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Art. 35 - Estensione della disciplina relativa all’imputato

1. All’ente si applicano le disposizioni processuali relative all’imputato, in quanto compatibili.

Stralcio della relazione ministeriale di accompagnamento al D. Lgs. 231/2001

Si veda sub art. 34.

 

Rassegna di giurisprudenza

La cancellazione dal registro delle imprese della società alla quale si contesti (nel processo penale che si celebra anche nei confronti di persone fisiche imputate di lesioni colpose con violazione della disciplina antinfortunistica) la violazione dell'art. 25-septies, comma 3, del d. lgs. 231/2001, in relazione al reato di cui all'art. 590 c.p., che si assume commesso nell'interesse ed a vantaggio dell'ente, non determina l'estinzione dell'illecito alla stessa addebitato (Sez. 4, 9006/2022).

L’imputato non è legittimato a far valere la nullità del decreto di giudizio immediato emesso nei suoi confronti per omesso interrogatorio delle società citate in base al D. Lgs. 231/2001, trattandosi di una (pretesa) violazione del diritto di difesa spettante ad altro soggetto (appunto, le società chiamate a rispondere della propria responsabilità amministrativa). In ogni caso, la violazione non sussiste, posto che l’art. 35 estende all’ente le disposizioni processuali relative all’imputato, ma solo “in quanto compatibili” e l’interrogatorio non rientra in tale compatibilità (Sez. 1, 40625/2014).

In senso contrario: Con specifico riguardo ai requisiti di validità dell’atto con il quale viene contestato all’ente l’illecito amministrativo, individuato dall’art. 59 in uno degli atti elencati nell’art. 405, comma 1, CPP risulta assente una disciplina speciale. In presenza del primo dei presupposti, ossia l’assenza di una disciplina speciale, occorre dunque verificare se vi sia compatibilità tra il rito tipico della responsabilità degli enti e le norme del codice di procedura penale, con specifico riguardo, per quanto qui d’interesse, alla contestazione formulata mediante richiesta di rinvio a giudizio. L’ente ricorrente invoca, infatti, l’applicazione in suo favore della regola, stabilita dall’art. 416, comma 1, CPP secondo la quale la richiesta di rinvio a giudizio è nulla se non sia preceduta dall’invito a presentarsi per rendere l’interrogatorio ai sensi dell’art. 375, comma 3, CPP qualora la persona sottoposta alle indagini abbia tempestivamente formulato la relativa istanza. Si chiede, in sostanza, che la previsione dell’art. 59 venga integrata da una norma prevista dal codice di rito a garanzia dell’esercizio di difesa della persona indagataVa considerato che il limite descritto in termini di «compatibilità» attiene alla struttura del procedimento, dovendosi ritenere espunti dal rito speciale quegli istituti incompatibili con l’assenza di misure cautelari personali coercitive e di controllo giurisdizionale in fase di archiviazione che connota la struttura di tale rito. Conseguentemente, superano il vaglio di compatibilità quelle norme del codice di rito che regolino scansioni procedimentali ed attività processuali non estranee al rito speciale nella struttura delineata dal legislatore. Sulla base di tale premessa, risulta evidente la compatibilità tra i presupposti di validità della richiesta di rinvio a giudizio disciplinati dall’art. 416, comma 1, CPP ed il rito speciale nei confronti dell’ente, trattandosi di regole che s’inseriscono in una scansione procedimentale espressamente richiamata dall’art. 59 e che riguardano la garanzia del diritto di difesa, ossia di un principio costituzionale sotteso alle disposizioni del codice di rito richiamate in chiave integratrice dall’art. 34D’altro canto, nel caso concreto lo stesso organo dell’accusa ha ritenuto applicabile la disciplina dell’art. 415-bis CPP comunicando all’ente l’avviso di conclusione delle indagini preliminari e, tuttavia, trascurando di convocare il rappresentante dell’ente per rendere l’interrogatorio. Si deve considerare, inoltre, che a norma dell’art. 39, comma 1, l’ente partecipa al procedimento penale con il proprio rappresentante legale, salvo che questi sia imputato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo. La necessaria alterità, imposta dalla legge, della persona dell’imputato e del legale rappresentante dell’ente al quale sia contestata la responsabilità amministrativa, doveroso riscontro al possibile conflitto d’interessi espresso anche dalle incompatibilità a testimoniare previste dagli artt. 39, comma 2, e 44, comma 1, conferma la correttezza della conclusione appena raggiunta. L’eccezione, tempestivamente proposta sin dal primo grado di giudizio, avrebbe, dunque, imposto la dichiarazione di nullità della richiesta di rinvio a giudizio dell’ente il cui legale rappresentante non era stato invitato a presentarsi a rendere l’interrogatorio ai sensi dell’art. 375, comma 3, CPP tanto più che, nel caso di specie, tale parte processuale, necessariamente distinta dall’imputato, non aveva già ricevuto, anche per atto equipollente, la contestazione degli addebiti (Sez. 4, 31641/2018).

Nell’ambito del procedimento per responsabilità amministrativa, l’ente può nominare più di un difensore, fino ad un massimo di due, analogamente a quanto previsto dall’art. 96 comma 1 CPP in riferimento all’imputato, com’è possibile ricavare dal disposto degli artt. 34, 35, 39 comma 3, 40 e 41 (TDR del Tribunale di Lecce, ordinanza del 18 dicembre 2015).