Eitan: arrestato il nonno. Sequestro di persona?

Il nonno del piccolo Eitan, unico sopravvissuto della strage del Mottarone, agli arresti domiciliari
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Eitan: il nonno agli arresti domiciliari

Shmuel Peleg, il nonno materno del piccolo Eitan Biran, il bambino unico sopravvissuto della terribile strage del Mottarone, è stato condotto in Israele agli arresti domiciliari e gli è stato trattenuto il passaporto.

L'arresto del nonno di Eitan è stato eseguito dalla polizia israeliana dopo averlo interrogato. L'accusa per il nonno di Eitan è di rapimento e sequestro di persona.

Ricordiamo che il provvedimento degli arresti domiciliari per il nonno di Eitan è previsto fino a venerdì. 


Eitan: il reato di sequestro di persona

In questo contributo, prendendo spunto dal noto caso del piccolo Eitan,  cerchiamo di approfondire al massimo il tema introdotto dall'art. 605 del codice penale, ovvero il sequestro di persona, attraverso una disamina giurisprudenziale, dottrinale e pratica compiuta dal dottor Vincenzo Giuseppe Giglio.


Eitan - l'art. 605 del codice penale tra dottrina e giurisprudenza

1. Chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni.

2. La pena è della reclusione da uno a dieci anni, se il fatto è commesso:

1) in danno di un ascendente, di un discendente, o del coniuge;

2) da un pubblico ufficiale, con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni.

3. Se il fatto di cui al primo comma è commesso in danno di un minore, si applica la pena della reclusione da tre a dodici anni. Se il fatto è commesso in presenza di taluna delle circostanze di cui al secondo comma, ovvero in danno di minore di anni quattordici o se il minore sequestrato è condotto o trattenuto all’estero, si applica la pena della reclusione da tre a quindici anni (1).

4. Se il colpevole cagiona la morte del minore sequestrato si applica la pena dell’ergastolo (1).

5. Le pene previste dal terzo comma sono altresì diminuite fino alla metà nei confronti dell’imputato che si adopera concretamente:

1) affinché il minore riacquisti la propria libertà;

2) per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura di uno o più autori di reati;

3) per evitare la commissione di ulteriori fatti di sequestro di minore (1).

(1) Comma aggiunto dalla lettera a) del comma 29 dell’art. 3, L. 94/2009.

 

Eitan - sequestro di persona: rassegna di giurisprudenza

Il delitto di sequestro di persona è integrato da qualsiasi condotta che privi la vittima della libertà fisica e di locomozione, sia pure non in modo assoluto, per un tempo apprezzabile, a nulla rilevando la circostanza che il sequestrato non faccia alcun tentativo per riacquistare la propria libertà di movimento, non recuperabile con immediatezza, agevolmente e senza rischi mediante comportamenti elusivi della vigilanza e, comunque, con mezzi artificiosi la cui adozione sia scoraggiata dal timore di ulteriori pericoli e danni alla persona (Sez. 3, 15443/2015).

Il delitto di sequestro di persona non implica necessariamente che la condizione limitativa imposta alla libertà di movimento sia obiettivamente insuperabile, essendo sufficiente che l’attività anche meramente intimidatoria o l’apprestamento di misure dirette ad impedire o scoraggiare l’allontanamento dai luoghi ove si intende trattenere la vittima, sia idonea a determinare la privazione della libertà fisica di quest’ultima con riguardo, eventualmente, alle sue specifiche capacità di reazione (Sez. 2, 11634/2019).

Ai fini della configurabilità dell’elemento materiale del delitto di sequestro di persona, non è necessario che la costrizione si estrinsechi con mezzi fisici, dovendosi ritenere sufficiente anche una condotta che comporti una coazione di tipo psicologico, tale, in relazione alle particolari circostanze del caso, da privare la vittima della capacità di determinarsi ed agire secondo la propria autonoma ed indipendente volontà (Sez. 1, 46566/2017).

La protrazione della libertà personale della vittima per un tempo ulteriore rispetto alla rapina subita impedisce l’assorbimento del reato di sequestro di persona nella condotta di rapina (Sez. 7, 6183/2019).

Il reato di sequestro di persona è certamente integrato dalla condotta di chi chiuda a chiave (o disponga di chiudere a chiave) i propri dipendenti all’interno di un locale, segregandoli per l’intera giornata di lavoro. Non può revocarsi in dubbio che in tale situazione venga lesa la libertà di movimento del soggetto passivo, non quella psichica di autodeterminazione che caratterizza la diversa e più tenue fattispecie di cui all’art. 610 (Sez. 5, 49610/2014).

