x

x

Il vero Conservatore

Barry Goldwater, 1960
Barry Goldwater, Il vero Conservatore
Barry Goldwater, Il vero Conservatore
il vero Conservatore

Il vero Conservatore, Barry Goldwater

 Perché leggere questo libro

The Conscience of a Conservative, tradotto in italiano con il titolo Il vero Conservatore, può essere considerato il manifesto elettorale di Barry Goldwater, candidato alle elezioni presidenziali americane del 1964 per il Partito Repubblicano.

Anche se Goldwater venne duramente sconfitto dal candidato del Partito Democratico Lyndon Johnson, le idee presenti in questo libro suscitarono un notevole interesse e posero le basi per la rinascita del conservatorismo americano nei decenni successivi. Il senatore repubblicano si rivela in questo libro come un autentico esponente del liberalismo classico, favorevole alla riduzione dell’ingerenza governativa nell’economia e nella vita degli individui.

Egli parte dal presupposto che non sia possibile combattere il comunismo se, nello stesso tempo, si accetta il socialismo nel proprio paese. Pertanto, se gli americani vogliono respingere i comunisti, devono cominciare col rigettare tutte le politiche socialiste adottate in casa propria: nell’agricoltura, nel lavoro, nel fisco o nell’assistenza pubblica. L’elezione di Ronald Reagan quindici anni dopo, e il successivo crollo dei regimi comunisti, rappresentarono una rivincita postuma delle idee di Goldwater.

 

Punti chiave

  • L’America è una nazione conservatrice ma le idee liberal dominano nel governo
  • I conservatori ritengono che l’uomo sia una creatura mossa soprattutto da bisogni spirituali, mentre i progressisti guardano soltanto il lato materiale della natura umana
  • Per il conservatore la libertà politica dell’individuo è illusoria, se egli dipende per i suoi bisogni economici dallo Stato
  • Durante tutta la storia dell’umanità, le più gravi insidie alla libertà individuale sono partite dal governo
  • Il governo federale ha travalicato i limiti al suo potere posti dalla Costituzione
  • L’intervento del governo nell’agricoltura ha prodotto solo disastri
  • La concentrazione di un enorme potere nelle mani dei i capi sindacali ha privato il singolo lavoratore di gran parte della sua libertà
  • Lo Stato assistenziale trasforma l’individuo da un essere spirituale, responsabile e fiducioso in una creatura animale dipendente
  • Vi è un rapporto indissolubile tra le imposte e la libertà individuale
  • L’unico modo per ridurre le tasse è di ridurre le spese governative
  • L’Unione Sovietica punta a estendere il suo dispotismo su tutto il mondo
  • Gli americani non devono cercare la pace con l’Urss, ma la vittoria
  • Non servono negoziati o scambi culturali, ma il potenziamento dell’armamento nucleare
  • Per vincere la guerra fredda, l’America deve tornare economicamente forte grazie alla libertà

 

Titolo originale: The Conscience of a Conservative

 

Riassunto

L’America, una nazione conservatrice

Questo libro, scrive Barry Goldwater nella prefazione, non è stato scritto con l’idea di migliorare o aggiornare la filosofia conservatrice, perché «Le antiche e provate verità che guidarono la repubblica americana durante i suoi primi giorni bastano ottimamente anche per noi» (p. 9). L’America infatti è fondamentalmente una nazione conservatrice, e il desiderio di un ritorno ai principi conservatori è largamente diffuso. Tuttavia le teorie radicali imposte dal New Deal sotto la maschera del “liberalismo” dominano ancora nelle decisioni del nostro governo nazionale.

Infatti, in un paese che proclama che il benessere dipende dalla fiducia in se stessi e che il governo federale spende troppo, il Congresso delibera ogni anno un aumento delle spese; in un paese in cui oramai tutti affermano che la libertà individuale si può garantire soltanto con un governo decentralizzato, il Congresso cerca di allineare il governo dei singoli Stati con la politica federale; in un paese in cui oramai si ammette che il comunismo è un nemico risoluto a distruggerci, il Congresso annualmente approva gli strumenti per “coesistere” con l’Unione Sovietica. E così sorge la domanda: perché il popolo americano non riesce a tradurre le proprie vedute in una politica? Perché l’evidente fedeltà della nazione ai principi conservatori non ha prodotto adeguati risultati politici a Washington?

