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Enti e doppi binari punitivi

Companies and punitive double tracks
gerri-gambino_memorial_berlin_2016
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Abstract

Premessi cenni all’elaborazione ante riforma in materia di gestione di rischio fiscale, il contributo, soffermandosi su profili applicativi rilevanti connessi all’introduzione della responsabilità dell’ente dipendente da reato tributario – quali quello dell’aggressione cumulativa del patrimonio dell’agente e dell’ente nonché della prefigurabilità della violazione del principio del ne bis in idem, in caso di erogazione di sanzioni sia tributarie che amministrative – si sofferma sull’arresto reso, con sentenza n. 16302/2022, dalla Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione. Tale decisione, pur rappresentando la prima pronuncia della Suprema Corte in tema di responsabilità amministrativa dipendente da reato tributario, non ha costituito occasione di utile approfondimento dei rilievi di cui in premessa.

Recalling the elaboration on the management of Tax Control Framework, this Paper focuses on possibility of cumulative aggression of assets belonging both to companies and to offenders or on the hypothesis for a Company to suffer tax and administrative sanctions both, taking into account the internal and European jurisprudence on the “Ne bis in idem” principle. Then, the Paper examines the arguments endorsed by the Third Criminal Section of the Italian Supreme Court (Corte di Cassazione, translator’s note) judgement no. 16302/2022, which, although representing the first ruling of the Supreme Court on the subject of administrative liability dependent on tax crime, it was not a useful opportunity to face the mentioned above problematic issues.

 

Sommario

1. Premessa. L’introduzione, nel d.lgs. 231/2001, dell’art. 25-quinquiesdecies, in tema di responsabilità dell’ente dipendente dalla commissione di reati tributari

1.1 La gestione del rischio fiscale in ambito aziendale: un ricapitolo dello stato dell’arte ante riforma

1.2 Responsabilità degli enti e confisca per equivalente[1] nei reati tributari: sulla possibilità di aggressione cumulativa del patrimonio dell’amministratore e dell’ente

1.3 Sulla prefigurabilità della violazione del principio di ne bis in idem stante la coesistenza del regime punitivo ex d.lgs. 231/2001 e quello di cui all’art. 7, d.l. 269/2003, convertito in Legge 326/2003, con conseguente possibilità di vedere l’ente colpito sia da sanzione amministrativa per responsabilità derivante da reato che da sanzione amministrativa tributaria

2. La prima applicazione dell’art. 25-quinquiesdecies, d.lgs. 231/2001 operata dalla Suprema Corte: la Sentenza della Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, n.16302/2022 del 28 aprile 2022

3. Conclusioni

 

Summary

1. Premises. The introduction, in the Legislative Decree no. 231/2001, of the article 25-quinquiesdecies (Company’s liability dependent on the commission of tax crimes)

1.1 The management of Tax Control Framework before the introduction of the article 25-quinquiesdecies in the Legislative Decree no. 231/2001

1.2 Company’s liability and confiscation by equivalent in tax crimes: on the possibility to affect personal and company’s assets cumulatively

1.3 On the prefigurability of the violation of the “Ne bis in idem” principle, dued to the coexistence of the punitive regime pursuant to Legislative Decree no. 231/2001 and the one referred to in article 7 of the Law no. 326/2003 (tax administrative sanctions)

2. Analysis of the judgement no. 16302/2022: the first ruling of the Italian Supreme Court (Corte di Cassazione, translator’s note), Criminal Section Three, 28th April 2022, on Company’s liability dependent on tax crime

3. Concluding remarks

 

 

1. Premessa. L’introduzione, nel d.lgs. 231/2001, dell’art. 25-quinquiesdecies, in tema di responsabilità dell’ente dipendente dalla commissione di reati tributari

L’art. 39 della Legge n. 157 del 19 dicembre 2019, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124[2], recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili» ha introdotto nel testo del d.lgs. 231/2001 l’art. 25-quinquiesdecies[3], determinando l’inserimento, tra i reati presupposto ivi già previsti, di fattispecie penal-tributarie[4].

La previsione, cui ha fatto seguito la novella legislativa di cui al d.lgs. 75/2020, operata in attuazione della direttiva UE 2017/1371[5] e che ha inserito nella menzionata disposizione il comma 1-bis, ha assunto anche una dimensione transazionale, mediante la previsione dell’applicazione di sanzioni pecuniarie maggiormente elevate nel caso di commissione dei delitti previsti dal d.lgs. 74/2000 nell’ambito dei sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di Euro.

