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Censura: in Svezia la prima biblioteca dedicata ai libri maledetti

Quando la parola faceva paura (e veniva censurata)
censura libri
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È il tuo preferito? Devi bruciarlo con gli altri, e tu sei in arresto! 

Censura: le parole che fanno paura

Le parole hanno sempre fatto paura. Il pensiero ancora di più, quel procedimento misterioso attraverso il quale le menti illuminate riuscivano a condizionare le coscienze altrui, provocando sommosse, scatenando pensieri critici, annichilendo idee e ideologie, sgretolando dittature.

La paura è stata sempre più forte di tutto, al punto che, spesso, i responsabili delle idee sono stati puniti, chi con la tortura, chi con la vita, e chi "soltanto" con la censura. Perché il mettere a silenzio una voce può riguardare le idee (pensiamo ai giornalisti fatti tacere) ovvero gli scritti (pensiamo a tutti i libri scomodi e alle opere teatrali e ai film, che alla voce uniscono la forza evocativa delle immagini), in ogni caso sempre la parola contro i governi, le dittature o i poteri forti

Quasi sempre è così, almeno sino al 2020, quanto invece è accaduto l'inverso con l'emblematico caso di Twitter che ha censurato le frasi del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, vicenda unica che apre il (legittimo) dubbio se sia corretto e accettabile che una società privata intervenga per zittire un personaggio politico del peso del tycoon.

Censura: quando la voce dissonante diventa un esempio: "L'amante di Lady Chatterley"

Fin da piccolo, uno dei romanzi che "rubavo" dalla libreria di mio padre era "L'amante di Lady Chatterley", il romanzo di David Herbert Lawrence da più parti definito "Il romanzo più sconveniente che sia mai stato scritto". Quando un giorno mio padre mi vide leggerlo, vinse il mio e il suo imbarazzo, mi prese da parte, mi sorrise e mi raccontò la storia travagliata che il libro aveva avuto nel nostro paese. "Stai leggendo un pezzo di libertà" mi disse compiaciuto, e da quella volta la lettura assunse un sapore diverso, più amaro forse, ma anche più fiero.

Una storia complessa quella di questo libro, pubblicato per la prima volta nel 1929 in inglese da un editore italiano, il toscano Giuseppe Orioli che presiedeva la The Lungarno Series. Dopo infinite vicissitudini e la pubblicazione dell'opera pesantemente rimaneggiata, dopo divieti di edizione, censure, cause e processi, il libro fu liberamente pubblicato solo nel 1960, 32 anni dopo essere stato scritto, e 30 dopo la morte di Lawrence, segnando così la fine definitiva del moralismo vittoriano. Per la cronaca, il libro scalò rapidamente le classifiche di vendita americane, arrivò al secondo posto dei più comprati e in un anno vendette 2 milioni di copie.

Censura: una biblioteca che assomiglia a un museo (o a un monumento)

Nasce a Malmö, in Svezia, una biblioteca che celebra la forza terrificante della parola. Si tratta della biblioteca dedicata a Dawit Isaak, un luogo suggestivo che contiene libri di scrittori che, a causa della loro professione o delle loro idee, sono stati ostracizzati, censurati, messi a tacere o costretti all’esilio.

Un luogo pubblico per tutti, senza vincoli, senza filtri, il contrario della censura, dunque. Un posto magnetico che sembra più un monumento alla libertà di espressione, da un lato, e un museo della violenza dall'altro.

Censura: la figura di Dawit Isaak 

Questa strutture è dedicata a Dawit Isaak, classe 1964, drammaturgo, giornalista e scrittore svedese-eritreo, arrestato in Eritrea il 23 settembre del 2001, nella sua casa di Asmara, e incarcerato senza alcun processo. reo di aver scritto articoli critici sul regime, giudicati dal governo locale come sediziosi.

