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Art. 410 - Vilipendio di cadavere

1. Chiunque commette atti di vilipendio sopra un cadavere o sulle sue ceneri è punito con la reclusione da uno a tre anni.

2. Se il colpevole deturpa o mutila il cadavere, o commette, comunque, su questo atti di brutalità o di oscenità, è punito con la reclusione da tre a sei anni.

Rassegna di giurisprudenza

Al fine della sussistenza dell'ipotesi aggravata del reato di vilipendio di cadavere è sufficiente il dolo generico, ovvero la consapevolezza di operare la mutilazione, nella cui condotta è insito il vilipendio (Sez. 3, 16569/2007).

L'elemento psicologico del reato di vilipendio di cadavere consiste nel dolo generico, ed è integrato quando l'agente sia consapevole che la condotta posta in essere è idonea ad offendere il sentimento di pietà verso i defunti ed è vietata da disposizioni regolamentari (come per il caso di esumazione parziale), o comunque non è strettamente necessaria all'espletamento dell'attività eventualmente lecita che comporta la manipolazione dei resti umani (Sez. 3, 17050/2003).

Ai fini della tutela penale accordata dall'art. 410, rientrano nella nozione di «cadavere» tutti i resti umani tuttora capaci di suscitare l'idea della pietà verso i defunti. Ai fini della sussistenza del delitto aggravato previsto dal capoverso dell'art. 410, nel caso di mutilazione di cadavere, non occorre il dolo specifico, ma è sufficiente il dolo generico e cioè la coscienza e la volontà di operare la mutilazione, essendo il vilipendio insito in quest'atto così da doversi considerare ultronea l'indagine sull'intenzione di vilipendere. I reati di vilipendio e di occultamento di cadavere possono concorrere (Sez. 3, 1107/1972).