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Trasparenza

Che valore ha la trasparenza, se ne ha uno o anche più d’uno, in ambito lavorativo?
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Trasparenza: dal latino medievale transparens (che si mostra attraverso). Indica una qualità dell’acqua o dell’aria, oppure di corpi che si lasciano attraversare dalla luce. Dipende non solo dalla natura di un corpo o di un materiale ma anche dal suo spessore: si pensi alla carta o alla porcellana.

In fisica, sebbene sia nozione inizialmente riferita alla luce, la trasparenza ha finito con l’includere lo spettro delle radiazioni elettromagnetiche e corpuscolari.

È qualità intrinseca. In senso traslato, essa indica possibilità di visione senza filtri, e perciò anche chiarezza, intellegibilità, facilità di comprensione.

Che valore ha la trasparenza, se ne ha uno o anche più d’uno, in ambito lavorativo?

Cominciamo col dire che la trasparenza concerne l’agire, la comunicazione, la verificabilità: non a caso un’amministrazione trasparente viene paragonata a una casa di vetro.

Si parla di trasparenza quando si sente l’esigenza di far venire alla luce pratiche occulte, financo illecite, accordi all’ombra delle regole, corruttele, abusi. La scelta del nome per l’Associazione non governativa che si occupa di contrastare il fenomeno della corruzione – facendolo emergere a livello globale e mostrando i possibili danni economici e sociali, che si riverberano anche sulla tenuta delle regole democratiche e sullo stato di diritto, derivanti da sistemi corruttivi diffusi e autoreplicanti – è indicativa: “Transparency International”. La trasparenza è dunque pietra angolare della buona amministrazione, delle imprese, della politica, della gestione della cosa pubblica, della democrazia.

Passando dalla dimensione macro a quella micro, fatta di singole persone e di ambienti di lavoro, la trasparenza può essere letta come qualità dell’agire o come tratto distintivo dell’individuo.

Agire in modo trasparente significa rendere conoscibili in anticipo le modalità del proprio operare, creare procedure semplici e controllabili, risultare chiari e coerenti negli obiettivi da perseguire e nelle strategie da adottare. Non implica dover dire tutto o, peggio, rendere disponibile una massa ingestibile di informazioni: ciò finirebbe con il produrre incomprensioni e alimentare entropia. Lavorare in modo trasparente significa piuttosto rendere fruibili le informazioni essenziali, affinché i destinatari possano accedere alle opportunità e alle risorse disponibili, per generare ulteriori piani di azione efficaci e coordinati.

La trasparenza è nemica della reticenza, dell’avidità, della competizione esasperata, della frode, dell’invidia.

E poi ci sono le persone che percepiamo come trasparenti: hanno lo sguardo limpido e serio, attento, sono capaci di ascolto, ispirano fiducia. Non sono trasparenti perché dicono tutto: se così fosse risulterebbero pedanti o prolisse, talvolta invadenti, caricando gli altri di confidenze difficili da gestire, sbandierando verità che possono ferire, esprimendo opinioni e giudizi tali da mettere in difficoltà gli interlocutori.
Le persone trasparenti sono capaci di quel silenzio che rende possibile l’ascolto, sono inclini al dialogo ma rifuggono il pettegolezzo. Sono generose di indicazioni, se richieste, offrono supporto. Comunicano in modo chiaro la loro dimensione valoriale e gli obiettivi che intendono perseguire; li condividono con modalità generative e sono disponibili alla cooperazione.

Affratellano e sorprendono, le persone trasparenti: sono leader, collaboratori o sottoposti affidabili e preziosi. In un’epoca dove la siccità non è solo una questione idrica, le persone trasparenti sono l’“acqua” di cui abbiamo umanamente bisogno, nella dimensione inter-individuale, nelle organizzazioni, nel lavoro.