x

x

Bukowski: cui prodest? Recensione al libro “Sul bere” di Charles Bukowski

Non ho mai conosciuto Charles Bukowski!
Recensione libro "Sul bere"
Recensione libro "Sul bere"

Nella mia non più brevissima vita, ho conosciuto diversi ubriaconi. Utilizzo questa parola senza darle un’accezione negativa, solo una constatazione di una vita dedicata all’assunzione quotidiana di alcool. Senza contare i clienti abitualmente quotidiani del locale che avevo a Bologna...

Ho conosciuto Borsari. Frequentava assiduamente il bar di proprietà dei genitori di un amico e anch’io ci andavo spesso quando ero adolescente, per giocare a biliardo. Borsari era un orfano politico del ventennio mussoliniano. Sempre vestito di nero, con un’aria un po’ lasciva, era appiccicoso come il miele.

Squattrinato indomito, non so come facesse a pagarsi il bere. Forse qualcuno, o più d’uno, glielo offriva. Ma, viste le condizioni economiche difficili, si sostentava a liquidi: il mattino con enormi bicchieri di latte, pieni a metà di zucchero per fare il pieno di calorie. Dal primo pomeriggio iniziava a bere vino, qualsiasi vino; l’importante era dare la carica al tasso alcolico. Ogni giorno! Verso sera, le sue condizioni erano sempre instabili; vacillava, biascicava e, se facevi l’errore di rivolgergli anche solo un saluto, non te lo toglievi più di torno.

E i suoi racconti erano sempre legati alla nostalgia del fascismo, con analisi sempre più iperboliche e sempre più complicate da capire. Un po’, per le sue difficoltà di espressione, un po’ per l’evidente confusione dei suoi pensieri.

Ho conosciuto un manovale della cooperativa edile presso la quale lavoravo durante le vacanze scolastiche estive. Non ricordo il nome, ma ricordo che era magrissimo, con muscoli vibranti sotto la pelle tesa e un tremore continuo nelle mani, a causa del delirium tremens. Io mi occupavo del frigo delle bevande a disposizione, a pagamento, di chi lavorava nel cantiere.

Me lo trovavo spesso davanti, con gli occhi rossi e imploranti perché gli dessi una birra di nascosto dal capo cantiere, che lo teneva costantemente sotto controllo. Era un lavoratore fortissimo! Ma se gli permettevi di bere, oltre a contribuire alla sua condizione fisica già gravemente compromessa, il suo rendimento calava spaventosamente, per arrivare all’immobilismo nel tardo pomeriggio. Un uomo buono, lo vedevi dai suoi occhi, annientato dal bisogno costante di assunzione di alcool. Non ho mai saputo cosa lo avesse spinto su questo percorso.

Ho conosciuto Gefa, non ho mai saputo il suo vero nome, compagno di merende di mio babbo. Uomo ribelle mai domo, amava il vino, le donne e la bicicletta, non è chiaro in quale ordine. Non so cosa avesse fatto nella vita, so solo che negli ultimi anni della sua vita aveva una capanna dietro la vetreria di Medicina e sfasciava le casse che contenevano il fragile elemento per rivendere il legno.

Ma la sua capanna era punto d’incontro etilico di molti amanti della compagnia e del vino. Con mio babbo avevano un rapporto speciale e spesso facevano spedizioni nel fine settimana verso le colline tosco romagnole alla ricerca di merende infinite, che iniziavano al mattino presto e si concludevano verso sera, dopo svariate soste in locali a loro già noti, in un convivio infinito sempre annaffiato di vino a profusione.

Ogni tanto scappava di casa, alla rincorsa di un amore provvisorio, o per partecipare a una baldoria infinita. A volte, tornava a casa dalla famiglia, dopo qualche giorno e si rinchiudeva in camera per recuperare un barlume di sobrietà. A volte, la moglie, e negli ultimi anni la figlia, lo andavano a raccogliere, dimenticato in qualche osteria o in qualche cascina di campagna più o meno abbandonata. Gaudente esagerato e positivista!

 

Ma, non ho mai conosciuto Charles Bukowski! Certo, ho letto qualche suo libro: Diario di un Vecchio Sporcaccione, Storie di Ordinaria Follia e, adesso, Sul Bere.

 

Una sorta di summa della filosofia di vita dell’autore. Una filosofia complessa, difficile da riassumere in poche parole, che forse è possibile ricondurre a un bisogno di vivere la propria vita in estrema libertà.

Una libertà non priva di conseguenze non proprio eleganti, tipiche di chi vive ai margini, capace di portare alla distruzione anche il più incallito amante della vita: “Ma non riesco a non pensare agli anni in stanze solitarie quando le uniche persone che bussavano alla mia porta erano le proprietarie che chiedevano l’affitto arretrato, o l’FBI. Ho vissuto con ratti e topi e vino e il mio sangue strisciava sulle pareti in un mondo che non riuscivo a capire e che non capisco tuttora”.

Una filosofia evidentemente venata da un profondo individualismo e da scetticismo verso l’umanità: “Per quanto mi riguarda credo di reggere più l’alcol del genere umano”.

