x

x

Inadempimento contrattuale e coronavirus

inadempimento contrattuale
inadempimento contrattuale

In questo periodo di tempo, causa il divieto di spostamento prima localizzato in alcune province della Lombardia e del Veneto e poi esteso a tutto il territorio nazionale e causa inoltre l’obbligo di chiusura di numerose attività commerciali e produttive sull’intera Italia, determinati dal Coronavirus, possono essere molte le obbligazioni contrattuali che non si riescono ad adempiere o che si possono adempiere solo con ritardo.

Che succede in questi casi?

Ai sensi dell’articolo 1218 Codice Civile, il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo nell’adempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. In altri termini, in generale, il debitore risponde del proprio inadempimento e quindi, ex articolo 1223 Codice Civile, risarcisce il danno al creditore.

Per non essere responsabile, deve dar prova che il proprio inadempimento o il ritardo con cui ha adempiuto è derivato da impossibilità a lui non imputabile. Impossibilità a lui non imputabile significa che la prestazione è divenuta oggettivamente impossibile e che tale oggettiva impossibilità non è ascrivibile a colpa del debitore.

In questi casi, e cioè se il debitore prova che la prestazione è impossibile e non per colpa sua, il debitore non risponde dell’inadempimento. A regolare che succede c’è l’articolo 1256 Codice Civile, il quale dispone che se l’impossibilità sopravvenuta non imputabile al debitore è definitiva, l’obbligazione si estingue e, ai sensi dell’articolo 1463 Codice Civile, nei contratti a prestazioni corrispettive, la parte liberata dall’obbligo non può chiedere la controprestazione.

Quindi, per essere liberati dall’obbligo della prestazione e far sì che tale obbligo si estingua, occorre che la prestazione sia, appunto, divenuta impossibile, non per colpa del debitore e che tale impossibilità sia sopravvenuta, ovvero sia successiva alla conclusione del contratto. In questo caso, non si è obbligati più a fare nulla; però, se trattasi di contratto con prestazioni corrispettive, ovvero vi sia un’altra parte contrattuale, non si può chiedere la prestazione dalla controparte.

Facciamo un esempio: Tizio deve fornire della merce a Caio entro il 30 marzo, quale data non prorogabile, ma, a causa dei provvedimenti del Governo, la prestazione è diventata impossibile, perché la ditta di Tizio ha dovuto chiudere. In questo caso, la prestazione entro il 30 marzo è appunto diventata impossibile, Tizio è liberato dall’obbligo di farla, ma non può pretendere il pagamento del prezzo della merce e Caio non è tenuto a pagare il prezzo.

Può darsi che l’impossibilità sia solo temporanea: in questo caso, sempre ai sensi dell’articolo 1256 Codice Civile, il debitore non risponde del ritardo, a meno che l’impossibilità della prestazione perduri fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può essere ritenuto obbligato ad eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla: in tale ultimo caso, l’obbligazione si estingue.

Torniamo all’esempio. Tizio deve fornire della merce a Caio entro il 30 marzo, tale data non è però improrogabile perché la merce serve comunque a Caio e Tizio, dopo un periodo di forzosa cessazione dell’attività, può ricominciare a produrla. In questo caso, Tizio non è responsabile del ritardo, Caio riceverà la merce e ne pagherà il prezzo.

Può accadere che la prestazione sia diventata eccessivamente onerosa a causa dei provvedimenti governativi. Eccessivamente onerosa vuol dire per esempio estremamente costosa o comunque con molto più grande sacrificio rispetto a prima. L’eccessiva onerosità sopravvenuta alla conclusione del contratto altera l’equilibrio contrattuale.

Si pensi ad esempio alla produzione di un macchinario la cui materia prima è diventata, dopo la conclusione del contratto, molto più costosa rispetto appunto al momento della conclusione del contratto stesso. L’equilibrio contrattuale viene certamente alterato: basti pensare al prezzo di vendita che era stato fissato in certa misura, la quale diventa non più conveniente per il produttore se la materia prima aumenta imprevedibilmente e notevolmente di costo, immaginiamo a causa del Covid 19.

Il Codice Civile prevede all’articolo 1467 che l’eccessiva onerosità sopravvenuta per avvenimenti straordinari e imprevedibili fa sorgere in capo alla parte che deve compiere tale prestazione, divenuta eccessivamente onerosa, la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto. L’altra parte però può evitare la risoluzione, offrendo di modificare equamente le condizioni di contratto.

Facciamo l’esempio della materia prima diventata molto più costosa.

Ovviamente, deve trattarsi di aumento di costo che non rientri nella normale alea del contratto, ma che derivi da un avvenimento straordinario e imprevedibile, quale potrà essere, ad esempio, il Coronavirus o i provvedimenti governativi determinati da tale pandemia.

In questo caso Tizio, che era il soggetto che doveva fornire i beni a Caio, e che era il soggetto per cui la produzione dei beni è diventata eccessivamente onerosa per un evento straordinario ed imprevedibile, può chiedere a Caio di risolvere il contratto e quindi di non produrre più niente senza alcuna conseguenza per esso Tizio, a meno che Caio non gli offra di modificare le condizioni di contratto in modo equo.

Se trattasi di contratto con obbligazioni di una sola parte, l’articolo 1468 Codice Civile prevede che il debitore tenuto alla prestazione possa chiedere una riduzione della sua prestazione ovvero una modificazione nelle modalità di esecuzione, sufficienti per ricondurla ad equità.

In sostanza, si tratta di valutare caso per caso.

Bisogna analizzare bene come la pandemia per il Coronavirus o i provvedimenti governativi abbiano inciso sulla prestazione.

Possiamo infatti ipotizzare che il Coronavirus e i provvedimenti governativi conseguenti possano costituire un evento straordinario ed anche imprevedibile: è possibile, ed è anche auspicabile, che questa interpretazione possa affermarsi nella giurisprudenza e nella dottrina. Occorre però poi verificare, in ogni singolo caso concreto, se questa pandemia o questi provvedimenti governativi conseguenti abbiano davvero nella fattispecie determinato un’impossibilità sopravvenuta o una eccessiva onerosità nella prestazione oppure no, in modo da potersene applicare, se del caso, le conseguenze codicistiche.

Va aggiunto, per completezza, che in questa direzione si inserisce l’articolo 91 del decreto legge 17 marzo n. 18, “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”, il quale prevede che “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 Codice Civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.

Ciò significa che se le misure contenitive hanno determinato omessi o ritardati adempimenti, questo fatto andrà valutato dal giudice ai sensi dell’articolo 1218 Codice Civile: andrà quindi valutato come impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al debitore, con tutte le conseguenze di cui si è detto sopra.