Ci dicono, continua Goldwater, che il conservatorismo è antiquato. Ma l’accusa è assurda, perché i principi su cui si fonda la posizione politica conservatrice derivano dalla natura immutabile dell’uomo. Il metodo conservatore di affrontare i problemi consiste semplicemente nell’applicare la saggezza, l’esperienza e le verità del passato ai problemi d’oggi.

 

Differenze tra conservatori e progressisti

I conservatori ritengono che l’uomo sia una creatura mossa soprattutto da bisogni spirituali, mentre i liberaI tendono a guardare soltanto il lato materiale della natura umana e ritengono che la soddisfazione dei bisogni economici sia la missione dominante della società. Inoltre hanno fretta, e così il loro atteggiamento caratteristico consiste nel sommare le forze politiche ed economiche della società in uno sforzo collettivo per imporre “il progresso”. Così facendo, essi in realtà combattono contro la Natura dell’uomo e delle cose. Il conservatore, invece, non è così orgoglioso da rifiutarsi di imparare dal passato. Sarebbe però sbagliato pensare che il conservatorismo si opponga al progresso: abbiamo forse dimenticato, fa notare Goldwater, che l’America fece i suoi maggiori progressi quando i principi conservatori erano onorati e conservati?

La prima cosa che un conservatore ha imparato è che ciascun individuo rappresenta una creatura unica della specie. Il bene più sacro che ogni individuo possiede è la sua anima individuale, che è diversa da quella di ogni altro individuo. Il conservatore sa che considerare l’uomo come parte anonima di una massa senza differenziazioni significa consegnare l’individuo alla schiavitù. Secondariamente, il conservatore ha imparato che gli aspetti economici e spirituali dell’uomo sono inestricabilmente connessi. Egli non può essere economicamente libero, e nemmeno economicamente efficiente, se è schiavo politicamente; e, in senso opposto, la libertà politica dell’uomo è illusoria, se egli dipende per i suoi bisogni economici dallo Stato.

Il conservatore si rende conto, in terzo luogo, che la vita dell’uomo non può essere diretta da forze esterne. Ogni uomo, per il suo bene individuale e per il bene della società, è responsabile del proprio destino. Le scelte che governano la sua vita sono scelte che egli deve fare; non possono essere fatte da nessun altro, individuo o collettività. Se il conservatore non è così impaziente come i liberal di aumentare i benefici della “sicurezza sociale”, ciò dipende dal fatto che egli si preoccupa soprattutto di garantire agli uomini, oltre al guadagno, il diritto di spenderlo e usarlo, per tutta la vita, quando e come riterranno meglio.

 

I pericoli del potere

Per queste ragioni, il conservatore ritiene che la politica sia l’arte di conquistare la massima somma di libertà per gli individui, salvando al tempo stesso l’ordine sociale. Nello stesso tempo si rede conto che il potere politico sul quale è basato l’ordine è una forza che si ingrandisce da sola, e che il suo appetito vien mangiando. Egli sa che occorre la massima vigilanza e cura per mantenere entro i giusti limiti il potere politico. La ragione per cui i Padri fondatori concepirono la Costituzione come uno strumento per vincolare il governo rappresenta l’anima della filosofia conservatrice: durante tutta la storia dell’umanità, le più gravi insidie alla libertà individuale sono partite, sempre, dal governo.

Il governo rappresenta il potere posto tra le mani di alcuni uomini per dominare e regolare la vita di altri uomini. Ma il potere corrompe gli uomini: quando ne posseggono un po’, vogliono essere ancora più potenti. Questa tendenza naturale porta, come conclusione alla conquista di tutto il potere; e poco importa, ai fini della libertà degli esclusi dal gruppo di governo, il fatto che tale potere assoluto appartenga ad uno solo, o a più uomini.

 Tale, dunque, è la lezione della Storia: liberate chi regge il potere dello Stato da ogni restrizione, e sarete allegramente avviati per la strada, frequentatissima, dell’assolutismo. La Costituzione è proprio questo: un sistema di freni contro la tendenza naturale del Governo ad espandere la propria attività verso l’assolutismo. Fu dunque una Democrazia quella creata dai compilatori della Costituzione americana? Sembra proprio di no, dato che il sistema di freni da loro ideato era diretto, con tutta evidenza, non soltanto contro singoli tiranni, ma anche contro la tirannia delle masse.

