcuno decisamente più importante e famoso di me, Luciano Floridi, Il verde e il blu, lettura che vi consiglio di fare).

5. Da soli non andremo mai da nessuna parte, dobbiamo contribuire a far lavorare meglio e più sereni gli altri e in questo siamo centrali. Gli altri, per essere chiari, sono tutti, proprio tutti – i ministeri e le altre PA centrali e locali; la scuola e l’università; le imprese pubbliche e private; la società civile; i centri per anziani; gli ospedali; i disoccupati; i diversamente abili; “gli altri siamo noi” (da pinkfloydiano storico questa volta mi è toccato citare Umberto Tozzi e Raf).

6. In un periodo in cui il pianeta ha combattuto la contaminazione virologica, noi invece valorizziamo la contaminazione digitale. Abbiamo al nostro interno competenze spiccate e molto diverse, ma straordinariamente integrabili: tecnico informatiche, giuridiche, economiche, manageriali, organizzative, gestionali, amministrative, archivistiche, di comunicazione, linguistiche, politiche, di rapporti internazionali, filosofiche, didattiche e sicuramente ho dimenticato qualcosa: questa è la nostra ricchezza maggiore.

7. A parte questo... In relazione agli ultimi due punti è vitale una corretta gestione del knowledge management e, in particolare, della condivisione delle informazioni; è un tema sia etico che di qualità ed è stato per me sempre uno dei parametri fondamentali di valutazione. Far circolare le informazioni al nostro interno è fondamentale ed è anche per questo che vi ho fatto condividere nella convocazione a questo incontro due documenti che in forma sintetica (senza pretesa di esaustività) danno il quadro dei principali progetti di trasformazione digitale e di innovazione di cui ci stiamo occupando.