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La bambola della Cassazione

Cassazione
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L’idea della costruzione del palazzo di Giustizia della Cassazione trova forma nel dibattito parlamentare del 1880 per stabilire il concorso finanziario dello Stato per la trasformazione edilizia e urbanistica di Roma.

Tra i fautori della costruzione di “una opera degna della funzione della Giustizia”, Quintino Sella e Giuseppe Zanardelli. Quest’ultimo, in particolare indicava la necessità che l’opera fosse: “un monumento di severa bellezza, il quale accoppi la venustà e la eleganza alle impronte di quella maestà e di quella forza che sono gli attributi della Legge e del Diritto”.

Il 14 marzo 1888, alla presenza di re Umberto, fu posta la prima pietra del Palazzo di Giustizia, il Palazzaccio per i romani, su progetto dell'architetto Guglielmo Calderini, il quale si ispirò all'architettura neobarocca.

L’architetto perugino prese ad esempio il monumentale Palais de justice di Bruxelles, costruito da Joseph Poelaert negli anni dal 1866 al 1883, con la sua pesante cupola posta all’altezza di 118 metri domina l’intera capitale belga.

Iniziarono i lavori di scavo e il 12 gennaio 1889, le sabbie limacciose del fiume restituirono alla luce due sarcofagi, perfettamente conservati, databili intorno al 150-170 d.C., appartenenti a personaggi della stessa famiglia: quello di una giovane donna morta prematuramente all’età di 18 anni, Crepereia Tryphaena, e quello di Crepereio Euhodo.

Sulla cassa in marmo del sarcofago dedicato a Crepereia Tryphaena era «incisa di bassissimo rilievo una scena allusiva alla morte della fanciulla».

La quale vi è rappresentata dormente sul letto funebre, con la testa appoggiata sulla spalla sinistra.

La scoperta più sensazionale fu il ritrovamento di una bambola snodabile in avorio appartenuta alla giovane fanciulla Tryphaena.

La ragazza si presentò agli occhi dei Romani accorsi, alla notizia dell'eccezionale ritrovamento, presso il ponte Umberto I, come una divinità fluviale. All'apertura del sarcofago infatti, la giovane donna, sommersa nell'acqua proveniente dal vicino fiume Tevere, appariva come una ninfa.

Lasciò scritto l'archeologo Rodolfo Lanciani presente agli scavi:

Tolto il coperchio, e lanciato uno sguardo al cadavere attraverso il cristallo dell'acqua limpida e fresca, fummo stranamente sorpresi dall'aspetto del teschio, che ne appariva tuttora coperto dalla folta e lunga capigliatura ondeggiante sull'acqua. La fama di cosi mirabile ritrovamento attrasse in breve turbe di curiosi dal quartiere vicino, di maniera che l'esumazione di Crepereia Tryphaena fu compiuta con onori oltre ogni dire solenni, e ne rimarrà lunghi anni la memoria nel quartiere Prati. Il fenomeno della capigliatura è facilmente spiegato. Con l'acqua di filtramento erano penetrati nel cavo del sarcofago bulbi di una tal pianta acquatica che produce filamenti di color d'ebano, lunghissimi, i quali bulbi avevano messo di preferenza le loro barbicine sul cranio. Il cranio era leggermente rivolto verso la spalla sinistra e verso la gentile figurina di bambola...

All’epoca il ritrovamento della fanciulla e della sua bambola catalizzò l’attenzione anche di Giovanni Pascoli.

Per l'occasione il poeta compose una poesia in latino:

«Vitrea virgo sub aqua latebas
at comans summis adiantus undis
nabat. An nocti dederas opacae
spargere crinis?»

«Ti nascondevi, o fanciulla, nell' acqua trasparente,
e sull'onda nuotavano i tuoi capelli di felce.
Avevi concesso alla notte oscura
il privilegio di scioglierli?»

 

Dalla magia della bambola alla dura realtà terrena

I lavori di costruzione del Palazzo di Giustizia andarono per le lunghe e i prezzi lievitarono, anche per le grandi ed ininterrotte polemiche e critiche che accompagnarono l'edificio sin dai primi anni della sua edificazione, che portarono all'esonero del Calderini dalla direzione dei lavori: l'inaugurazione si ebbe soltanto ben 22 anni dopo, il 9 novembre 1910.

Il palazzo appare interamente rivestito in travertino, ma in verità ne è soltanto rivestito perché la sua struttura è in cemento armato, una tecnica di costruzione che costituì uno dei primi esempi in Europa.

Manara Valgimigli, Poesie Latine di Giovanni Pascoli, Mondadori Editore, 1951.

Rodolfo Lanciani, Delle scoperte avvenute nei disterri del nuovo Palazzo di Giustizia, in Bullettino della Commissione Archeologica comunale di Roma, serie terza, Roma, Tip. della R. Accademia dei Lincei, 1889, pp. 173-80.

Elena Stancanelli, Crepereia e le altre bambole magiche, in la Repubblica, 17 febbraio 2005.

Armando Ravaglioli, I Palazzi della Giustizia, Newton, 1995.