Oggi tuttavia il sistema dei freni è caduto in rovina. Il governo federale ormai interviene in ogni campo, e sia il potere esecutivo sia quello giudiziario hanno valicato da molto tempo le loro frontiere costituzionali. Le spese degli Stati Uniti si avvicinano ai cento miliardi di dollari l’anno, comparati con i tre miliardi e mezzo di circa tre decenni fa; quasi un terzo dei guadagni degli americani viene prelevato ogni anno sotto forma di imposte. Come siamo arrivati a questo punto? Come è stato possibile che il nostro governo nazionale, nato per essere un servitore dai compiti ben definiti, si trasformasse in un padrone con poteri virtualmente illimitati?

 

Libertà per l’agricoltore

Riguardo l’agricoltura l’insegnamento della Costituzione è perfettamente chiaro: nessun potere sull’agricoltura fu mai dato a nessun ramo del governo nazionale. Purtroppo a partire dal 1933 il governo, con sommo disprezzo della Costituzione, è intervenuto con vincoli e sussidi, provocando la fine della libertà individuale degli agricoltori e il caos economico: immensi eccessi di produzione, alti prezzi di consumo, vincoli irritanti. Questi programmi sono semplicemente una versione moderna dei progetti di uccisione dei maiali e di bruciatura delle patate promossi da Henry Wallace durante il New Deal. Nelle attuali politiche agricole c’è però un male ulteriore: lo Stato paga la gente per non produrre.

Non credo, commenta il senatore repubblicano, che mai ci sia stata offerta una dimostrazione più convincente della follia dell’ingerenza governativa. La ragione per cui l’intervento governativo ha creato più problemi di quanti ne abbia risolti è molto semplice: la produzione agricola, come ogni altra produzione, è meglio controllata dall’operazione naturale del mercato libero. Occorre quindi un pronto e deciso abbandono dei sussidi agricoli. Gli agricoltori sono pronti ad affrontare i rischi del mercato libero. Hanno una conoscenza più profonda della maggior parte di noi sulle conseguenze dell’ingerenza del governo, e perciò hanno un interesse più forte al ritorno dell’agricoltura alla libertà e alla sanità economica.

 

Libertà per l’operaio

I sindacati, tenuti entro i limiti giusti e naturali, rappresentano un bene positivo per il paese, perché sono una manifestazione di libertà. Essi esprimono l’inalienabile diritto dell’uomo ad associarsi con altri suoi simili per raggiungere obiettivi legittimi. In questo senso rappresentano un’alternativa al socialismo di Stato, e quindi lo scoraggiano. È chiaro però che oggi sono andati oltre il loro scopo iniziale. La concentrazione di un enorme potere nelle mani di pochi uomini, i capi sindacali, ha privato il singolo lavoratore di gran parte della sua libertà. Milioni di lavoratori rischiano di perdere il loro impiego, se vogliono apertamente manifestare il loro disaccordo nei confronti dei capi sindacali.

Un simile potere economico e politico nuoce all’economia nazionale imponendo ai datori di lavoro condizioni di contratto che incoraggiano l’inefficienza, la bassa produzione e gli alti prezzi: tutte cose che si traducono in un più basso tenore di vita per il popolo americano. Il male che andrebbe eliminato è il potere dei sindacati di imporre negoziati per l’industria intera. Un sindacato che abbia il potere di imporre condizioni uniformi d’assunzione in tutta la nazione, infatti, gode di un potere simile a quello di un governo socialista.

 

Lo Stato assistenziale

I collettivisti che mirano a subordinare l’individuo allo Stato hanno cambiato strategia. Hanno imparato che il socialismo si può ottenere con l’assistenzialismo altrettanto bene che con la nazionalizzazione. Hanno compreso che l’individuo può essere posto alla mercé dello Stato non soltanto facendo dello Stato il suo datore di lavoro, ma spogliandolo dei mezzi per provvedere ai suoi bisogni personali e dando allo Stato la responsabilità di accudire a quei bisogni dalla culla sino alla tomba.