A seguito dell’inserimento della norma in parola, per un verso, hanno assunto particolare rilevanza, nell’ambito del dibattito sul fronte applicativo, gli argomenti della gestione del rischio fiscale, del concorso della confisca nei confronti dell’autore del reato ex art. 12-bis del d.lgs. 74/2000 con quella diretta e per equivalente, scaturente responsabilità da reato degli enti. Per altro verso, è stato recentemente emanato da parte della Suprema Corte, il primo arresto con cui un ente è stato sanzionato per responsabilità da reato connessa al perfezionamento di reati tributari.

 

1.1 La gestione del rischio fiscale in ambito aziendale: un ricapitolo dello stato dell’arte ante riforma

L’introduzione dell’art. 25-quinquiesdecies nel decreto, comportando la responsabilizzazione dell’ente per situazioni che, in precedenza, lo coinvolgevano soltanto di riflesso in quanto “causa” – come nel caso di fatture per operazioni inesistenti nell’ambito del reato di false comunicazioni sociali – o come “effetto” di altre fattispecie di reato (auto-riciclaggio), assurge anzitutto, in ambito aziendalistico, ad elemento propulsivo dell’implementazione di sistemi di adeguata compliance fiscale e risk assessment, avuto riguardo alla suscettibilità delle aree aziendali cui siano attribuite funzioni amministrative e contabili di essere impattate dal rischio di commissione di reati tributari.

Sul punto, l’art. 3[6] del d.lgs. 128/2015, recante «Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, in attuazione degli articoli 5, 6 e 8, comma 2, della legge 11 marzo 2014, n. 23», in attuazione della delega di cui all’art. 6[7] della legge 23/2014 (recante «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita»), ha introdotto un regime di adempimento collaborativo finalizzato alla promozione di forme di comunicazione e cooperazione rafforzate tra l’Amministrazione finanziaria ed i contribuenti dotati di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale[8].

In relazione a tale previsione, sono state elaborate riflessioni in merito alla miglior predisposizione del sistema di rilevazione, gestione e controllo del rischio fiscale (c.d. “Tax Control Framework”; di seguito, per brevità, “TCS”), presidio di cui le imprese possono dotarsi per accedere – in conformità alle indicazioni fornite dall’OCSE[9] – al regime di co-operative compliance, ossia di dialogo preventivo con l’amministrazione finanziaria, avuto riguardo alle fattispecie maggiormente rilevanti, al fine di pervenire ad una comune valutazione dei relativi elementi costitutivi prima dell’invio della dichiarazione fiscale (c.d. “adempimento collaborativo”, di cui all’art. 4[10], d.lgs. 128/2015).

L’Agenzia delle Entrate, con Provvedimento del Direttore n. 54237 del 14 aprile 2016, recante «Disposizioni concernenti i requisiti di accesso al regime di adempimento collaborativo disciplinato dagli articoli 3 e seguenti del decreto legislativo del 5 agosto 2015, n. 128», ha formulato delle prescrizioni attuative, ispirate alle indicazioni di soft law di cui alle indicazioni OCSE, nell’ambito delle quali sono stati tracciati i requisiti essenziali di un TCF idoneo a garantire l’efficace presidio del rischio fiscale, quali:

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[1] L’inserimento, tra le figure di reato presupposto, delle fattispecie penal-tributarie ha determinato l’introduzione dell’art. 12-ter, che ha esteso alle fattispecie tributarie di cui agli artt. 2, 3, 8 e 11 del d.lgs. 74/2000 la “confisca in casi particolari” (allargata o per sproporzione, finalizzata all’apprensione di beni sproporzionati rispetto al reddito, di cui il soggetto non sia in grado di giustificare la provenienza, disciplinata dall’art. 240-bis c.p.), applicabile subordinatamente alla valutazione in concreto, da parte del giudice, di elementi idonei a fondare la presunzione di illecita accumulazione della ricchezza, nei confronti dell’autore persona fisica del reato, benché il medesimo sia stato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente. Posto che, dal quadro normativo esistente, l’autore del reato potrebbe essere colpito, al contempo, sia dalla confisca ex art. 12-bis che da quella ex art. 12-ter, laddove l’ente che ne abbia beneficiato unicamente dalla confisca ex art. 19 d.lgs. 231/2001, tale “sproporzione normativa” parrebbe, allo stato, essere mitigata da una pronuncia della Corte costituzionale – sent. n. 33/2018 del 21 febbraio 2018 – che ha affermato la necessità che il giudice attui una valutazione in concreto della condotta dell’autore del reato e non disponga la confisca allargata ove la medesima risulti del tutto episodica ed occasionale.

