Tribunale di Parma: pignorabili le polizze vita Index Linked
In via preliminare il Tribunale ha rilevato che "le Sezioni Unite della Cassazione risolvendo il contrasto giurisprudenziale sul punto hanno stabilito la impignorabilità e insequestrabilità ex art. 1923 cod. civ. delle polizze considerata “la funzione previdenziale riconoscibile al contratto di assicurazione sulla vita - quale forma di assicurazione privata (pur nelle possibili sue varie modulazioni negoziali) maggiormente affine agli istituti di previdenza elaborati dalle assicurazioni sociali – non circoscritta alle sole somme corrisposte a titolo di indennizzo o risarcimento” (cfr. Cass. Sez. Unite 2008/8271); che peraltro nel caso di specie, secondo gli assunti di parte attrice, le polizze vita acquistate non hanno alcuna funzione previdenziale, nei termini indicati dalla S.C., ma sono “prodotti finanziari a tutti gli effetti che possono essere riscattati in qualsiasi momento e nulla garantiscono per l’assicurato nemmeno il rientro del valore investito il quale, contrariamente a quanto si verifica per le polizze vita “vere” viene assoggettato proprio a quel rischio che, secondo il codificatore, le polizze si prefiggono di ovviare”; che in particolare, secondo parte attrice, la “finalità perseguita dalle stesse non è certo solamente quella di garantire i familiari di chi stipula il contratto dall’evento morte del pater familias ma anche quella di dare seguito ad un investimento”.
Secondo il Tribunale "gli assunti di parte ricorrente sono fondati dovendosi in effetti ritenere che nel caso, pur avuto riguardo alle caratteristiche miste del prodotto in questione, si sia in realtà presenza di un investimento finanziario certamente non volto, almeno in via principale, a soddisfare bisogni di natura previdenziale principalmente “legati ai bisogni dell’età post lavorativa o derivante dall’evento morte di colui che percepisce reddito dei quali anche altri si avvalga” (così nella citata sentenza della S.C.), non potendosi non evidenziare in proposito che nel caso il premio viene corrisposto con versamento unico (tipico degli investimenti finanziari e diversamente da quanto avviene per le polizze previdenziali che prevedono il versamento periodico di un premio) mentre il prodotto ha una durata fissa di 6 anni e 4 mesi (diversamente dalla Polizza xxx che è una polizza che dura per tutta la vita) e quindi certamente atipica rispetto a forme di tutela previdenziale; che inoltre i prodotti in esame prevedono una redditività esclusivamente legata a fenomeni di tipo finanziario, per la polizza zzz al valore dell’indice azionario Dow Jones e per la Polizza jjj al rendimento del fondo, redditività che può quindi anche mancare in caso di negatività dei riferimenti finanziari: ciò che determinerebbe una perdita per il sottoscrittore considerato che le polizze garantiscono si la restituzione del capitale nominale (in caso di premorienza dell’assicurato il massimo tra il premio versato ed il capitale assicurato al momento del decesso), elemento comunque non decisivo siccome previsto anche in investimenti di carattere pacificamente finanziario, ma al netto dei costi di gestione e quindi in misura comunque inferiore all’ammontare del capitale versato, impoverito anche dal fenomeno inflattivo: ciò che appare chiaramente incompatibile con “lo strumento, (che in ragione appunto della sua funzione previdenziale il divieto sub art. 1923 cod. civ. è volto a presidiare) della assicurazione sulla vita, quale forma di assicurazione privata (pur nelle possibili sue varie modulazioni negoziali) maggiormente affine agli Istituti di Previdenza elaborati dalle assicurazioni sociali”.
In conclusione, secondo il Tribunale, "può quindi ritenersi dall’esame dei prodotti in esame che essi assolvano più a funzioni di investimento finanziario di capitali che alla funzione di una tutela previdenziale (che, proprio per le sue finalità, deve porsi come obiettivo minimo almeno quello della conservazione integrale del capitale), ciò peraltro anche in adesione a condivisibile orientamento giurisprudenziale di merito secondo cui “le polizze di assicurazione sulla vita a contenuto finanziario” – quali pacificamente quelle accese dalla . . . . . “rientrando nella sfera delle nuove forme di investimento, rivelano un forte legame con il sistema dell’intermediazione finanziaria di tal che, a differenza delle classiche polizze vita, non nascono secondo le esigenze personali di un cliente, quanto piuttosto nell’ambito di una vera e propria operazione di emissione e prevedono un premio versato in unica soluzione o secondo un piano d’accumulo” (così Trib. Salerno 6.10.2008 citata dalla difesa di parte attrice)".