Chi mira all’assistenza pubblica concede al governo il massimo del potere politico: quello di concedergli o negargli quanto è necessario alla vita. Così facendo, inoltre, perde ogni senso di responsabilità per il proprio benessere e quello della sua famiglia e dei suoi vicini. Questo è uno dei grandi mali dello Stato assistenziale: trasforma l’individuo da un essere spirituale, dignitoso, industre, con fiducia in se stesso, in una creatura animale dipendente senza che se ne renda nemmeno conto. Nello Stato assistenziale non c’è alcun modo per evitare questo danno al carattere.

La verità, osserva Goldwater, è che i lati materiali e spirituali dell’uomo sono connessi; che è impossibile per lo Stato assumersi la responsabilità degli uni senza invadere la natura essenziale degli altri; che se togliamo a un uomo la responsabilità personale di provvedere ai propri bisogni materiali, gli togliamo anche la volontà e la possibilità di essere libero.

 

Imposte e tasse

Tutti i politici, osserva Goldwater, promettono ai propri elettori di ridurre le tasse, ma poi, una volta eletti, si mettono a votare per quei costosi progetti che rendono impossibile la riduzione fiscale. Questo circolo vizioso di cinismo e promesse mancate è, prima di tutto, il risultato del successo dei Liberal nell’eliminare dalla discussione i principi morali coi quali il tema della tassazione è così intimamente collegato. Siamo stati indotti a trascurare, se non a dimenticare del tutto, il rapporto tra le tasse e la libertà individuale. Siamo stati persuasi che il governo ha un diritto illimitato sulle ricchezze dei cittadini, e il contribuente americano ha perduto la fiducia nel proprio diritto al suo denaro.

Ma come può un individuo essere libero, se i frutti del suo lavoro non sono a sua disposizione perché ne faccia quel che più vuole, ma vengono trattati, invece, come parte di un fondo di ricchezza pubblica? La proprietà e la libertà, afferma l’autore, sono inseparabili: quando il governo, sotto forma di imposte, porta via la prima, invade anche l’altra. Se le imposte visibili e invisibili portano via circa il 32% dei suoi guadagni, ciò vuol dire che l’americano medio lavora per un terzo del suo tempo per il governo. Notiamo che in questo modo gli Stati Uniti sono già “socializzati” per un terzo.

Anche l’imposta progressiva è ingiusta, scrive Goldwater: «l’idea che un uomo che guadagna centomila dollari l’anno debba essere obbligato a sopportare il costo del governo col 90% dei suoi guadagni, mentre l’uomo che guadagna diecimila debba pagare il 20%, ripugna ai miei concetti di giustizia. Non credo si debba punire il successo» (p. 85). L’imposta progressiva è una tassa confiscatoria che ha lo scopo è di abbassare tutti gli uomini a un livello comune. L’obiettivo di creare una società egualitaria è però contrario sia alla Carta della Repubblica sia alle leggi di Natura.

La verità è che l’unico modo per ridurre le tasse è di ridurre le spese governative, e per far questo è necessario eliminare tutte le attività che producono spese superflue. Il governo deve cominciare a ritirarsi da un’intera serie di attività che si trovano al di fuori del suo mandato costituzionale: assistenza, educazione, agricoltura, case popolari, rinnovamento urbano e tutte le altre attività che possono essere molto meglio esercitate a un livello inferiore di governo, o da istituzioni private o da individui. Riducendo le tasse e le spese, spiega il senatore dell’Arizona, noi non soltanto restituiremo all’individuo i mezzi con i quali può affermare la propria libertà e dignità, ma garantiremo anche alla nazione la forza economica che sarà sempre il suo ultimo baluardo contro i nemici stranieri.

 

La minaccia sovietica

La terribile verità, continua Goldwater, è che se non stabiliamo, con i mezzi che ho indicato, la nostra libertà interna perderemo la guerra fredda con l’Unione Sovietica, e diventeremo schiavi. I nostri nemici hanno compreso la natura del conflitto, ma noi no. Sono risoluti a vincere, e noi no. I comunisti infatti si trovano all’offensiva e noi sulla difensiva. L’Urss si muove sempre in avanti, cercando sempre di strappare qualcosa al mondo libero; l’Occidente si sforza, tutt’al più, di tenere quello che ha. I capi americani, sia politici sia intellettuali, cercano disperatamente i mezzi per “riappacificarsi” o “accomodarsi” con l’Urss. Ma il nostro obiettivo non dev’essere la pace, ma la vittoria. O meglio, una pace tollerabile può soltanto seguire la vittoria sul Comunismo.

