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Studiare per il concorso in magistratura (parte IV)

1. Fatto idoneo a fondare responsabilità

Ai fini della sanzione penale, si imputa al reo il fatto-reato[1].

Ai fini della responsabilità civile, ciò che imputa è il danno e non il fatto in quanto tale. Tuttavia, un fatto è sempre necessario, perché sorga responsabilità. L’imputazione del danno presuppone l’esistenza di una delle fattispecie normative di cui al 2043 e seguenti. Le quali si risolvono nella descrizione di un nesso che leghi storicamente un evento e una condotta a cose/fatti d’altra natura, che si trovino in una particolare relazione con il soggetto chiamato a rispondere. Il danno rileva sotto i due diversi profili di: evento lesivo e insieme di conseguenze risarcibili (causalità materiale e causalità giuridica).

Se sussiste solo il fatto lesivo, ma non vi è un danno-conseguenza, non vi è obbligazione risarcitoria.

Nella cultura giuridica contemporanea, si è consolidata l’idea – sviluppata soprattutto in tema di nesso causale – che esistono due momenti diversi del giudizio aquiliano: la costruzione del fatto idoneo a fondare la responsabilità[2]; la determinazione dell’intero danno cagionato[3]. A questo secondo momento va riferita la regola dell’articolo 1223 – richiamato dal 2056 – per il quale il risarcimento deve comprendere le perdite «che siano conseguenza immediata e diretta del fatto giuridico[4]».

Si è dubitato che la norma attenesse al nesso causale e non alla determinazione del quantum del risarcimento, selezionando le conseguenze dannose risarcibili.

Secondo l’opinione prevalente, occorre distinguere nettamente il nesso che deve sussistere tra comportamento ed evento perché possa configurarsi una responsabilità «strutturale». Il nesso, collegando evento e danno, consente l’individuazione delle singole conseguenze dannose, con la precipua funzione di delineare, a valle, i confini di una già accertata responsabilità risarcitoria. Secondo dottrina e giurisprudenza prevalenti, analizzare l’articolo 1227 porta a scindere primo e secondo comma. Il primo attiene al contributo eziologico del debitore nella produzione dell’evento dannoso. Il secondo attiene al rapporto evento dannoso-conseguenza; rendendo irrisarcibili alcuni danni.

Nel macrosistema civilistico, l’unico profilo dedicato al nesso eziologico è previsto dal 2043: l’imputazione del «fatto doloso o colposo» è addebitata a chi «cagiona ad altri un danno ingiusto»[5].

Un’analoga disposizione sul danno ingiusto e non sul danno da risarcire, non è richiesta in tema di responsabilità contrattuale o da inadempimento, perché in tal caso il soggetto responsabile è, per lo più, il contraente rimasto inadempiente, o il debitore che non ha effettuato la prestazione dovuta.

Partendo dall’ovvio presupposto di non dover identificare il soggetto responsabile del fatto dannoso, la giurisprudenza di legittimità si è limitata a dettare una serie di soluzioni pratiche caso per caso. Senza dover optare per una precisa scelta di campo, tesa a coniugare il «risarcimento del danno» cui è dedicato il 1223 con il rapporto di causalità.

1. Fatto idoneo a fondare responsabilità

Ai fini della sanzione penale, si imputa al reo il fatto-reato[1].

Ai fini della responsabilità civile, ciò che imputa è il danno e non il fatto in quanto tale. Tuttavia, un fatto è sempre necessario, perché sorga responsabilità. L’imputazione del danno presuppone l’esistenza di una delle fattispecie normative di cui al 2043 e seguenti. Le quali si risolvono nella descrizione di un nesso che leghi storicamente un evento e una condotta a cose/fatti d’altra natura, che si trovino in una particolare relazione con il soggetto chiamato a rispondere. Il danno rileva sotto i due diversi profili di: evento lesivo e insieme di conseguenze risarcibili (causalità materiale e causalità giuridica).

Se sussiste solo il fatto lesivo, ma non vi è un danno-conseguenza, non vi è obbligazione risarcitoria.

Nella cultura giuridica contemporanea, si è consolidata l’idea – sviluppata soprattutto in tema di nesso causale – che esistono due momenti diversi del giudizio aquiliano: la costruzione del fatto idoneo a fondare la responsabilità[2]; la determinazione dell’intero danno cagionato[3]. A questo secondo momento va riferita la regola dell’articolo 1223 – richiamato dal 2056 – per il quale il risarcimento deve comprendere le perdite «che siano conseguenza immediata e diretta del fatto giuridico[4]».

Si è dubitato che la norma attenesse al nesso causale e non alla determinazione del quantum del risarcimento, selezionando le conseguenze dannose risarcibili.

Secondo l’opinione prevalente, occorre distinguere nettamente il nesso che deve sussistere tra comportamento ed evento perché possa configurarsi una responsabilità «strutturale». Il nesso, collegando evento e danno, consente l’individuazione delle singole conseguenze dannose, con la precipua funzione di delineare, a valle, i confini di una già accertata responsabilità risarcitoria. Secondo dottrina e giurisprudenza prevalenti, analizzare l’articolo 1227 porta a scindere primo e secondo comma. Il primo attiene al contributo eziologico del debitore nella produzione dell’evento dannoso. Il secondo attiene al rapporto evento dannoso-conseguenza; rendendo irrisarcibili alcuni danni.

Nel macrosistema civilistico, l’unico profilo dedicato al nesso eziologico è previsto dal 2043: l’imputazione del «fatto doloso o colposo» è addebitata a chi «cagiona ad altri un danno ingiusto»[5].

Un’analoga disposizione sul danno ingiusto e non sul danno da risarcire, non è richiesta in tema di responsabilità contrattuale o da inadempimento, perché in tal caso il soggetto responsabile è, per lo più, il contraente rimasto inadempiente, o il debitore che non ha effettuato la prestazione dovuta.

Partendo dall’ovvio presupposto di non dover identificare il soggetto responsabile del fatto dannoso, la giurisprudenza di legittimità si è limitata a dettare una serie di soluzioni pratiche caso per caso. Senza dover optare per una precisa scelta di campo, tesa a coniugare il «risarcimento del danno» cui è dedicato il 1223 con il rapporto di causalità.