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Ai fini della sussistenza del dolo di maltrattamenti, è sufficiente la consapevolezza di arrecare vessazioni e denigrazioni alla vittima

Maltrattamenti in famiglia
Maltrattamenti in famiglia

Indice:

1. Il caso di specie, i maltrattamenti familiari

2. Il contrasto tra Tribunale e Corte d’Appello in materia di maltrattamenti familiari

3. Conclusioni ed osservazioni giuridiche sui maltrattamenti familiari

 

1. Il caso di specie, i maltrattamenti familiari

Secondo la Suprema Corte di Cassazione (VI penale, sentenza n. 32782, 11.06.2019, dep. 22.07.2019), con riferimento al delitto di maltrattamenti ex articolo 572 Codice Penale, non è richiesta l’individuazione di condotte sistematiche, ma è sufficiente la sola abitualità della condotta vessatoria ai danni della persona offesa.

Nel caso di specie un soggetto, ex compagno della persona offesa, era accusato di aver posto in essere vessazioni abituali contro di questa, nel corso di una relazione più volte interrotta e poi ripresa.

La sentenza in commento è pronunciata a seguito dell’impugnazione contro la condanna emessa dalla Corte d’Appello di Trento, la quale in precedenza aveva “ribaltato” la sentenza assolutoria del Tribunale. Tra le vessazioni indicate, vi erano denigrazioni ed umiliazioni, tese all’annichilimento della compagna, anche incentrate sulla mancanza di una sua indipendenza economica.

 

2. Il contrasto tra Tribunale e Corte d’Appello in materia di maltrattamenti familiari

Il Tribunale aveva assolto l’imputato, argomentando in motivazione che l’elemento soggettivo tipico del reato di maltrattamenti non trovasse riscontro alcuno. Questo perché nonostante l’obbiettiva offensività dei suoi comportamenti verso la persona offesa, anche per la natura stessa del rapporto, che come detto era stato più volte interrotto e poi ripreso.

Ed infatti, sempre secondo la sentenza assolutoria del Tribunale, la prova di un progetto dell’imputato atto a porre in essere il reato ex articolo 572 Codice Penale non sarebbe stata raggiunta, quanto meno al di là del ragionevole dubbio. Gli episodi, seppur dolosi, esaurivano il loro obiettivo in maniera istantanea, senza quindi rappresentare il dolo abituale tipico del delitto in oggetto.

Ad opposta conclusione giunge la Corte d’Appello, che ritiene sussistente il reato, posto in essere con condotte che hanno provocato sofferenze alla persona offesa, tanto che, contrariamente quindi a quanto motivato dal Tribunale, le ripetute interruzioni della relazione altro non erano che il limite della tolleranza.

La Cassazione ritiene la scelta della Corte d’Appello ben più corretta, in quanto la ricostruzione del Tribunale si pone in termini opposti a quella che è la nozione di maltrattamenti elaborata dalla più recente giurisprudenza.

In motivazione viene evidenziato che per la sussistenza del reato ex articolo 572 Codice Penale, non deve esservi necessariamente una serie di condotte sistematiche, bensì è sufficiente una abitualità di condotta posta in essere nel tempo, con atti vessatori uniti dal vincolo della continuazione e dalla consapevolezza di arrecare tali sofferenze alla vittima.

Pertanto, “non rileva la volontarietà della ripresa della vita in comune tra il ricorrente e la persona offesa - la volontarietà della convivenza è un connotato strutturale dell'aggregazione familiare”, posto che la persona offesa era totalmente dipendente sul piano economico dall’imputato, questione indicata dalla Corte d’Appello come indice della relazione violenta tra i due “nella quale non mancano manifestazioni amorose ed anche accudenti, comportamenti ambivalenti che, anzi, alimentano il senso di colpa della vittima e che costituiscono potente strumento di sottomissione, manifestazioni e sentimenti che la persona offesa, accanto alle violenze subite, non ha mancato di descrivere”.

Ed ancora, in merito al motivo di gravame sulla cessazione di rapporti “sentimentali” da dopo il 2011, periodo dal quale imputato e persona offesa vivevano nella stessa abitazione ma non più come coppia, la VI Sezione ritiene anche questo punto infondato.

Ciò in ragione di una interpretazione sistematica del reato di maltrattamenti: l’articolo 572 Codice Penale è volto alla tutela dei componenti di una qualsivoglia relazione, tale che sia di natura coniugale od altro.

Il reato sussiste ove vi sia un vincolo di aspettative di assistenza, anche solo astrattamente di natura familiare.

 

3. Conclusioni ed osservazioni giuridiche sui maltrattamenti familiari

La sentenza in commento è chiara nella sua motivazione.

Si parta dalla motivazione in merito al primo punto del gravame: l’interruzione della relazione non esclude il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi. Ed anzi, al contrario, ciò è del tutto irrilevante anche con riferimento all’elemento soggettivo del reato in esame.

Principio pacifico è che basti porre in essere comportamenti, anche se presi singolarmente non costituenti reato, ma uniti, come in un più grande mosaico, in una logica di sofferenza morale cagionata alla persona offesa.

E quindi, non è necessario uno specifico programma criminoso proiettato (nell’animus dell’imputato) verso il risultato di cagionare dette sofferenze, quanto piuttosto una mera consapevolezza di sottoporre la vittima ad un trattamento “abitualmente” offensivo e denigratorio.

Riguardo invece alla motivazione della Corte con riferimento al secondo motivo di gravame, si osserva quanto segue.

Vero è che il delitto di cui all’articolo 572 Codice Penale solamente dal 2012 prevede che possa essere commesso anche contro meri conviventi.

È però ben noto che la giurisprudenza aveva già da tempo abbracciato una tesi meno restrittiva (cfr.  Sezione VI, sentenza n. 20647/2008), evidenziando che il reato, anche prima della riforma, era posto a tutela non solo dei rapporti familiari, ma anche in ogni diversa situazione in cui per strette relazioni e consuetudini di vita, via sia un rapporto di assistenza e solidarietà tra imputato e vittima.

Questo inciso fu inserito dallo stesso legislatore nella relazione illustrativa del DDL della riforma, ritenendo l’interpretazione giurisprudenziale da doversi codificare.

Nel caso di specie, è pacifica la presenza di un legame di consuetudine di vita, anche quando imputato e persona offesa vivevano nella stessa abitazione, seppur da “separati in casa”.

Letture consigliate:

Tratta di diritto penale – Riforme 2008-2015, Cadoppi, Canestrari, Manna, Papa, ed. Utet 2015.

Il delitto di maltrattamenti, Giuseppe Pavich, ed. Giuffrè 2012.

Se questo è amore, Maria Dell’Anno, ed. Luoghi Interiori 2019.