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Intelligenza artificiale e robot creativo: a chi spetta la titolarità del brevetto?

Castelluccio di Norcia
Ph. Gianluca Scalpelli / Castelluccio di Norcia

Indice:

1. Intelligenza artificiale: il caso DABUS

2. Intelligenza Artificiale: l’interpretazione dell’EPO

3. Intelligenza artificiale: cambiare prospettiva

 

In queste settimane la Corte Federale Australiana con una sentenza innovativa ha riconosciuto a un’intelligenza artificiale la possibilità di vedersi riconosciuta la titolarità di un brevetto, in Europa le tendenze sono però diverse.

 

1. Intelligenza artificiale: il caso DABUS

La sentenza della Corte federale australiana emessa il 30 luglio 2021 ha riconosciuto un’intelligenza artificiale di nome DABUS (Device of Autonomously Bootstrapping Uniform sensitive) come “inventore” nelle domande di brevetto di due invenzioni.

DABUS è un particolare tipo di intelligenza artificiale, spesso indicata come “macchina creativa”, e le semplici invenzioni in questione avevano ad oggetto un contenitore per alimenti e un apparato di segnalazione luminosa. A ben vedere però, la questione sul relativo brevetto è tutt’altro che banale.

Il richiedente e creatore di DABUS, il dottor Stephen Thaler, supportato da un gruppo di consulenti, ha attivamente condotto una campagna affinché l’intelligenza artificiale fosse riconosciuta come inventore in varie giurisdizioni, tra cui Stati Uniti, Regno Unito ed Europa.

Le domande sono state fino ad oggi respinte dai vari Stati sulla base del fatto che DABUS non è una persona fisica, e quindi non può essere nominato come inventore.

Pertanto, la sentenza della Corte australiana è innovativa in tal senso, in quanto si qualifica come il primo paese ad accettare giudizialmente l’intelligenza artificiale come inventore.

La Corte australiana ha affermato che la legge brevetti nazionale non impone che l’inventore detenga la proprietà dell’invenzione, né che la trasferisca al titolare della domanda, bensì richiede che il titolare della domanda abbia ottenuto la proprietà dell’invenzione in un modo riconosciuto dalla legge.

La sentenza della corte australiana ha stabilito che il sig. Thaler è proprietario dell’invenzione poiché possiede e controlla non solo il DABUS ma anche il codice che esso utilizza, dunque ne possiede anche i prodotti.

La Corte ha inoltre concluso che un sistema di intelligenza artificiale può essere designato come inventore, sebbene non come titolare del brevetto e ha sottolineato come la parola “inventore” non sia definita nella legge sui brevetti. Pertanto, un’interpretazione più ampia e flessibile è sicuramente più coerente con l’obiettivo della legge in materia di brevetti di promuovere l’innovazione tecnologica.

In caso contrario, se fosse richiesto un essere umano, a chi spetterebbe la titolarità? Al programmatore? Al proprietario? All’operatore? Alla persona che ha fornito i dati di input? A tutti o a nessuno? Per il giudice della Corte australiana la titolarità è della macchina artificiale.

 

2. Intelligenza Artificiale: l’interpretazione dell’EPO

Per quanto riguarda l’Europa, l’European Patent Office (EPO) ha già tenuto due conferenze internazionali sul tema dei brevetti per le intelligenze artificiali a metà 2018 e a fine 2020, svolto consultazioni con gli stati membri della Convenzione sul Brevetto Europeo e commissionato diversi studi.

Da una parte si è riscontrata la necessità di qualificare come ideazione creativa solo il frutto dell’ingegno umano (come sancito dall’ufficio brevetti europeo EPO); dall’altra, vi è la convinzione che il livello di autonomia intellettuale raggiunto dalla macchina debba giustificare l’attribuzione delle invenzioni alla stessa, con il conseguente riconoscimento ufficiale della paternità della produzione creativa.

L’EPO si è espresso sul tema statuendo che le richieste di brevetto non soddisfano i requisiti previsti dall’articolo 81 e dalla regola 19 della Convenzione sul Brevetto Europeo.

L’articolo 81 stabilisce che «La domanda di brevetto europeo deve comprendere la designazione dell’inventore – e che – Se il richiedente non è l’inventore o l’unico inventore, la designazione deve contenere una dichiarazione indicante in qual modo il richiedente ha acquisito il diritto al brevetto».

In base a questo secondo caso, quindi, è necessario indicare il titolo giuridico in base al quale il richiedente ha acquisito il diritto al brevetto.

La regola 19 sancisce invece che la domanda di brevetto deve indicare nome, cognome e indirizzo dell’inventore.

Pertanto, secondo l’EPO, l’inventore designato in una domanda di brevetto deve essere una persona fisica.

In conformità alle regole dettate dalla Convenzione, nella pronuncia di rigetto della domanda di brevetto presentata dal sig. Thaler si afferma che la designazione dell’inventore non possa prescindere dall’indicazione del suo nome, cognome e indirizzo completo.

L’identificazione nominale riveste, secondo EPO, un valore di specifico discrimine che abilita chi ne gode – quindi solo l’umano – ad esercitare diritti e a esprimere l’essenza della “personalità”, condizione di rilevanza giuridica del tutto preclusa ai robot e alla loro intelligenza sintetica.

Stessa strada è stata intrapresa dall’ufficio brevetti americano (USPTO) e britannico (UKIPO) presso i quali erano state depositate le stesse domande di brevetto relative alle invenzioni di DABUS.

 

3. Intelligenza artificiale: cambiare prospettiva

In concreto, cambiare prospettiva significherebbe poter attribuire la titolarità dell’invenzione all’intelligenza artificiale che l’ha autonomamente generata e la proprietà del brevetto alla persona fisica che ha sviluppato il sistema algoritmico.

Il risultato consisterebbe in un caso di scissione tra titolare e proprietario della scoperta, come già previsto per i dipendenti di aziende, in cui pur riconoscendo il dipendente titolare della invenzione, la proprietà spetta all’azienda con ovviamente tutti i diritti di sfruttamento economici.

Essere riconosciuti come inventori è un diritto – almeno fino ad oggi – non trasferibile e meramente morale, che consente di essere nominati come autore dell’idea tutelata e non attribuisce alcun diritto di tipo economico diretto. Al contrario, la proprietà del brevetto assicura invece la facoltà di sfruttamento economico dell’invenzione in capo alla persona fisica o giuridica.

Non possiamo ignorare che le intelligenze artificiali stiano assumendo un ruolo sempre più preponderante nelle attività di ricerca e sviluppo in tutti i settori industriali e che i due mondi (umano e non) si stiano sempre più avvicinando sia per le capacità creative delle macchine che per il loro coinvolgimento nell’ambito lavorativo.

Un intervento normativo per regolamentare le nuove problematiche legate alla proprietà delle invenzioni che coinvolgono attività delle intelligenze artificiali è necessario anche in un’ottica di uniformità di regolamentazione dei brevetti a livello internazionale e in considerazione degli attuali e futuri sviluppi tecnologici.