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Il “management” nascosto

Smile on ice
Ph. Luca Martini / Smile on ice

Esiste un concetto “nascostonella parola management che ci riguarda tutti! Il nostro personale essere nel management, ossia non necessariamente il gestire o l’essere in un ruolo formalmente manageriale, ma entrambe le cose nel ruolo che rappresentiamo.

Il ruolo è ciò che gli altri si aspettano da noi quando ci viene proposto o imposto: i progettisti organizzativi, del personale e i nostri capi lo prefigurano, ne fanno la mappa (delle responsabilità, delle competenze correlate), ne calcolano il valore voluto e quello ricercato (standard di performance – ne parleremo, analisi dei gap, di performance e di competenza). Ma siamo noi singoli che lo giochiamo, quando entriamo nel ruolo, comprendendone appieno le attese degli altri o riconfigurandolo a nostro piacimento e in funzione della capacità di adattamento.

Vi siete mai accorti che fra le componenti del nostro ruolo ve ne è una che sempre più si amplifica anche se non ne abbiamo spesso una consapevole percezione e chiarezza di significato?

Si tratta dell’elemento del dover gestire e non semplicemente del dover agire – realizzare, eseguire, rispettare – secondo le caratteristiche del compito affidato, della responsabilità accettata. Ciò è normale per chi riveste ruoli di management, ne è incaricato apposta anche se non sempre poi il ruolo è davvero manageriale: stiamo parlando dei manager nelle varie vesti contrattualistiche – dirigenti, funzionari e quadri, ossia persone con responsabilità di coordinamento e guida di collaboratori. Ciò è meno normale per chi è incaricato di ruoli esecutivi e si sente vincolato alla azione predefinita dal procedimento e dalle sue procedure.

Accade infatti che, sempre più spesso, si debba rivedere ciò che dobbiamo fare riconfigurandone l’approccio e le modalità operative perché il come si è sempre fatto non funziona; oppure che ci venga chiesto di partecipare ad attività di innovazione per realizzare un qualche cosa di nuovo che poi, forse, diventerà routine e sarà riconfigurato ulteriormente. In questi casi dobbiamo interagire con gli altri i quali, nell’aiutarci a raggiungere l’obiettivo, divengono collaboratori di fatto anche se non lo sono gerarchicamente. E poco importa quale ruolo abbiano, se di ordine o livello superiore od inferiore.

Tale situazione, intanto che si sviluppano o si rafforzano le necessarie cosiddette soft skills,  richiede di cominciare a pensare come fossimo dei manager di fatto

Questo fatto troppi manager di ruolo non l’hanno ancora capito, ma intanto le loro persone lo vivono!

E lo vivranno sempre di più perché sempre di più le organizzazioni, anche e soprattutto quelle “pubbliche”, dovranno diventare esponenziali (Salim Ismal, Exponential Organization), davvero consapevoli per essere utili (Laloux, Reinventare le organizzazioni); i manager dovranno, altresì, svecchiarsi e cambiare per non fallire nel loro ruolo (Gary Hamel, Il futuro del management), gestendo il valore dei collaboratori con capacità di delega e di loro crescita (Claudio Demattè, Il mestiere di dirigere).

In sostanza possiamo dire, che ci si creda o no, che GIA’ ORA SIAMO, E LO SAREMO SEMPRE PIU’, TUTTI MANAGEMENT!