Il delitto di sequestro di persona deve ritenersi integrato dalla condotta di colui che costringe, sotto minaccia, la vittima a salire su un’automobile, in quanto ai fini dell’integrazione del detto delitto è sufficiente che vi sia stata in concreto una limitazione della libertà fisica della persona, in modo da privarla della capacità di spostarsi da un luogo all’altro, a nulla rilevando la durata dello stato di privazione della libertà, che può essere limitato anche ad un tempo breve (Sez. 5, 19548/2013).

Il reato di sequestro di persona è assorbito in quello di rapina aggravata previsto dall’art. 628, comma terzo, n. 2, soltanto quando la violenza usata per il sequestro si identifica e si esaurisce col mezzo immediato di esecuzione della rapina stessa, non quando invece ne preceda l’attuazione con carattere di reato assolutamente autonomo anche se finalisticamente collegato alla rapina ancora da porre in esecuzione o ne segua l’attuazione per un tempo non strettamente necessario alla consumazione (Sez. 2, 22096/2015).

Integra il reato di sequestro di persona la condotta di colui che, conseguito lo scopo della rapina, protrae lo stato di soggezione della persona offesa, impedendole la libertà di movimento, sia pure allo scopo di garantirsi la fuga. (Sez. 2, 4986/2012).

Il delitto di cui all’art. 610, preordinato a reprimere fatti di coercizione non espressamente contemplati da specifiche disposizioni di legge, ha in comune con il delitto di sequestro di persona l’elemento materiale della costrizione, ma se ne differenzia perché in esso viene lesa la libertà psichica di autodeterminazione del soggetto passivo, mentre nel sequestro di persona viene lesa la libertà di movimento (Sez. 5, 49610/2014).

Il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione previsto dall’art. 630 è una figura autonoma di reato, qualificabile come reato complesso ed è caratterizzato dall’uso di un mezzo-sequestro di persona finalizzato a conseguire un ingiusto profitto, come prezzo della liberazione dell’ostaggio e si consuma indipendentemente dal conseguimento del profitto. Inoltre, il reato di cui all’art. 630, non può considerarsi ipotesi delittuosa aggravata del sequestro di persona, dal quale si differenzia per il dolo specifico, che si concretizza nello scopo perseguito, per sé o per gli altri, di un ingiusto profitto come prezzo della liberazione.

Si tratta di una forma speciale di estorsione qualificata dal mezzo esecutivo usato per vincere la resistenza del soggetto passivo, consistente non in un qualsiasi atto violento o minaccioso, ma per l’appunto in un sequestro di persona, mentre l’elemento soggettivo ovvero il dolo specifico vale a differenziarlo dal reato di sequestro di persona (Sez. 2, 45407/2018).

Integra il delitto di sequestro di persona la condotta di chi tenga legato per giorni a letto, con cinghie di contenzione, un familiare non autosufficiente (nella specie: la madre adottiva), in assenza di una specifica situazione di imminente pericolo di cadute o gesti di autolesionismo idonea a configurare gli estremi dello stato di necessità (Sez. 6, 24358/2014).  

Il delitto di sequestro di persona presuppone, per la sua configurabilità, un accertamento rigoroso dell’elemento della costrizione che, pur potendosi estrinsecare con mezzi diversi da quelli fisici, deve però essere tale da incidere sulle determinazioni della vittima relative alla sua libertà di locomozione (Sez. 3, 45931/2013).

Integra l’ipotesi di tentativo di sequestro di persona la condotta dell’imputato che solleva da terra una bambina di tre anni e la priva della libertà di movimento per uno o due minuti, fino all’intervento della madre che sottrae la piccola dalle braccia dell’imputato; non può, infatti, sostenersi che non vi sia stata coercizione fisica, anche per la mancanza di resistenza o di manifestazione di un dissenso (per esempio, attraverso il pianto) da parte della bambina, poiché è evidente che la piccola viene posta nell’assoluta impossibilità di muoversi secondo una propria libera scelta, ove si consideri che è senz’altro connaturata alla tenerissima età una limitata capacità sia di opporsi alla violenza, sia di recuperare la propria libertà di movimento (Sez. 5, 32472/2013).

In redazione ccontinueremo a seguire il caso del piccolo Eitan, sperando che possa concludersi nella miglor maniera possibile per il minore.