Council of Europe Framework Convention on Artificial Intelligence and Human Rights, Democracy and the Rule of Law : il Consiglio d’Europa alla sfida dell’IA
Council of Europe Framework Convention on Artificial Intelligence and Human Rights, Democracy and the Rule of Law : il Consiglio d’Europa alla sfida dell’IA
E’ da qualche tempo che i Paesi Europei si stanno occupando di Intelligenza Artificiale e delle questioni ad essa sottese, tra cui i suoi diversi ambiti di applicazione ed il suo impatto sulla realtà quotidiana dei cittadini e degli operatori di vari settori.
Il 13 giugno 2024, dopo mesi di lavori, è stato finalmente promulgato il Regolamento UE 2024/1689 del Parlamento Europeo e del Consiglio, noto come “AI Act”, entrato in vigore il 1 agosto 2024, che detta regole comuni sull’armonizzazione in materia di sistemi di IA.
L’Italia, per parte sua, quest’anno ha dato seguito ad una proposta di legge in materia di IA volta a promuovere l’utilizzo delle nuove tecnologie per il miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini e della coesione sociale, ed a fornire soluzioni per la gestione del rischio fondate su una visione antropocentrica.
In questo solco si pone anche l’intervento del Consiglio d’Europa che, in data 5 settembre 2024, ha sottoposto alla firma il “Council of Europe Framework Convention on Artificial Intelligence and Human Rights, Democracy and the Rule of Law” , con cui ha incentrato il proprio focus e la propria attenzione sugli aspetti della tutela dei diritti umani, della democrazia e delle norme di diritto.
Il primario obiettivo che si è posto il Consiglio d’Europa è stato quello di assicurarsi che gli Stati sottoscrittori della Convenzione implementino e mantengano una legislazione e delle procedure amministrative appropriate al fine di garantire, per tutto il periodo di utilizzo di un sistema di intelligenza artificiale, il rispetto dei diritti umani, della democrazia e del sistema legislativo.
Al fine di chiarire e di meglio circoscrivere l’ambito specifico di applicazione della predetta Convenzione occorre partire dal concetto di sistema di intelligenza artificiale.
La Convenzione arricchisce il panorama delle definizioni relative all’IA e nello specifico all’art.2 stabilisce che per “sistema di intelligenza artificiale” si intende un sistema basato su una macchina che, per obiettivi espliciti o impliciti, deduce, dagli input che riceve, come generare output quali previsioni, contenuti, raccomandazioni o decisioni che possono influenzare ambienti fisici o virtuali.
Ciò significa che esistono sistemi di IA che possono impattare in maniera evidentemente non secondaria sul sistema democratico e sulla difesa dei diritti umani. Sono espressamente esclusi dalla Convenzione i sistemi di sicurezza nazionale degli Stati che sono stati già oggetto di altra regolamentazione.
Un aspetto molto importante della predetta Convenzione riguarda il fatto che l’utilizzo dei sistemi IA non deve ledere o mettere da parte la dignità umana, il principio dell’autodeterminazione dell’individuo e di conseguenza il rispetto della democrazia dei popoli.
I sistemi di IA devono infatti garantire durante il loro utilizzo trasparenza, responsabilità e ascrivibilità, e in ogni caso non devono avere scopi o utilizzi discriminatori sotto vari profili tra cui quello razziale, quello dell’uguaglianza di genere, quello della disabilità e quello dei diritti dei minori.
L’attenzione del Consiglio dunque è particolarmente votata al problema delle diseguaglianze – anche non palesi ma attuabili– che possono essere generate da utilizzi non appropriati di sistemi di IA.
Difatti i sistemi di IA non possono non rispettare le norme in materia di dati personali e privacy ed inoltre durante la fase di sperimentazione dei sistemi medesimi devono essere osservati i principi di sicurezza e sostenibilità.
E’ inoltre compito degli Stati firmatari intervenire ogni qualvolta un sistema di IA non soddisfi questi principi o sia utilizzato in modo da non rispettarli, essendo gli Stati stessi i depositari delle funzioni di controllo e verifica.
Le verifiche devono essere “al passo coi tempi”, vale a dire che si richiede agli Stati di porre in essere nel tempo tutto quanto necessario per garantire che i controlli vadano di pari passo con le evoluzioni dei sistemi di IA.
Per quanto possibile le questioni legate all’utilizzo della IA nella vita della comunità e dello Stato devono essere oggetto di confronto coi cittadini, senza utilizzi apodittici e privi di consenso. Peraltro la strada del confronto non può prescindere da uno sviluppo “massivo” delle competenze e della cognizione dei sistemi di IA, strada che consente una reale condivisione di scelte.
Gli Stati firmatari si impegnano inoltre a cooperare tra loro e con le istituzioni per garantire la miglior applicazione dei meccanismi di salvaguardia e per l’aggiornamento degli stessi.
Agli Stati è altresì lasciato il compito di intervenire in maniera diretta, per porre rimedio a situazioni di pericolo o di rischio di utilizzo non conforme dei sistemi di IA all’interno del loro territorio. Tali interventi vengono effettuati dagli Stati su base condivisa attraverso la cooperazione.
La Convenzione rappresenta quindi un passo in avanti sotto un duplice profilo: l’invito alla cooperazione fra Stati nella consapevolezza della trasversalità dei sistemi di IA e, il riconoscimento in astratto che questi sistemi possano essere utilizzati con scopi anti razziali, discriminatori e violativi di norme e principi democratici, oltre che della tutela dei diritti umani.
L’Europa, rispetto al resto del mondo, compie ancora una volta un importante passo in avanti in termini di consapevolezza e di risposta all’evoluzione.
Vedremo se l’applicazione della Convenzione degli Stati firmatari sarà in linea coi principi da essa posti a suo fondamento.