Trasfusione da donatore vaccinato, responsabilità genitoriale e conflitto tra genitori e Stato

Il fatto è che quando prevale la volontà insindacabile dello Stato si è già in presenza del totalitarismo
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Trasfusione da donatore vaccinato, responsabilità genitoriale e conflitto tra genitori e Stato

 

Trasfusione da donatore vaccinato: premessa

Il caso ha suscitato un certo clamore. L’interesse e la risonanza pubblica sono, poi, rapidamente scemati. Non si sa quali siano i motivi che hanno portato all’improvviso silenzio, (quasi) assoluto sulla vicenda. Quello che non si può negare è la sua rilevanza etica e politica, da una parte, e giuridica e legale, dall’altra.

Ci soffermeremo, sia pure molto brevemente, su questi aspetti legati a una vicenda incredibile.

Parliamo del caso «scoppiato» in Emilia nei primi mesi del 2022, premettendo che lo faremo sulla base delle notizie offerte dalla stampa quotidiana, le quali mostrano con chiarezza i termini della questione.>
 

Trasfusione da donatore vaccinato: il caso: adesione condizionata all’intervento chirurgico sul figlio minorenne

Com’è noto, due genitori hanno chiesto per il loro figlio minorenne, che necessitava di un intervento chirurgico al cuore, che non gli venissero effettuate (eventuali) trasfusioni di sangue da donatori «vaccinati» contro il COVID-19. Ciò principalmente per due ragioni: la prima, perché temevano che potessero insorgere problematiche cardiocircolatorie a seguito delle trasfusioni di sangue da donatori «vaccinati»; la seconda, perché erano contrari ai cosiddetti «vaccini» anti COVID-19 (o, almeno, ad alcuni vaccini anti COVID-19), essendo questi stati prodotti utilizzando cellule umane derivate da feti abortiti volontariamente.

Non si trattava di un’opposizione al (necessario) intervento chirurgico, ma di un’adesione condizionata. In altre parole i due genitori avevano dato il loro consenso all’intervento alla condizione che le (eventuali) trasfusioni di sangue fossero fatte con sangue di donatori non «vaccinati». Il loro timore – si badi – non era un timore assolutamente infondato. I due genitori, infatti, avevano chiesto informazioni ad esperti nel settore dell’ematologia e della cardiologia e avevano avuto conferma dei loro sospetti: nel sangue dei «vaccinati» - questa la risposta – sono stati trovati frammenti di proteina spike fino a sei mesi dopo la (cosiddetta) immunizzazione.

L’ospedale nel quale il minore doveva essere operato ha scambiato l’adesione condizionata con il rifiuto all’intervento. Ha segnalato il tutto al Tribunale dei minori di Bologna. Il giudice tutelare, sulla base della sola versione/interpretazione dell’ospedale, ha dato il consenso all’intervento. Il Tribunale dei minori di Bologna, a tal fine, ha sospeso provvisoriamente la patria potestà dei genitori, nominando tutore del minore il servizio sociale territorialmente competente. Non abbiamo elementi (vale a dire notizie circa la procedura adottata e circa i tempi di questa) per valutare la correttezza dell’operato sotto il profilo del rito. Il che ha un rilievo, ma non per gli aspetti della questione sui quali riteniamo opportuno soffermarci.§
 

Trasfusione da donatore vaccinato: potestà e responsabilità

I minori e gli incapaci, com’è noto e naturale, non hanno la capacità di agire. Per questo sono sempre stati sottomessi alla patria potestà, alla potestà genitoriale, alla responsabilità dei genitori. Nei tempi ai noi più vicini, per ragioni ideologiche, si è imposto il potere legale della «responsabilità genitoriale» (cfr. Decreto Legislativo n. 154/2013), introdotta con la riforma del diritto di famiglia nel 1975 (cfr. Legge n. 151/1975).

