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Violenza sessuale - Cassazione Penale: ipervalutazione della prova

La sentenza impugnata è frutto di un precedente rinvio, in occasione del quale la Corte riteneva “gravemente carente il quadro probatorio”, non avendo rispettato le linee guida utilizzate nei casi di abuso su minore (Carta di Noto).

In particolare, in prima battuta l’imputato ricorreva per Cassazione avverso la sentenza della corte territoriale che lo condannava per violenza sessuale aggravata nei confronti di minore, lamentando la mancata presa in esame delle circostanze poste a sostegno della propria difesa. Il ricorrente censurava l’attendibilità delle dichiarazioni della minore, in quanto non era stata espletata alcuna consulenza psicodiagnostica necessaria che tenesse conto del vissuto della stessa e del vuoto affettivo in cui versava. Inoltre, lamentava l’inattendibilità delle dichiarazioni rese dalla minore in particolar modo per le difformità tra le versioni fornite.

La Corte di Cassazione con sentenza n. 39405 del 2013 accoglieva il motivo di ricorso e disponeva l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma per nuovo esame. Questa assolveva l’imputato perché il fatto non sussiste.

Il Procuratore Generale della repubblica ricorreva per Cassazione avverso tale pronuncia, per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

La Suprema Corte ha ritenuto che la Corte territoriale, nella sentenza impugnata, pur avendo colmato il “vuoto motivazionale” relativo alla prova della mancata perizia ginecologica, in sede di riesame ne ha realizzato “un’ipervalutazione”.

Secondo la Cassazione “sebbene il giudice possa trarre il proprio convincimento circa la responsabilità penale anche dalle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa, è stato però stabilito che nel caso di parte offesa dei reati sessuali di età minore, è necessario che l’esame della credibilità sia onnicomprensivo e tenga conto di più elementi quali l’attitudine a testimoniare, l’attitudine psichica, rapportata all’età, a memorizzare gli avvenimenti e a riferirne in modo coerente e compiuto, il contesto delle relazioni con l’ambito familiare ed extrafamiliare e i processi di rielaborazione delle vicende vissute”.

Tuttavia, nella specie il risultato appariva assolutamente e “sorprendentemente” difforme. Infatti, la sentenza assolutoria si reggeva sull’“elemento del mancato espletamento della perizia ginecologica, senza porlo in alcun modo in raffronto con il complessivo quadro probatorio, peraltro definito “imponente” dalla stessa Corte territoriale e tale da far ritenere “del tutto infondate le doglianze della difesa” su cui il giudice di rinvio era unicamente chiamato a pronunciarsi”.

Per queste ragioni, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza e rinviato per un nuovo esame della Corte di Appello di Roma.

(Cassazione Penale - Quarta Sezione Penale, Sentenza 2 luglio 2007, n. 30352

La sentenza impugnata è frutto di un precedente rinvio, in occasione del quale la Corte riteneva “gravemente carente il quadro probatorio”, non avendo rispettato le linee guida utilizzate nei casi di abuso su minore (Carta di Noto).

In particolare, in prima battuta l’imputato ricorreva per Cassazione avverso la sentenza della corte territoriale che lo condannava per violenza sessuale aggravata nei confronti di minore, lamentando la mancata presa in esame delle circostanze poste a sostegno della propria difesa. Il ricorrente censurava l’attendibilità delle dichiarazioni della minore, in quanto non era stata espletata alcuna consulenza psicodiagnostica necessaria che tenesse conto del vissuto della stessa e del vuoto affettivo in cui versava. Inoltre, lamentava l’inattendibilità delle dichiarazioni rese dalla minore in particolar modo per le difformità tra le versioni fornite.

La Corte di Cassazione con sentenza n. 39405 del 2013 accoglieva il motivo di ricorso e disponeva l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma per nuovo esame. Questa assolveva l’imputato perché il fatto non sussiste.

Il Procuratore Generale della repubblica ricorreva per Cassazione avverso tale pronuncia, per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

La Suprema Corte ha ritenuto che la Corte territoriale, nella sentenza impugnata, pur avendo colmato il “vuoto motivazionale” relativo alla prova della mancata perizia ginecologica, in sede di riesame ne ha realizzato “un’ipervalutazione”.

Secondo la Cassazione “sebbene il giudice possa trarre il proprio convincimento circa la responsabilità penale anche dalle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa, è stato però stabilito che nel caso di parte offesa dei reati sessuali di età minore, è necessario che l’esame della credibilità sia onnicomprensivo e tenga conto di più elementi quali l’attitudine a testimoniare, l’attitudine psichica, rapportata all’età, a memorizzare gli avvenimenti e a riferirne in modo coerente e compiuto, il contesto delle relazioni con l’ambito familiare ed extrafamiliare e i processi di rielaborazione delle vicende vissute”.

Tuttavia, nella specie il risultato appariva assolutamente e “sorprendentemente” difforme. Infatti, la sentenza assolutoria si reggeva sull’“elemento del mancato espletamento della perizia ginecologica, senza porlo in alcun modo in raffronto con il complessivo quadro probatorio, peraltro definito “imponente” dalla stessa Corte territoriale e tale da far ritenere “del tutto infondate le doglianze della difesa” su cui il giudice di rinvio era unicamente chiamato a pronunciarsi”.

Per queste ragioni, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza e rinviato per un nuovo esame della Corte di Appello di Roma.

(Cassazione Penale - Quarta Sezione Penale, Sentenza 2 luglio 2007, n. 30352