(Tribunale di Parma - Sezione Prima Civile, Sentenza 10 agosto 2010, n.1107)
[Cortesemente inviata dall’Avv. Paolo Righini]
In via preliminare il Tribunale ha rilevato che "le Sezioni Unite della Cassazione risolvendo il contrasto giurisprudenziale sul punto hanno stabilito la impignorabilità e insequestrabilità ex art. 1923 cod. civ. delle polizze considerata “la funzione previdenziale riconoscibile al contratto di assicurazione sulla vita - quale forma di assicurazione privata (pur nelle possibili sue varie modulazioni negoziali) maggiormente affine agli istituti di previdenza elaborati dalle assicurazioni sociali – non circoscritta alle sole somme corrisposte a titolo di indennizzo o risarcimento” (cfr. Cass. Sez. Unite 2008/8271); che peraltro nel caso di specie, secondo gli assunti di parte attrice, le polizze vita acquistate non hanno alcuna funzione previdenziale, nei termini indicati dalla S.C., ma sono “prodotti finanziari a tutti gli effetti che possono essere riscattati in qualsiasi momento e nulla garantiscono per l’assicurato nemmeno il rientro del valore investito il quale, contrariamente a quanto si verifica per le polizze vita “vere” viene assoggettato proprio a quel rischio che, secondo il codificatore, le polizze si prefiggono di ovviare”; che in particolare, secondo parte attrice, la “finalità perseguita dalle stesse non è certo solamente quella di garantire i familiari di chi stipula il contratto dall’evento morte del pater familias ma anche quella di dare seguito ad un investimento”.
Secondo il Tribunale "gli assunti di parte ricorrente sono fondati dovendosi in effetti ritenere che nel caso, pur avuto riguardo alle caratteristiche miste del prodotto in questione, si sia in realtà presenza di un investimento finanziario certamente non volto, almeno in via principale, a soddisfare bisogni di natura previdenziale principalmente “legati ai bisogni dell’età post lavorativa o derivante dall’evento morte di colui che percepisce reddito dei quali anche altri si avvalga” (così nella citata sentenza della S.C.), non potendosi non evidenziare in proposito che nel caso il premio viene corrisposto con versamento unico (tipico degli investimenti finanziari e diversamente da quanto avviene per le polizze previdenziali che prevedono il versamento periodico di un premio) mentre il prodotto ha una durata fissa di 6 anni e 4 mesi (diversamente dalla Polizza xxx che è una polizza che dura per tutta la vita) e quindi certamente atipica rispetto a forme di tutela previdenziale; che inoltre i prodotti in esame prevedono una redditività esclusivamente legata a fenomeni di tipo finanziario, per la polizza zzz al valore dell’indice azionario Dow Jones e per la Polizza jjj al rendimento del fondo, redditività che può quindi anche mancare in caso di negatività dei riferimenti finanziari: ciò che determinerebbe una perdita per il sottoscrittore considerato che le polizze garantiscono si la restituzione del capitale nominale (in caso di premorienza dell’assicurato il massimo tra il premio versato ed il capitale assicurato al momento del decesso), elemento comunque non decisivo siccome previsto anche in investimenti di carattere pacificamente finanziario, ma al netto dei costi di gestione e quindi in misura comunque inferiore all’ammontare del capitale versato, impoverito anche dal fenomeno inflattivo: ciò che appare chiaramente incompatibile con “lo strumento, (che in ragione appunto della sua funzione previdenziale il divieto sub art. 1923 cod. civ. è volto a presidiare) della assicurazione sulla vita, quale forma di assicurazione privata (pur nelle possibili sue varie modulazioni negoziali) maggiormente affine agli Istituti di Previdenza elaborati dalle assicurazioni sociali”.
In conclusione, secondo il Tribunale, "può quindi ritenersi dall’esame dei prodotti in esame che essi assolvano più a funzioni di investimento finanziario di capitali che alla funzione di una tutela previdenziale (che, proprio per le sue finalità, deve porsi come obiettivo minimo almeno quello della conservazione integrale del capitale), ciò peraltro anche in adesione a condivisibile orientamento giurisprudenziale di merito secondo cui “le polizze di assicurazione sulla vita a contenuto finanziario” – quali pacificamente quelle accese dalla . . . . . “rientrando nella sfera delle nuove forme di investimento, rivelano un forte legame con il sistema dell’intermediazione finanziaria di tal che, a differenza delle classiche polizze vita, non nascono secondo le esigenze personali di un cliente, quanto piuttosto nell’ambito di una vera e propria operazione di emissione e prevedono un premio versato in unica soluzione o secondo un piano d’accumulo” (così Trib. Salerno 6.10.2008 citata dalla difesa di parte attrice)".
(Tribunale di Parma - Sezione Prima Civile, Sentenza 10 agosto 2010, n.1107)
[Cortesemente inviata dall’Avv. Paolo Righini]