Molti hanno fiducia nella politica dei “negoziati” con l’Urss, ma io – afferma Goldwater – sostengo che, nelle presenti condizioni, chiacchierare fa male. E ciò perché i comunisti, a differenza di quanto facciamo noi, non considerano i negoziati uno sforzo per raggiungere un accordo. Per loro i negoziati sono semplicemente uno strumento di guerra politica. Ugualmente inutili sono i tanto celebrati “scambi culturali”. Ci dicono che questi scambi sono la nostra migliore speranza di pace, che se i popoli americano e russo impareranno a “comprendersi”, sapranno conciliare le loro divergenze.

La pretesa che il conflitto tra i sovietici e noi nasca dalla “mancanza di comprensione”, osserva Goldwater, è una delle grandi favole politiche del nostro tempo. Mancanza di comprensione da parte di chi? Il popolo americano è male informato sull’indole del comunismo e dello Stato sovietico? Certo, alcuni americani non riescono a capire quanto malefico sia in realtà il sistema sovietico. Al contrario, sembra che gli uomini del Cremlino abbiano una conoscenza dell’America migliore di quella che ne hanno molti nostri capi. Essi conoscono il nostro sistema politico, la nostra capacità industriale, il nostro modo di vivere, e vorrebbero distruggerli completamente.

Nella valutazione dei sovietici il programma degli scambi è semplicemente un’altra operazione della guerra politica comunista. Le persone mandate qui dal Cremlino sono, dalla prima all’ultima, agenti addestrati della politica sovietica. Alcuni di loro sono spie in cerca di informazioni; tutti sono portatori fidati di propaganda comunista. La loro missione è politica, non culturale. Il loro fine è di ingannare, non di informare. La loro missione non è di dare una vera immagine dell’Urss, ma una falsa.

 

Verso la vittoria

Molto grave è anche la decisione del governo americano di sospendere gli esperimenti nucleari. Io non riesco a vedere, scrive Goldwater, in quale modo una politica che riduca la nostra forza militare favorisca la pace. Gli studiosi della Storia hanno sempre riconosciuto che le corse agli armamenti sono il sintomo, e non la causa, delle tensioni internazionali. Nessuna nazione che non sia uscita di senno rinuncia ai mezzi di difendersi senza prima accertarsi che non vi siano più Potenze ostili capaci di minacciarla. Gli esperimenti sono necessari per mettere a punto armi nucleari tattiche tali da poter essere usate in guerre limitate.

Dobbiamo quindi avere la superiorità negli armamenti per controbilanciare la superiorità numerica comunista. Ciò vuol dire che dobbiamo sviluppare e perfezionare una varietà di piccole armi nucleari lecite. Ma se il nostro obiettivo è la vittoria sul comunismo, bisogna ottenere la superiorità in tutti campi, non solo in quello militare, ma anche in quello politico ed economico. Bisogna quindi rendere l’America economicamente forte. Il massimo potere economico americano verrà forgiato non sotto la direzione burocratica, ma nella libertà.

L’avvenire si svilupperà lungo una di queste due strade: o i comunisti conserveranno l’offensiva, lanceranno una sfida dopo l’altra, e ci costringeranno alla fine ad arrendersi o ad accettare la guerra belle circostanze più favorevoli. O noi troveremmo la volontà e i mezzi per prendere l’iniziativa, conducendo una guerra di logoramento contro di loro, sperando così di provocare la disgregazione interna dell’impero comunista. La prima scelta comporta il rischio della guerra e conduce, in ogni caso, alla probabile sconfitta. L’altra comporta il rischio della guerra, ma offre la promessa della vittoria. Per gli americani che amano sì la vita, ma ancor più la libertà, conclude Goldwater, la scelta non dovrebbe essere difficile.

