Beniamino Zuncheddu: “L’errore giudiziario” che farà storia
Beniamino Zuncheddu da 31 anni sconta una condanna all'ergastolo per un triplice omicidio, che non ha commesso. E’ in corso davanti la Corte di appello di Roma il processo di revisione, richiesto dalla Procura Generale di Cagliari.
Oggi è stata disposta una super-perizia che dovrà trascrivere le intercettazioni ambientali e telefoniche che sembrano scagionare Beniamino Zuncheddu.
E’ stato nominato il perito Garau che procederà alla trascrizione IPA come richiesto dalla Corte che ha aggiornato a settembre per la decisione finale.
Zuncheddu, ad oggi, è l’autore della strage di Sinnai avvenuta nel cagliaritano nel gennaio 1991.
Sono molti i motivi per dubitare della colpevolezza di Beniamino Zuncheddu che per tante circostanze risulta non essere l’uomo che, con precisione “paramilitare” si è reso responsabile di un’azione “preparata nei minimi dettagli” e “non alla portata di tutti”, i virgolettati sono considerazioni dei giudici nelle sentenze che hanno accompagnato Zuncheddu all’ergastolo.
Chi aveva agito sapeva quanti fossero e dove si trovassero i bersagli, conosceva i luoghi e aveva scelto una posizione agevole per poi colpire con sette fucilate le vittime.
In primo luogo non è secondario evidenziare che la revisione del processo è stata richiesta dalla Procura Generale di Cagliari che nella ponderosa richiesta di 125 pagine sottolinea le numerose circostanze incongruenti nella vicenda processuale di Zuncheddu.
Prima circostanza: Beniamino Zuncheddu ha “una spalla fuori uso dalla nascita” e dunque non avrebbe potuto imbracciare e utilizzare l’arma con la rapidità e sicurezza necessarie, tenuto conto che il killer aveva dovuto agire in pochi minuti.
Seconda circostanza: le condizioni di luce al momento del fatto e la posizione del teste oculare lasciano interdetti sulla reale possibilità che possa aver visto le fattezze dell’assassino.
La scena del crimine è stata ricostruita attentamente dai consulenti della difesa che hanno dimostrato le precarie condizioni di visuale dell’unico testimone. In particolare un colonnello dei carabinieri dell'ufficio tecniche investigative di Velletri ha ricostruito con uno scanner 3D la scena del crimine ed ha dimostrato che il teste nella posizione descritta all'interno dell'ovile non avrebbe mai potuto riconoscere le fattezze di un uomo con le condizioni di luce presenti, anche se l'assassino fosse stato a volto scoperto.
Terza circostanza: nelle 125 pagine della richiesta di revisione, l’ex procuratrice generale di Cagliari Francesca Nanni, oggi a Milano e l’avvocato Mauro Trogu, difensore di Zuncheddu, sono convinti che l’unico teste abbia dichiarato il falso.
La Procura punta il dito contro il sopravvissuto (autore seconda la Procuratrice Generale di una “falsa testimonianza”) e chiama in causa anche un ex sovrintendente di Polizia che avrebbe “sviato le indagini convincendo” Pinna “a dichiarare il falso”: Mario Uda.
Questi “forse si era convinto che Zuncheddu fosse colpevole” sulla base di fonti confidenziali e avrebbe “inquinato” le indagini facendo pressioni di vario tipo al teste oculare.
L’inquinamento delle indagini si sarebbe concretizzato quando è stata mostrata al testimone la fotografia del pastore di Burcei “in anticipo” rispetto al riconoscimento ufficiale avvenuto circa dopo 40 giorni i fatti davanti al pm. Se così fosse, “l’unica fonte di prova” a carico di Zuncheddu sarebbe “inattendibile” pur rappresentando la “prova regina per la condanna”.
Tali dubbi sono suffragati dall’iniziale versione di Pinna il quale, nell’ambulanza che lo porta in ospedale, dichiara ai carabinieri di non poter riconoscere l’assassino perché “aveva un collant da donna sul volto”; un mese e mezzo dopo aveva cambia versione e sostiene che in realtà l’assassino era a volto scoperto ed identificabile. Era il 22 febbraio 1991. In quei quaranta giorni il teste ha avuto numerosi colloqui con agenti della Criminalpol. Un palese condizionamento del testimone.
Quarta circostanza: le trascrizioni delle intercettazioni ambientali sull’auto del testimone oculare quando nel febbraio 2020, già avviata la nuova inchiesta a Cagliari, Pinna era stato convocato in Procura generale per ricordare quanto accaduto.
Terminato il colloquio era salito in auto e, intercettato, aveva detto alla moglie, che voleva sapere cosa gli avessero chiesto, di aver “cercato di fare lo scemo” ma che “non fa a fare lo scemo, sono troppo intelligenti...”, “mi volevano far dire che Marieddu (Uda) mi ha fatto vedere la fotografia prima...loro hanno capito che è veramente così, ed è la verità...”, “quello che è successo veramente già l’hanno capito...perché Marieddu mi ha fatto vedere la fotografia prima di Beniamino”.
Frasi ritenute eloquenti e alla base del nuovo processo. Secondo la difesa che ha incaricato un consulente le intercettazioni rivelano dell’altro. L’avvocato Trogu tramite i suoi consulenti ha riscontrato che le intercettazioni contengono ulteriori conferme della mala fede del teste oculare.
Da qui la necessità di procedere ad una trascrizione prima in sardo e successivamente in italiano per non disperdere nulla della conversazione.
Beniamino Zuncheddu attende che la giustizia riconosca la sua innocenza dopo undicimilaetrenta giorni di carcere, Filodiritto sarà insieme a lui e ai tanti, troppi errori giudiziari del nostro sistema giustizia.
Ringraziamo per la foto gli amici di Errorigiudiziari.com che seguono la vicenda insieme a noi.