La responsabilità genitoriale, resa universale nell’ordinamento giuridico italiano con il citato Decreto Legislativo n. 154/2013, era stata introdotta nel 1975 al fine di parificare i poteri del padre e della madre. Alla patria potestà, infatti, veniva (e, in parte, tuttora viene) attribuito un potere considerato negativamente in quanto ritenuto proprio solamente del padre e, perciò, di ostacolo all’eguaglianza fra genitori all’interno della famiglia. Esso rappresenterebbe un ulteriore ostacolo all’eguaglianza fra genitori di fronte al dissolvimento della famiglia, favorito dal divorzio. Era necessario, pertanto, sostituire la patria potestà con la responsabilità genitoriale.

È vero che la patria potestà nell’antica Roma era un potere considerato (erroneamente) assoluto: il pater familias aveva un potere di vita e di morte (ius vitae necisque) sui figli come sugli schiavi. I figli e gli schiavi erano considerati sua proprietà. Di fatto ciò ha favorito abusi, come capita spesso nella storia. Il successivo passaggio alla potestà genitoriale, conservando il principio unificatore della famiglia, aveva posto un (almeno parziale) rimedio all’esercizio ad nutum di un potere naturale (che, in quanto tale, dovrebbe essere considerato potestas, cioè potere intrinsecamente regolamentato ed esercitabile unicamente in vista del bene oggettivo del minore).

L’eguaglianza illuministica e la conseguente affermazione a livello sociale e ordinamentale dell’individualismo, propugnati dalla Rivoluzione francese, portarono all’attuale responsabilità genitoriale. Intendiamo dire che alla responsabilità genitoriale viene attualmente attribuito un significato ideologico, vale a dire un significato strettamente dipendente da una Weltanschauung innaturale. Perciò, essa rischia di assumere un significato contrario alla vera responsabilità, alle obbligazioni naturali dei genitori verso i figli minori.

Il pericolo che ciò comporta nasce dal fatto che i genitori o ognuno dei genitori può «leggere» (ed esercitare) la «responsabilità» come mera facoltà o addirittura come solo diritto assolutamente slegato dal dovere. Ciò comporta (in alcuni casi necessariamente) il ricorso a poteri terzi rispetto alla famiglia, a cominciare dai poteri dello Stato, chiamato non solamente a sorvegliare (e, nei casi estremi, ad esercitare poteri sussidiari), ma a gestire in prima persona quelli che sono i doveri/diritti dei genitori. Lo Stato, insomma, rivendica un potere sovrano sulla famiglia e «concede» autonomia ai genitori solamente se essi si conformano totalmente e passivamente alla norma positiva, a qualsiasi norma positiva, vale a dire all’assoluta ed insindacabile volontà dello Stato.
 

Trasfusione da donatore vaccinato: il caso de quo

Ciò è reso evidente dal caso preso in considerazione. I genitori del minore, infatti, hanno dimostrato un alto senso di responsabilità. Essi si sono posti il problema della salute fisica del loro figlio (conservazione della vita e recupero della salute senza incorrere in altri rischi esclusi quelli derivanti strettamente dall’intervento chirurgico). Si sono posti, quindi, innanzitutto il problema di evitare al minore possibili conseguenze, purtroppo reali non solo in caso di «vaccinazioni» di soggetti sani ma ancora più «reali», se così possiamo esprimerci, in soggetti ammalati (nel caso de quo ammalati di cuore): le miocarditi e le pericarditi non sono ipotesi lontane e dettate dalla paura, ma reazioni avverse abbastanza frequenti, conseguenti alla «vaccinazione» anti COVID-19, come esperienza e statistica dimostrano. Non si tratta, pertanto, di allarmismi assurdi. Si tratta di pericoli reali che impongono (o imporrebbero) a chi deve prendere certe decisioni di procedere con cautela e prudenza.

Il fatto è che quando prevale la volontà insindacabile dello Stato si è già in presenza del totalitarismo. Lo Stato (rectius la comunità politica) è chiamata a far rispettare la giustizia, cui la volontà dello Stato è subordinata, non a imporre come giustizia la propria volontà. Nel caso de quo è palese che il formalismo legale prevale sulla giustizia. Anzi, si dovrebbe dire, per essere più precisi, che la prassi impostasi negli ultimi tempi non è nemmeno formalismo legale: il (cosiddetto) Stato di diritto è stato superato.