 

Citazioni rilevanti

Il governo non ha diritti sul tuo denaro

«Il Governo non ha affatto un diritto illimitato sui guadagni degli individui. Uno dei principali precetti della legge naturale è il diritto dell’uomo al godimento e all’uso della sua proprietà. E i guadagni dell’uomo sono sua proprietà non meno della sua terra e della casa in cui vive.» (p. 82)

 

L’istruzione va tenuta lontana dal governo federale

«Quanti patrocinano i sussidi federali alle scuole … tendono a vedere il problema sotto l’aspetto quantitativo: non ci sono abbastanza scuole, non abbastanza insegnanti, non abbastanza attrezzi. Io penso invece che sia questione di qualità; quanto valgono le scuole che abbiamo? La loro soluzione è di spendere più denaro. La mia è di elevare il livello. Loro ricorrono al Governo federale. Io consiglio di ricorrere alla commissione delle scuole pubbliche, alla scuola privata, al singolo cittadino; il più lontano possibile dal Governo federale.» (p. 107)

 

Contro gli aiuti ai governi esteri

«Tutti i paesi “neutri” che noi aiutiamo si sono dati un sistema di socialismo di Stato. La nostra presente politica di aiuti da Governo a Governo rinforza il socialismo in quei paesi. Non soltanto rendiamo perpetui l’inefficienza, e anche lo spreco, che sempre accompagna le economie dominate dal governo; rinforzando quei Governi, noi rendiamo più difficile alla libera iniziativa prendere il sopravvento. Per questa ragione soltanto, dovremmo eliminare ogni assistenza in capitali da Governo a Governo, incoraggiando la sostituzione di privati investimenti americani … Il nostro presente programma di aiuti esteri … ha creato nelle menti, ovunque, l’immagine di una nazione che ha fede non già nei valori spirituali e umani, ma nelle cose materiali che stanno alla base della propaganda comunista. Fino a questo punto abbiamo adottato la dottrina comunista» (p. 138).

 

L'autore

Barry Goldwater

Barry Goldwater (Phoenix, 2 gennaio 1909 – Paradise Valley, 29 maggio 1998) è stato un politico statunitense. Membro del Partito Repubblicano, è stato il candidato del suo partito alle elezioni presidenziali del 1964 quando fu sconfitto dal presidente uscente Lyndon B. Johnson. Nacque nel 1909 a Phoenix, futuro Stato dell’Arizona, da una famiglia di origini ebraiche della media borghesia. Nel 1934 si sposò con Margaret Johnson, da cui ebbe quattro figli, e dopo la morte della moglie avvenuta nel 1985 si risposò.

Combatté come ufficiale nella seconda guerra mondiale e nella guerra di Corea. Nel 1952 si candidò con successo come senatore dell’Arizona per i repubblicani, e fu rieletto nel 1958. Nel 1960 scrisse il libro The Conscience of a Conservative (Il vero Conservatore), che suscitò un notevole interesse nei circoli conservatori. Nel 1964 ottenne la nomination repubblicana alle elezioni presidenziali; la sua nomina, però, non era ben vista dall’ala moderata del partito, la quale contestava in particolare la sua politica estera troppo rigida nei confronti dell’Urss.

Alle elezioni fu sconfitto pesantemente dal Democratico Lyndon B. Johnson. Nonostante la sconfitta, fu rieletto come senatore nel 1968, nel 1974 e nel 1980. Pur rimanendo fortemente anticomunista, negli ultimi anni da senatore si spostò su posizioni più liberal in materia di aborto, diritti gay e marijuana. Nel 1996 un ictus e in seguito i primi segni della malattia di Alzheimer lo costrinsero a ritirarsi dalla scena politica. Morì nel 1998.

 

INDICE DEL LIBRO

Prefazione, p. 7

La coscienza di un conservatore, p. 15

I pericoli del potere, p. 25

Diritti civili, p. 39

Libertà per l’agricoltore, p. 49

Libertà per l’operaio, p. 59

Imposte e tasse, p. 79

Lo stato assistenziale, p. 93

Alcune note sull’istruzione, p. 105

La minaccia sovietica, p. 119

 

Vuoi leggere centinaia di riassunti come questo riguardanti i più importanti libri di saggistica? 

Abbonati a Tramedoro. I grandi libri delle scienze sociali in pillole!

NOTA BIBLIOGRAFICA

Barry Goldwater, Il vero conservatore, Le Edizioni del Borghese, Milano, 1962, p. 173, traduzione dall’inglese di Henry Furst.