[2] C.d. “Decreto fiscale”.

[3] Articolo 25-quinquiesdecies d.lgs. 231/2001 (Reati tributari):«In relazione alla commissione dei delitti previsti dal decreto legislativo 10 marzo 200, n. 74, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie: a) per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previsto dall’articolo 2, comma 1, la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote; b) per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’articolo 2, comma 2-bis, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote; c) per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, previsto dall’articolo 3, la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote; d) per il delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’articolo 8, comma 1, la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote; e) per il delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’articolo 8, comma 2-bis, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote; f) per il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili, previsto dall’articolo 10, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote; g) per il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, previsto dall’articolo 11, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote. 1-bis. In relazione alla commissione dei delitti previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, se commessi nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie: a) per il delitto di dichiarazione infedele previsto dall’articolo 4, la sanzione pecuniaria fino a trecento quote; b) per il delitto di omessa dichiarazione previsto dall’articolo 5, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote; c) per il delitto di indebita compensazione previsto dall’articolo 10-quater, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote. Se, in seguito alla commissione dei delitti indicati ai commi 1 e 1-bis, l’ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, la sanzione pecuniaria è aumentata di un terzo. Nei casi previsti dai commi 1, 1-bis e 2, si applicano le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, lettere c), d) ed e)».

[4] In particolare, con effetti a far data dal 24 dicembre 2019, sono stati inseriti nell’ambito dei reati presupposto della dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, occultamento o distruzione di documenti contabili, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.

[5] C.d. “Direttiva PIF”.

[6] L’articolo 3 del d.lgs. 128/2015, rubricato «Finalità e oggetto», recita «Al fine di promuovere l’adozione di forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate basate sul reciproco affidamento tra Amministrazione finanziaria e contribuenti, nonché di favorire nel comune interesse la prevenzione e la risoluzione delle controversie in materia fiscale, è istituito il regime di adempimento collaborativo fra l’Agenzia delle entrate e i contribuenti dotati di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inteso quale rischio di operare in violazione di norme di natura tributaria ovvero in contrasto con i principi o con le finalità dell’ordinamento tributario. L’adesione al regime è subordinata al possesso dei requisiti di cui all’articolo 4, comporta l’assunzione dei doveri di cui all’articolo 5 e produce gli effetti di cui all’articolo 6».