Se dobbiamo credere ai racconti di Charles Bukowski, e non abbiamo motivo di dubitare, le sue attività principali nella vita sono state il bere, lo scrivere e giacere con donne, le più disparate.

Questa raccolta di brani, di varietà sconcertante, ci racconta di una vita dedicata all’alcol, ancora giovanissimo, prima ancora di dedicarsi alla scrittura, prima ancora di dedicarsi alle donne.

Ci parla di una dedizione alla bottiglia, a qualsiasi bottiglia, che si fa forma d’arte, la sola forma d’arte; quasi programmaticamente: “Ho accantonato la scrittura con un senso di disgusto. Bere e scopare con le donne era diventata la mia forma d’arte. Non ho sfondato in quel campo con una sensazione di gloria, però mi sono fatto un sacco di esperienze che in seguito avrei utilizzato – specialmente nei racconti. Ma non raccoglievo quelle esperienze per scrivere, perché avevo riposto la mia macchina da scrivere nella fondina…

Ma la scrittura ritorna prepotentemente: “però non ho mai considerato sul serio di ritirarmi dal gioco della scrittura, volevo solo fare una pausa di dieci anni immaginando che se fossi diventato famoso troppo presto non mi sarebbe rimasto slancio per la volata finale slancio che invece ho adesso, grazie di cuore, il tutto mescolato ancora con la bottiglia”.

E il racconto si fa sempre più ricco di particolari, anche i più raccapriccianti. D’altra parte, chi vive ai margini della società, in compagnia di una bottiglia, di tante bottiglie, e dei personaggi più incredibili del panorama umano, deve fare i conti con una poesia aspra e veramente poco convenzionale e sdolcinata. In compagnia di persone di rara umanità, spesso sotto l’effetto dell’alcol come il protagonista, ma anche sobri fino all’osso del collo. Al punto di far pensare che le situazioni più assurde, talvolta, siano colpa dell’estrema sobrietà dei personaggi coinvolti, non dell’alcol.

Certo, una vita e un racconto fuori dall’ordinario, storie di ordinaria follia, alla ricerca di sensazioni estreme, non comuni, difficili da sostenere per una sensibilità comune: Bere ha a che fare con la sfera emotiva. A intermittenza ti porta fuori dalla routine quotidiana, fuori dalle cose sempre uguali. Ti strappa fuori dalla tua mente e dal tuo corpo e ti sbatte contro il muro. Ho la sensazione che il bere sia una forma di suicidio dove ti è però consentito ritornare alla vita e ricominciare tutto da capo il giorno dopo. È come ammazzarsi e poi rinascere. Immagino di avere vissuto dieci o quindicimila vite fino ad ora...”.

Morire per rivivere, non è certo una novità. D’altra Charles Bukowski, ogni tanto, infila anche banalità degne dei famosi e prolissi cioccolatini: Ecco qual è il problema con il bere, pensai, mentre me ne versavo uno. Se succede qualcosa di brutto bevi per dimenticare, se succede qualcosa di bello bevi per festeggiare e se non succede niente bevi per far succedere qualcosa”.

Qualcosa deve essere scattato in Charles Bukowski per fargli capire che le sue scelte estreme, potenza del mercato americano, capace di premiare in senso economico anche i percorsi più irriverenti, gli permettevano di vivere in pace e senza affanni finanziari: Tutte le cose che scrivo le scrivo da ubriaco. Tutte le volte che sono alla macchina da scrivere sono sbronzo. Come posso lamentarmi? Dovrei lamentarmi dei diritti d’autore? Sono pagato per bere. Mi pagano per bere. È il massimo.

Infatti, anche le sue scelte etiliche cambiano, si raffinano. Dalla birra e dal whisky, passa al vino. Vino bianco della Mosella, tre bottiglie per sera, vino italiano, vino buono: Bevo più che altro buon vino, e anche adesso, naturalmente, lo sto bevendo. Ora sto alla larga dai bar, preferisco bere da solo. E la roba di qualità procura doposbronza meno feroci. Adesso bevo per più ore ma bevo molto più lentamente di prima. E tutto questo ha aumentato il numero di pagine che scrivo. E sono sempre stato vergognosamente prolifico”. Da amante appassionato del vino, non posso che esserne contento.

Ma, in fin dei conti, tutto ciò sembra non avere senso, quando dichiara liberamente: Non ho mai pensato di poter scrivere senza la bottiglia. Ma negli ultimi cinque o sei mesi ho avuto una malattia che ha limitato le mie bevute. Così mi sedevo a scrivere senza la bottiglia, e usciva tutto nello stesso modo. Quindi non ha importanza. O forse scrivo da ubriaco anche quando sono sobrio.

E allora, cui prodest?

 

Scheda del libro

Titolo: Sul bere

ISBN: 9788823524040

Autore: Charles Bukowski

Collana: Narratori della Fenice

Casa Editrice: GUANDA

Dettagli: 304 pagine, Cartonato

Prezzo: € 18,00