Avvocato? sì grazie, ma che sappia stare al suo posto
Bologna, 25 aprile 2016
Partecipare ad un incontro dedicato agli imprenditori e, in particolare, alle start up (nel caso di specie, Partire piccoli pensando in grande, Brainstorming Lounge a Bologna, giovedì 21 aprile, organizzato meritoriamente da Istituto Italiano Imprenditorialità) offre all’avvocato mille spunti di riflessione, purché partecipi con l’intento di ascoltare e di imparare e non con quello, esclusivo, di distribuire il proprio biglietto da visita. Mi soffermo su una conferma (almeno per me), che si ricollega al tema del ruolo dell’avvocato nella società, già presente in filigrana nei precedenti editoriali.
Implicitamente da tutti gli imprenditori relatori e da alcuni anche espressamente, è stato considerato pacifico che l’avvocato faccia parte del gruppo di lavoro, sin dall’inizio, al fine di fornire l’inquadramento giuridico del progetto e, auspicabilmente, anche dei rapporti tra gli attuali o i futuri soci. Ciò è confortante per la categoria.
Quello che per alcuni colleghi e forse anche per chi ci rappresenta potrebbe essere difficile comprendere è che l’avvocato è considerato dall’imprenditore soltanto uno tra i consulenti di cui avvalersi.
In altre parole, l’avvocato è una tra le tante figure di consulenti (compresi colleghi), portatori di esperienze e competenze notevolmente distanti e, è bene ricordarlo, spesso ben più importanti, di cui l’imprenditore è opportuno si circondi per avviare su solide basi e far decollare il business, in considerazione della natura, dell’oggetto e dei tempi di sviluppo.
Ritenere che il proprio ruolo pesi più di quello degli altri – oltre che espressione di vuota superbia – può portare a conseguenze nefaste, in termini di fallimento professionale e, quel che è peggio, dell’operazione.
Per questo l’umiltà di approccio e la capacità di entrare in punta di piedi in un progetto eventualmente già sviluppato (evitando reprimende del tipo “se mi avesse chiamato prima”) rappresentano a mio avviso la dote (pardon, lo skill) più apprezzata in questo tipo di progetti (dando per scontata la competenza).
Più in generale: abbandonare ogni velleità di unicità.
Banalità? forse sì ma io partirei anche da questo per cercare di aumentare l’indice di reputazione della categoria.
Buon San Marco (e un pensiero speciale ai nostri Marò).
Bologna, 25 aprile 2016
Partecipare ad un incontro dedicato agli imprenditori e, in particolare, alle start up (nel caso di specie, Partire piccoli pensando in grande, Brainstorming Lounge a Bologna, giovedì 21 aprile, organizzato meritoriamente da Istituto Italiano Imprenditorialità) offre all’avvocato mille spunti di riflessione, purché partecipi con l’intento di ascoltare e di imparare e non con quello, esclusivo, di distribuire il proprio biglietto da visita. Mi soffermo su una conferma (almeno per me), che si ricollega al tema del ruolo dell’avvocato nella società, già presente in filigrana nei precedenti editoriali.
Implicitamente da tutti gli imprenditori relatori e da alcuni anche espressamente, è stato considerato pacifico che l’avvocato faccia parte del gruppo di lavoro, sin dall’inizio, al fine di fornire l’inquadramento giuridico del progetto e, auspicabilmente, anche dei rapporti tra gli attuali o i futuri soci. Ciò è confortante per la categoria.
Quello che per alcuni colleghi e forse anche per chi ci rappresenta potrebbe essere difficile comprendere è che l’avvocato è considerato dall’imprenditore soltanto uno tra i consulenti di cui avvalersi.
In altre parole, l’avvocato è una tra le tante figure di consulenti (compresi colleghi), portatori di esperienze e competenze notevolmente distanti e, è bene ricordarlo, spesso ben più importanti, di cui l’imprenditore è opportuno si circondi per avviare su solide basi e far decollare il business, in considerazione della natura, dell’oggetto e dei tempi di sviluppo.
Ritenere che il proprio ruolo pesi più di quello degli altri – oltre che espressione di vuota superbia – può portare a conseguenze nefaste, in termini di fallimento professionale e, quel che è peggio, dell’operazione.
Per questo l’umiltà di approccio e la capacità di entrare in punta di piedi in un progetto eventualmente già sviluppato (evitando reprimende del tipo “se mi avesse chiamato prima”) rappresentano a mio avviso la dote (pardon, lo skill) più apprezzata in questo tipo di progetti (dando per scontata la competenza).
Più in generale: abbandonare ogni velleità di unicità.
Banalità? forse sì ma io partirei anche da questo per cercare di aumentare l’indice di reputazione della categoria.
Buon San Marco (e un pensiero speciale ai nostri Marò).