[7] L’articolo 6 della legge n. 23/204, rubricato «Gestione del rischio fiscale, governance aziendale, tutoraggio, rateizzazione dei debiti tributari e revisione della disciplina degli interpelli», recita «Il Governo è delegato ad introdurre, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1, norme che prevedano forme di comunicazione e di cooperazione rafforzata, anche in termini preventivi rispetto alle scadenze fiscali, tra le imprese e l’amministrazione finanziaria, nonché, per i soggetti di maggiori dimensioni, la previsione di sistemi aziendali strutturati di gestione e di controllo del rischio fiscale, con una chiara attribuzione di responsabilità nel quadro del complessivo sistema dei controlli interni, prevedendo a tali fini l’organizzazione di adeguate strutture dell’amministrazione finanziaria dedicate alle predette attività di comunicazione e cooperazione, facendo ricorso alle strutture e alle professionalità già esistenti nell’ambito delle amministrazioni pubbliche. Il Governo è altresì delegato a prevedere, nell’introduzione delle norme di cui al comma 1, incentivi sotto forma di minori adempimenti per i contribuenti e di riduzioni delle eventuali sanzioni, anche in relazione alla disciplina da introdurre ai sensi dell’articolo 8 e ai criteri di limitazione e di esclusione della responsabilità previsti dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, nonché forme specifiche di interpello preventivo con procedura abbreviata. Il Governo è delegato ad introdurre, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1, disposizioni per revisionare e per ampliare il sistema di tutoraggio al fine di garantire una migliore assistenza ai contribuenti, in particolare a quelli di minori dimensioni e operanti come persone fisiche, per l’assolvimento degli adempimenti, per la predisposizione delle dichiarazioni e per il calcolo delle imposte, prevedendo a tal fine anche la possibilità di invio ai contribuenti e di restituzione da parte di questi ultimi di modelli precompilati, nonché al fine di assisterli nel processo di consolidamento della capacità fiscale correlato alla crescita e alle caratteristiche strutturali delle imprese. Nell’introduzione delle norme di cui al comma 3 il Governo prevede l’istituzione di forme premiali, consistenti in una riduzione degli adempimenti, in favore dei contribuenti che aderiscano ai sistemi di tutoraggio. Il Governo è delegato ad introdurre, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1, disposizioni volte ad ampliare l’ambito applicativo dell’istituto della rateizzazione dei debiti tributari, in coerenza con la finalità della lotta all’evasione fiscale e contributiva e con quella di garantire la certezza, l’efficienza e l’efficacia dell’attività di riscossione, in particolare: a) semplificando gli adempimenti amministrativi e patrimoniali a carico dei contribuenti che intendono avvalersi del predetto istituto; b) consentendo al contribuente, anche ove la riscossione del debito sia concentrata nell’atto di accertamento, di attivare meccanismi automatici previsti dalla legge per la concessione della dilazione del pagamento prima dell’affidamento in carico all’agente della riscossione, ove ricorrano specifiche evidenze che dimostrino una temporanea situazione di obiettiva difficoltà, eliminando le differenze tra la rateizzazione conseguente all’utilizzo di istituti deflativi del contenzioso, ivi inclusa la conciliazione giudiziale, e la rateizzazione delle somme richieste in conseguenza di comunicazioni di irregolarità inviate ai contribuenti a seguito della liquidazione delle dichiarazioni o dei controlli formali; c) procedendo ad una complessiva armonizzazione e omogeneizzazione delle norme in materia di rateizzazione dei debiti tributari, a tal fine anche riducendo il divario, comunque a favore del contribuente, tra il numero delle rate concesse a seguito di riscossione sui carichi di ruolo e numero delle rate previste nel caso di altre forme di rateizzazione; d) procedendo ad una revisione della disciplina sanzionatoria, a tal fine prevedendo che ritardi di breve durata nel pagamento di una rata, ovvero errori di limitata entità nel versamento delle rate, non comportino l’automatica decadenza dal beneficio della rateizzazione; e) monitorando, ai fini di una sua migliore armonizzazione, il regime di accesso alla rateizzazione dei debiti fiscali, anche in relazione ai risultati conseguiti in termini di effettiva riscossione, con procedure che garantiscano la massima trasparenza e oggettività. Il Governo è delegato ad introdurre, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1, disposizioni per la revisione generale della disciplina degli interpelli, allo scopo di garantirne una maggiore omogeneità, anche ai fini della tutela giurisdizionale e di una maggiore tempestività nella redazione dei pareri, procedendo in tale contesto all’eliminazione delle forme di interpello obbligatorio nei casi in cui non producano benefici ma solo aggravi per i contribuenti e per l’amministrazione».

[8] Inteso quale rischio di incorrere in violazioni di norme tributarie (attività contra legem) o di agire in contrasto con principi e finalità dell’ordinamento tributario (elusione o abuso del diritto).

[9] OCSE, Co-operative Tax Compliance: Building Better Tax Control Frameworks, 2016, 10.

[10] L’art. 4, d.lgs. 128/2015, rubricato «Requisiti», recita «Il contribuente che aderisce al regime deve essere dotato, nel rispetto della sua autonomia di scelta delle soluzioni organizzative più adeguate per il perseguimento dei relativi obiettivi, di un efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inserito nel contesto del sistema di governo aziendale e di controllo interno. Fermo il fedele e tempestivo adempimento degli obblighi tributari, il sistema deve assicurare: a) una chiara attribuzione di ruoli e responsabilità ai diversi settori dell’organizzazione dei contribuenti in relazione ai rischi fiscali; b) efficaci procedure di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali il cui rispetto sia garantito a tutti i livelli aziendali; c) efficaci procedure per rimediare ad eventuali carenze riscontrate nel suo funzionamento e attivare le necessarie azioni correttive. Il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale prevede, con cadenza almeno annuale, l’invio di una relazione agli organi di gestione per l’esame e le valutazioni conseguenti. La relazione illustra, per gli adempimenti tributari, le verifiche effettuate e i risultati emersi, le misure adottate per rimediare a eventuali carenze rilevate, nonché le attività pianificate».