Non solamente si è fatto scempio (almeno in parte) della Costituzione e non sono state e non vengono applicate le Sentenze della Corte costituzionale. Si è andati «oltre»: per esempio i DPCM (che necessitano di una legge delega e che, comunque, hanno valore di regolamento) sostituiscono le leggi che dovrebbero essere loro sovraordinate. La giustizia postula che i figli «sono» dei genitori, non dello Stato. I genitori sono legati ai figli dalle obbligazioni naturali (oltre che dall’amore); le obbligazioni naturali impongono loro di difenderli anche dalle prepotenze del potere impropriamente chiamato politico.

Il comportamento dei genitori del minore, nel caso de quo, è stato, da quanto si apprende dalla narrazione dei quotidiani, ineccepibile. Essi, come si è detto, non si sono opposti all’intervento chirurgico necessario al figlio. Hanno chiesto solamente di evitargli trasfusioni di sangue da donatori «vaccinati». Di fronte, poi, alle difficoltà burocratico-legali frapposte dal Centro trasfusionale, si sono offerti (inutilmente, perché alla fine è stata loro negata questa possibilità) di reperire le sacche di sangue di donatori non «vaccinati», necessarie per effettuare l’intervento. Quindi si sono dimostrati disponibili a collaborare attivamente per superare l’impasse loro presentata.

Lascia perplessi, pertanto, la decisione del Tribunale dei minori di Bologna anche perché la sospensione provvisoria è chiaramente, in questo caso, un espediente dal dubbio fondamento legittimo: non c’era lo stato di necessità e non c’era un’opposizione all’intervento. Se la privazione dell’esercizio della responsabilità genitoriale era dettata da altre ragioni di merito (inadempienza di doveri, abuso dei poteri relativi alla responsabilità genitoriale, etc.) la sospensione medesima non avrebbe dovuto essere provvisoria.

Per quel che attiene alla seconda ragione del rifiuto di (eventuali) trasfusioni con sangue donato dai «vaccinati» e «vaccinati» con prodotti ricavati utilizzando cellule umane derivate da feti abortiti volontariamente, sono state nel caso de quo apertamente calpestate le Sentenze della Corte costituzionale, che reiteratamente hanno affermato che la coscienza è un principio costituzionale sovraordinato agli altri principi costituzionali, il quale consente di rifiutare  persino l’adempimento di doveri prescritti dalla Costituzione e dichiarati inderogabili dalla medesima (cfr., ad esempio, Sentenza n. 467/1991).

Lo abbiamo ripetutamente illustrato nelle Note via via apparse in questa rubrica Osservatorio tre Bio e abbiamo ripreso la questione in un lavoro (Cronache Biogiuridiche) che esce in questi giorni presso le Edizioni Scientifiche Italiane di Napoli. La Costituzione, qualsiasi opinione si abbia di essa e qualsiasi giudizio di valore le si riservi, non può essere «letta» a corrente alternata come fanno anche taluni costituzionalisti e persino taluni giudici emeriti della Corte costituzionale, i quali esprimono opinioni esattamente contrarie a quanto stabilito dalle Sentenze da loro redatte e da loro approvate quando erano parte del Collegio chiamato a custodire e interpretare la Legge fondamentale della Repubblica italiana.
 

Trasfusione da donatore vaccinato: la responsabilità genitoriale - dovere e diritto

La responsabilità genitoriale non è «attribuita» ai genitori. Essa è inscritta nella condizione dell’essere genitore. I genitori non possono liberarsi di essa, come (assurdamente) riconosce, sia pure a fin di bene, il D. P. R. n. 396/2000. La responsabilità genitoriale è un diritto perché prima ancora è un dovere: un dovere che richiede di essere adempiuto e che, pertanto, assume sotto un altro aspetto la natura di diritto. I genitori nel caso considerato hanno agito osservando le obbligazioni morali e giuridiche che si sono assunte con l’atto procreativo. Non hanno fatto prevalere le loro opinioni. Al contrario hanno rispettato (o, almeno, hanno cercato di rispettare) i doveri imposti dalla giustizia nella concreta condizione nella quale si sono venuti a trovare.