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Green pass sul lavoro, tamponi insufficienti: rischio caos dal 15 ottobre

Tamponi rapidi insufficienti, boom di prenotazioni mattutine. Le nuove sfide alla vigilia dell’obbligo del certificato verde sul lavoro.
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Green pass sul lavoro, tamponi insufficienti: quali numeri?

Il green pass obbligatorio sul lavoro scatterà tra due giorni, il prossimo 15 ottobre.

Ad oggi, si stimano in Italia 2,5 milioni di lavoratori non vaccinati. Una delle alternative per ottenere il certificato verde è presentare un tampone antigenico – il cosiddetto “rapido” – con validità di 48 ore.

Ed è qui che sorge una nuova, stringente questione: i tamponi rapidi potrebbero non bastare.

Come riporta Andrea Gagliardi sul «Sole 24 Ore» di ieri, serviranno anche “tre tamponi rapidi a settimana” per dipendente, per un totale di “7,5 milioni, in pratica oltre un milione al giorno”.

Le farmacie che al momento offrono il servizio sono 10.000 (delle 19.000 presenti sul territorio nazionale), e, anche se le restanti aderissero, non si arriverebbe a fornire più di 500.000 tamponi rapidi al giorno.

 

Green pass sul lavoro, tamponi insufficienti: cosa dice la Federfarma?

Marco Cossolo, presidente nazionale di Federfarma, ha dichiarato: “Siamo pronti a continuare ad implementare la nostra attività”, ribadendo la “piena collaborazione della rete delle farmacie italiane con le Istituzioni”.

Nonostante le rassicurazioni arrivino da più parti – non ultimi, i presidenti di Federfarma Emilia-Romagna e Federfarma Napoli ­–, l’allarme per la possibile insufficienza di tamponi a partire dal 15 ottobre non accenna a scemare.

Ulteriore motivo, il caos che potrebbe generarsi riguardo la fascia oraria.

Molte farmacie stanno registrando un boom di prenotazioni per le 8 di mattina, nella gran parte dei casi ultimo orario disponibile per l’accesso ai luoghi di lavoro.

 

Green pass sul lavoro e tamponi insufficienti: cosa propongono le regioni?

Ai tamponi rapidi potrebbero sostituirsi i tamponi fai da te nasali.

Questa la proposta del governatore del Veneto, Luca Zaia, secondo cui “la soluzione è una sola: riconoscere la validità del tampone fai da te, come avviene negli altri paesi europei, e quindi la possibilità da parte delle aziende di fare in autonomia lo screening ai loro dipendenti. Avremmo così anche uno screening preciso della realtà dell’epidemia sul territorio”.

Proposta cui fa eco Massimiliano Fedriga, presidente della Conferenza delle Regioni nonché governatore del Friuli Venezia Giulia: “Parliamo di quasi 5 milioni di persone coinvolte, non vaccinate, che potrebbero chiedere il tampone. Io ho dei dubbi: se ci sono strumenti alternativi come l’autosomministrazione, controllata, ben vengano. Già oggi in farmacia vengono venduti tamponi nasali. Vanno valutate le alternative”.

 

Green pass sul lavoro e tamponi insufficienti: cosa dicono gli esperti?

Dura e unanime la risposta degli esperti: il tampone fai da te non può sostituire il tampone rapido.

A spiegare i motivi del no sono Massimo Ciccozzi (direttore dell’Unità di Statistica medica ed epidemiologia molecolare del Campus Bio-medico di Roma), Patrizia Laurenti (direttrice dell’Unità operativa di Igiene Ospedaliera al Policlinico Gemelli di Roma) e lo stesso Cossolo di Federmarma.

Secondo Ciccozzi, i tamponi fai da te “hanno un’affidabilità ridotta e non credo sia opportuno pensare di utilizzarli ai fini del green pass”.

“Hanno solo il 50-51% di affidabilità,” prosegue “quindi è come il lancio di una moneta. Sono utili in casi di emergenza in cui non si hanno alternative, ma utilizzarli ai fini del green pass per il ritorno al lavoro è inaccettabile”.

Laurenti rincara la dose affermando che “nel fare l’autoprelievo è comunque necessaria una competenza tecnica che non tutti possono avere”; e, in conclusione, Cossolo solleva il problema della tracciatura, non presente nei tamponi fai da te: “bisogna trovare un meccanismo che consenta di tracciare la positività o non positività della persona, ma si pone anche un problema di validità del test stesso. Tutti gli altri tamponi utilizzati hanno invece una tracciatura, ed è il professionista che li esegue a garantirla”.

Gli esperti si sono schierati anche contro la proposta di estendere la validità del tampone rapido a 72 ore.

“Penso che anche 48 ore di validità siano troppe. Dunque, una durata di 72 ore ritengo non abbia validità dal punto di vista epidemiologico e rappresenti un rischio”, queste le parole di Ciccozzi.

“Capisco che si tratti di un problema di costi per i lavoratori non vaccinati, ma dal punto di vista epidemiologico l’estensione della validità del test non è opportuna”, ha concluso il direttore.