Isaak è stato considerato dalle autorità africane un traditore dello stato e per questo incarcerato. In cella da 20 anni per un reato di opinione, Dawit Isaak è diventato una bandiera del movimento di Amnesty International, che negli anni ha cercato in ogni modo di farlo liberare.

Censura: la biblioteca della libertà (di espressione)

Nasce così questa biblioteca consacrata alle vittime della censura, sui cui scaffali riposano copie di opere antiche e contemporanee che sono state censurate o bruciate in diversi paesi, scritte da autori che sono stati messi a tacere, minacciati, ostracizzati, allontanati o, appunto, imprigionati a causa delle loro idee e delle parole che hanno avuto il coraggio di rendere pubbliche.

Sono 1.600 le opere per ora catalogate, ma la biblioteca è già alla ricerca di altri testi, per ampliare la collezione e mettere a scaffale quante più opere censuate possibile. Ricordate che

se siete a conoscenza di opere bandite od osteggiate, potete segnalarle alla biblioteca inviando i vostri suggerimenti a questo link.

La collezione riguarda anche la musica, spesso soggetta alla censura (pensiamo solo all'epoca del rock) nonché opere teatrali vietate.

Tutto questo proprio quando giunge la (attesa) notizia della firma di un decreto da parte del ministro della cultura Franceschini che sancisce l'abolizione definitiva della censura cinematografica.

Il decreto stabilisce che sarà creata una nuova Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche, la quale potrà soltanto vietare la visione di certi film ai minori di 18 anni. Ma non potrà mai più vietare a certi film di uscire nei cinema o imporre tagli, censure o modifiche a determinate scene (pensiamo soltanto all'incredibile e lunghissima vicenda di "Ultimo tango a Parigi" di Bernardo Bertolucci).

È un lavoro come gli altri, un buon lavoro, piuttosto vario. Il lunedì bruciamo Lucrezio, il martedì Molière, mercoledì Machiavelli, giovedì Goldoni, venerdì Voltaire, il sabato Sartre e la domenica Dante. Li riduciamo in cenere poi bruciamo le ceneri. È questo il nostro motto. 

Censura: una storia (anche) italiana

Anche l'Italia ha fatto la sua parte nel capitolo censura di libri. A partire da quel romanzo impolverato, in edizione economica, infilato da tempo nella libreria dei miei genitori, quel "L'amante di Lady Chatterley" così tanto osteggiato, i libri vietati sono stati tanti.

I casi si sono susseguiti, tra la censura politica (ricordiamo "Viva Caporetto" di Curzio Malaparte, "Garofano Rosso" di Elio VIttorini, "Dottor Zivago" di Boris Pasternàk) alimentata da una Democrazia Cristiana che non voleva far vedere davvero i propri elettori, e una censura che difendeva l'onore e il pudore (il Pasolini di "Ragazzi di vita", "Tropico del Cancro" di Henry Miller, "Porci con le ali", caso nostrano di Lidia Ravera e Marco Lombardo Radice, fino ad arrivare al Tondelli di "Altri libertini").

Tutta questa battaglia, durata dagli anni quaranta del dopoguerra alla fine degli anni settanta, pur non spegnendosi mai davvero del tutto, ha seguito quella che è stata poi la sorte della Democrazia Cristiana nel nostro paese, spegnendosi di fatto con la fine della prima repubblica all'inizio degli anni novanta, con l'ultimo, eclatante caso, quello di Aldo Busi e di quelli definiti come "Atti pubblici in luoghi osceni" del suo libro "Sodomie in corpo 11". Una vicenda che ha fatto clamore, più per il processo trasmesso su Rai 3 alla trasmissione "Un giorno in pretura" che per l'effettiva natura giuridica della vicenda, conclusasi con una scontata assoluzione dell'istrionico e talentuoso scrittore, e che ha giovato più al marketing e alle vendite del libro che al resto delle contesa, trattandosi dell'ultimo colpo di coda di una situazione che da tempo languiva.

