Basta Covid! I 10 vini da bere
Parlare di Vino è per me allo stesso tempo semplice e complicato.
Semplice, perché il Vino fa parte della mia vita fin da bambino nato nella bassa bolognese, quando, durante le frequenti incursioni nel podere di mio nonno materno, affittuario nella campagna tra Medicina e Castel Guelfo, partecipavo alle varie operazioni di preparazione del Vino. La raccolta delle uve, ovviamente, la pigiatura, la fermentazione nei tini aperti, i travasi, la torchiatura e infine la filtrazione per andare in damigiana, o più raramente in bottiglia. E, ovviamente, un bicchiere di Vino allungato con acqua, a ogni pasto.
Complicato, perché nel tempo il Vino è diventato un elemento importante della mia vita e della mia ricerca intellettuale, per diventare quasi una mania, per la ricerca di conoscenza che ha comportato e che comporta ancora oggi. Ricerca dell’incontro di luoghi e persone che contribuiscono in modo fondamentale all’espressione di questo prodotto, che non è solo bevanda, ma incontro quasi filosofico tra tutti gli elementi che lo costituiscono.
È perciò difficile individuare solo dieci Vini ai quali il mio cuore è particolarmente legato e che vi consiglio di bere in questi giorni a limitato respiro, ma proviamoci...
1. Voglio iniziare questo breve excursus con una ovvietà! Una bollicina extra lusso, lo Champagne Grande Cuvée di Krug. Lo so, da quando la proprietà è passata al gruppo LVMH, anche la direzione è rimasta alla famiglia Krug, lo stile è lentamente cambiato. Soprattutto la Grande Cuvée ha perso in buona parte quel timbro ossidativo caratteristico, ma il risultato finale è sempre affascinante e coinvolgente per la forza e l’eleganza che riesce a coniugare magistralmente. Se poi vi capita di trovare una bottiglia, o meglio ancora una magnum, di Millésime 1988 il piacere sarà veramente all’apoteosi.
2. Per tornare alle nostre terre e anche a livelli più accessibili, Il Mio Sauvignon di Camillo Donati. Un Vino al quale sono particolarmente affezionato perché mi ricorda, appunto, il Vino che mio nonno produceva per il consumo personale, dedicato alle grandi occasioni. Un Vino denso, riccamente profumato, con una intensità aromatica supportata dalla sospensione solida delle particelle fini dei lieviti di rifermentazione in bottiglia. Si, questo è il vero Vino del cuore!
3. Un Vino, frutto di un lavoro certosino di preparazione da parte del suo esigente artefice, è il Collio Bianco Ronco della Chiesa di Borgo del Tiglio. Prodotto da uve Friulano (l’antico Tocai), nel cuore del Collio, è un Vino sontuoso per l’intensità aromatica e la dinamica gustativa, con un gustoso finale amandorlato. Lasciategli qualche anno per digerire il legno che, immancabilmente, Nicola Manferrari utilizza e se per caso vi imbattete in una bottiglia di 1999, non lasciatevelo sfuggire.
4. Une delle più alte espressioni artigianali del Vino italiano è indubbiamente il Trebbiano d’Abruzzo di Valentini. Un Vino che in ogni annata esprime le peculiarità del millesimo e la capacità del produttore di interpretarle. Un Vino affascinante, che non tutti amano, ed estremo nelle sue note talvolta selvatiche, capace di grande personalità. Mai come in questo caso, vale la regola di aspettare il Vino diversi anni, per permettergli di digerire l’anidride carbonica residua. Se poi vi capita di trovare una bottiglia di 2010 o, meglio ancora, di 1988, vi troverete di fronte a capolavori.
5. Difficile scegliere tra i Vini bianchi francesi, ma senz’altro non posso dimenticare l’Alsace Grand Cru Hengst Riesling Vendange Tardive di Josmeyer. Un Vino capace di coniugare la forza, la scontrosità del vitigno, la potenza della Vendemmi Tardiva, con l’eleganza e la bevibilità che questo produttore ama perseguire. Il piacere assoluto! Il 1995 era incluso nella lista dei Cento Vini da Bere Prima di Morire, redatta dalla rivista inglese Decanter. Se lo trovate, non lasciatevelo scappare. Ma anche il 2001 è da annoverare tra i Vini da non perdere.
6. Giulio Armani sigla, a mio avviso, alcuni tra i più grandi Vini italiani del momento. In tutta modestia e in una zona non certo nota per l’appeal qualitativo. Il Dinavolo dell’azienda di famiglia, è un Vino macerato prodotto da uve Malvasia di Candia in prevalenza, di grande profondità e intensità aromatica. Da vigneti di alta collina, possiede una forza trascinante che affascina. Il 2010 è oggi un gioiello!
7. Elena Pantaleoni, con l’ausilio di Giulio Armani come enologo, è l’artefice di Macchiona nell’azienda agricola La Stoppa. Da uve Barbera e Bonarda, si tratta di un Vino travolgente per la piacevolezza e la capacità di coinvolgimento che è capace di comunicare. In più di vent’anni, ho visto cresce la qualità complessiva del loro progetto e in particolare di questo Vino e mi sento di dire che oggi Macchiona è uno dei più grandi Vini italiani. Se incontrate, oggi, il 2004 o il 2006, due Vini molto diversi tra loro, più teso e dinamico il primo, più denso e massiccio il secondo, non esitate ad accaparrarveli.
8. L’aristocrazia del Vino toscano è senz’altro rappresentato da Le Pergole Torte di Montevertine. Frutto di un progetto di valorizzazione del vitigno Sangiovese, ha dato negli anni vita a monumenti enologici di questa meravigliosa regione. Di estrema eleganza, esprime senza compromessi la forza di questo vitigno in una delle zone più classiche della regione del Chianti, quella di Radda. Tannino fittamente e delicatamente intenso e una profusione di frutti, si coagulano in un amalgama di nobile sensualità. Se la 2004 ha mantenuto le promesse che regalava, oggi dovrebbe essere piacere puro!
9. Tra i miei Vini del cuore, non può certo mancare un Borgogna. Un Vino fuori dal coro, il Volnay 1er Cru Clos des Chênes del Domaine Lafarge, interpretazione molto personale e tutta in potenza dell’eleganza di questa denominazione. Vino denso e rugoso che stabilisce un legame intenso tra il territorio e la scontrosità del vitigno. Ha bisogno di tempo per distendersi e avvolgere chi beve nella voluttà del suo corpo. Se trovate una bottiglia di 1999, non fatevela scappare. E magari la pagherete ancora un prezzo ragionevole. Cosa che non si può dire per gran parte della Borgogna di oggi.
10. E, ovviamente, non può mancare un Barolo! Ma, mai come in questo caso, non è facile scegliere! Sono tanti i Vini di questa denominazione che mi hanno regalato emozioni indimenticabili, ma, se proprio devo, il prescelto è il Barolo Riserva Gran Bussia dei Poderi Aldo Conterno. Prodotto nel cuore del comune di Monforte d’Alba, ha contribuito più che degnamente all’affermazione qualitativa di questa zona con uno stile capace di coniugare l’eleganza su una materia imponente e difficile da domare. Se avete la fortuna di trovare una bottiglia della triade magica; 1988, 1989, 1990, non esitate. Ma anche il 1995 è una grande bottiglia. Il 2001, più morbido, dona piacere immediato. Come per molti Vini di alta gamma, ahimè, i prezzi sono diventati imbarazzanti.