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La tutela internazionale dei diritti dei minori

Tonnara di Vendicari, Noto
Ph. Simona Loprete / Tonnara di Vendicari, Noto

Indice:

1. Iter storico: nascita della tutela riservata al minore

2. La Dichiarazione dei diritti del fanciullo

3. La Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia

4. Focus sui principi della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’infanzia: il principio dell’interesse del minore

4.1 Segue: il principio dell’ascolto delle opinioni del minore: l’ascolto fisiologico e patologico

5. Considerazioni conclusive

 

1. Iter storico: nascita della tutela riservata al minore

Analizzando preliminarmente l’argomento da un punto di vista storico, emerge che il minore (termine in luogo del quale sarebbe preferibile discorrere di fanciullo, in quanto fenomenologicamente più positivo poiché si pone di fronte al suo sviluppo presupponendone una certa capacità di discernimento) non ha mai avuto un trattamento di favore.

Infatti, fino al XIX secolo nessun legislatore nazionale si è mai preoccupato di prevedere leggi “ad hoc” a sua tutela. Questa constatazione appare patologica a fronte del fatto che il livello di civiltà di una nazione si misura dall’interesse e dal trattamento che la stessa riserva non solo ai cittadini che hanno compiuto la maggiore età, ma anche e soprattutto ai minori.

È solo a seguito del processo di industrializzazione che in Europa si inizia a ritenere il minore meritevole di tutela; ciò si traduce nella previsione di una serie di diritti, legati alla sua particolare età. Cominciano così ad emergere le prime leggi sull’infanzia relative alla tutela della salute del minore sul lavoro e non tanto quindi all’accesso allo stesso, che veniva inquadrato sotto una lente di assoluta normalità anche in tenera età.

Tale prassi si registra altresì nel diritto internazionale, in cui il bambino viene considerato, originariamente, solo nelle vesti di piccolo lavoratore.

 

2. La Dichiarazione dei diritti del fanciullo

Il primo dato meritevole di attenzione risale solo al 1924 (Poiché irrisorie furono le antecedenti convenzioni: volendo segnalarle per completezza di informazione, è opportuno far riferimento alla Convenzione dell’OIL del 1919, in cui venne meramente fissata l’età minima di ammissione dei minori al lavoro, cui fecero poi seguito altre due convenzioni del 1920 riguardanti materie affini).

Tornando alla data saliente del 1924, è in tale contesto che la V Assemblea della Società delle Nazioni (che dopo il secondo conflitto bellico mondiale diverrà ONU) approva la prima convenzione contenente finalmente un’elencazione dei diritti del bambino: “La Dichiarazione dei diritti del fanciullo”.

Per redigerla la Società delle Nazioni fece riferimento alla “Carta dei Diritti del Bambino”, scritta nel 1923 da E. Jebb, fondatrice di “Save the Children” nel 1919. Si tratta di una dichiarazione di diritto umanitario adottata da un organismo internazionale che precede di ben 24 anni quella dei diritti dell’uomo, anche se contenutisticamente tratta solo del loro benessere e non dei loro diritti.

 

3. La Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia

Per trovarsi al cospetto di una raccolta organica di diritti, occorrerà attendere il 1989, anno in cui approda nell’ambito del quadro internazionale, “la Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia”, approvata dalle Nazioni Unite il 20 Novembre 1959, al cui interno vengono enunciati, per la prima volta, i diritti fondamentali riconosciuti ai minori.

 

4. Focus sui principi della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’infanzia: il principio dell’interesse del minore

L’articolo 3 della suddetta Convenzione enuncia il principio dell’interesse del minore: “in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata e in ogni situazione problematica, l'interesse del bambino/adolescente deve avere la priorità.” Dunque, quando l’Autorità adotta un qualsivoglia provvedimento, deve farlo coincidere con il suo interesse.

Tale principio è stato poi condizionante per il nostro ordinamento: si pensi all’articolo 567 del Codice penale, che puniva la “compravendita” nell’ambito delle adozioni internazionali, prevedendo l’allontanamento del minore dalla sua (fino ad allora) famiglia. La Corte costituzionale ha dichiarato Illegittimo tale articolo nel 2012, facendo prevalere in maniera pregnante l’interesse del minore.

 

4.1 Segue: il principio dell’ascolto delle opinioni del minore: l’ascolto fisiologico e patologico

L’articolo 12 sancisce invece il principio dell’ascolto delle opinioni del minore, recante il diritto dei bambini ad essere ascoltati in tutti i processi decisionali che li riguardano, e il corrispondente dovere, per gli adulti, di tenere in adeguata considerazione le loro opinioni.

Per rendere l’idea circa quanto tale convenzione abbia influenzato l’ordinamento italiano, è possibile far riferimento all’abrogazione della cd “patria potestà” (la quale presupponeva il potere del padre verso i figli, poi traslata in “potestà genitoriale” nell’ottica di attribuire tale potestà ad entrambi i genitori) prevedendo la “responsabilità genitoriale”, per effetto della quale i genitori non esercitano più un potere nella sfera personale dei figli, ma ne sono responsabili. Ebbene quest’ultima comporta anche l’ascolto del minore.

Nello specifico, l’ascolto del minore può essere suddiviso in due fondamentali tipologie: fisiologico e patologico. Per quanto concerne l’ascolto fisiologico (così come si desume dall’articolo 12.1: “Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo sono debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità”) trova cittadinanza nell’ambito del mondo familiare, scolastico, relazionale e via discorrendo.

È l’aspetto moralmente più importante da prendere in considerazione, perché comporta che il minore venga stimolato ed educato nella sua crescita, affinché possa la sua personalità evolversi nel migliore dei modi. Infatti, è solo mediante l’opera dell’educazione che si può trarre il meglio dal soggetto minore nell’ottica che egli diventi un futuro cittadino integerrimo, attuando così la previsione posta all’articolo 2 del nostro testo costituzionale.

L’ascolto patologico invece (ex articolo 12.2: “A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale.”) si configura quando il minore entra nell’aria giudiziaria civile/penale. È patologico proprio perché consegue a eventi o circostanze “anomali”. Proprio nei confronti di questa seconda tipologia di ascolto è opportuno porre l’accento, analizzando i modi in cui il minore viene ascoltato in area penale e come invece viene ascoltato nell’ambito del processo civile.

 

5. Considerazioni conclusive

Volgendo lo sguardo all’odierna realtà, emerge chiaramente la necessità di una politica nazionale e comunitaria a favore dell’educazione e dell’istruzione dei minori. Tutto ciò è previsto anche a livello internazionale, dall’articolo 1 delle cd: “Regole di Pechino”, in cui, dal comma secondo si evince che: “è compito degli stati membri creare le condizioni per assicurare al minore una vita proficua all’interno della comunità, incoraggiandolo ad un processo di maturazione idoneo a tenerlo il più lontano possibile dalla criminalità e dalla delinquenza …”.