Da quel momento è rimasta la spada di Damocle di una censura che realmente non ha più fatto sentire la sua sagacia, la sua forza, il suo potere devastante, sgretolata da un opinione pubblica che è stata capace, anche grazie all'opera di magistrati avveduti che hanno saputo leggere tra le righe di una legge di fatto già morta da anni, nella maniera più corretta, assolvendo quasi sempre gli scrittori, gli editori, i traduttori, trasformandoli da imputati a eroi resistenti di una cultura che cercava la sua consacrazione "popolare".

Censura: anche i libri i per bambini nella biblioteca

C'è anche un po' di infanzia tra i libri presenti sugli scaffali della biblioteca dedicata alla censura. Tra questi, il meraviglioso libro per bambini scritto da Leo Lionni, negli anni divenuto un vero classico (io stesso l'ho comprato e letto più volte a mio figlio) ovvero “Piccolo blu e piccolo giallo”, testo che fu bandito nel 2015 dal sindaco di Venezia Luigi Brugnaro che ha avuto modo di definirlo “gender”, accusandolo di trattare argomenti che non devono essere affrontati in una scuola, ma solo in famiglia.

A parte la motivazione ridicola espressa da Brugnaro, posso assicurarvi che il libro di Lionni nulla ha a che vedere con affermazioni di questo tipo, e che il discorso gender, negli anni in cui fu scritto, era assolutamente lontano ed estraneo all'autore americano-olandese naturalizzato italiano.

C'è anche “La storia del toro Fernandino” di Munro Leaf, libro che fu bandito dal regime franchista spagnolo perché considerato “propaganda pacifista”, e come tale sgradito alle autorità. Il libro, invece, fu bruciato in tutte le sue copie dalla Germania nazista guidata da Adolf Hitler.

Censura: le parole della direttrice e la sedia vuota

Emelie Wieslander, direttrice della biblioteca, ha avuto modo di dire: “Abbiamo deciso di creare la Dawit Isaak Library dopo aver realizzato che non esisteva alcuna biblioteca pubblica che potesse offrire la letteratura che è o è stata bandita o censurata. È importante che le biblioteche siano spazi in cui le persone possono formare le proprie opinioni. E per questo, le persone hanno bisogno dei fatti. Censurare libri e idee non rafforza la democrazia, al contrario”.

Ha inoltre aggiunto Pernilla Conde-Hellman, direttrice culturale della Città di Malmö: “La biblioteca Dawit Isaak è unica nel suo genere ed è un modo per noi di contribuire concretamente agli obiettivi fissati a livello nazionale e internazionale nell’area della cultura e della libertà di espressione”.

All’interno della nuova biblioteca di libri censurati c’è una sedia vuota. Sta lì, in mezzo a una stanza, e aspetta Dawit Isaak. Perché un giorno dovrà essere liberato, tornerà in Svezia e vi siederà sopra, un po' stanco e invecchiato.
Ma felice.
Si guarderà intorno, incrocerà gli sguardi commossi degli astanti, abbasserà il capo e si porterà le mani sugli occhi, per nascondersi. Poi però, quelle mani le toglierà e si lascerà andare a un pianto liberatorio, finalmente.
Il pianto della libertà. 

I romanzi non sono la vita. Cosa speravi di ricavare da tutte quelle parole stampate, Montag, la felicità? Quell'immondizia può far diventare pazzo un uomo! Cosa speravi di imparare, il segreto per camminare sull'acqua? Montag, devi imparare a pensare un po! tutte queste ricette di felicità sono in contrasto fra loro, quindi lasciamo pure bruciare questo mucchio di contraddizioni. Siamo noi [I pompieri] che in questo momento lavoriamo per la felicità, bruciando questi libri.

Nota: le frasi citate sono prese dalla sceneggiatura del film del 1966 "Fahrenheit 451"  di François Truffaut tratto dal romanzo per eccellenza sulla censura dei libri scritto da Ray Bradbury e pubblicato nel 1954.