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La garanzia decennale del costruttore

appalto
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Indice:

1. La responsabilità dell’appaltatore

2. Termini per la denuncia e per l’esercizio dell’azione

 

Anche recentemente la Suprema Corte di Cassazione si è occupata della tematica relativa alla responsabilità dell’appaltatore per difetti o per rovina di edifici. La questione riguarda non solo il crollo od il pericolo di crollo, ma anche – a termini di legge – i “gravi difetti” della costruzione.

La giurisprudenza ha letto ed interpretato tale locuzione in forma estensiva, ricomprendendovi tutte quelle difettosità le quali, ancorché non richiedano una spesa ingente per essere risolte, incidano in modo sensibile sul valore economico dell’edificio.

Dunque, rientrano in tale categoria anche:

  • le infiltrazioni d’acqua o macchie di umidità derivanti da errata coibentazione,
  • il distacco di intonaco o di piastrelle di pavimentazione,
  • l’inefficienza dell’impianto idrico, fognario o di riscaldamento, e numerosi altri difetti che compongono una casistica alquanto varia e ampia.

Come si vedrà, peraltro, anche la previsione legislativa di termini particolarmente ristretti per la denuncia del vizio e per la sua tutela giurisdizionale è stata letta ed interpretata dalla giurisprudenza (particolarmente da quella di legittimità) in guisa tale da consentire un’ampia tutela del committente e dei suoi aventi causa, e dunque del proprietario attuale dell’immobile.

In queste brevi righe, pertanto, cercheremo di fornire alcune coordinate nel merito e nella procedura per tutelare adeguatamente il proprio buon diritto.

 

1. La responsabilità dell’appaltatore

Secondo quanto previsto dalla lettera dell’articolo 1669 del codice civile,

quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive entro un anno dalla denunzia.

Si tratta di una forma di responsabilità extracontrattuale, così definita per finalità di interesse generale, quali la stabilità, la sicurezza ed il decoro degli edifici nonché l’incolumità delle persone, che costituisce una forma speciale e presuntiva di responsabilità aquiliana, come prevista dall’articolo 2043 del codice civile e che non appare rinunciabile o limitabile per accordo tra i contraenti. Stante tale natura, si ritiene che la presunzione di responsabilità possa essere superata dall’appaltatore solo provando il caso fortuito o il fatto del terzo.

Oltre alla rovina, totale o parziale, ovvero al pericolo di rovina, la garanzia dell’appaltatore copre i “gravi difetti”, i quali, secondo la costante giurisprudenza della Cassazione, sono da ascriversi a quei vizi – non solamente strutturali ma – tali da incidere sulla funzionalità globale della costruzione, al punto da comprometterne in modo apprezzabile il godimento e così l’idoneità a fornire l’utilità a cui essa era destinata. Essi prescindono dall’importo in denaro necessario alla loro eliminazione, ma – ancorché afferiscano ad elementi secondari od accessori – riguardano lesioni, imperfezioni o difformità tali da incidere sensibilmente sul valore economico dell’edificio o di parti di esso (da ultimo, ex pluribus, si veda Cass. Civ. sez. VI, ord. N. 1423 del 18.1.2019).

Nell’ambito della casistica, va sottolineata la ammissibilità della garanzia per vizi “non totalmente impeditivi dell’uso dell’immobile, come quelli relativi all’efficienza dell’impianto idrico o alla presenza di infiltrazioni e umidità, ancorché incidenti soltanto su parti comuni dell’edificio e non sulle singole proprietà dei condomini” (ex multis, Cass. Civ. sez. VI, Ord. N. 3674 del 7.2.2019).

 

2. Termini per la denuncia e per l’esercizio dell’azione

Il disposto normativo prevede tre differenti termini.

Un primo termine, sostanziale in quanto afferente al rapporto tra appaltatore e committente (che si riflette sui suoi aventi causa), di durata decennale, che viene fatto decorrere dalla data del completamento della costruzione (e non della vendita).

Un secondo termine, decadenziale, stabilito in un anno dalla scoperta del vizio, per la denuncia all’appaltatore.

Un terzo termine, prescrizionale, stabilito in un anno dalla denuncia, per l’esercizio dell’azione.

Il punto ultimamente oggetto di contrasto nella giurisprudenza di merito, ma sul quale la Corte di Cassazione mantiene un orientamento granitico, riguarda la tempestività del secondo termine – per la “denunzia” – e, conseguentemente, di quello successivo per l’azione in giudizio.

 Il focus della questione va rinvenuto, secondo la Corte regolatrice, nella certezza oggettiva dei vizi lamentati, la quale sola legittima la denuncia degli stessi: in specie tale certezza oggettiva implica una “sicura conoscenza dei difetti e delle loro cause”, al punto che la decorrenza del termine annuale per la loro denuncia decorrerà in relazione “all’esito degli accertamenti tecnici che si rendano necessari per comprendere la gravità dei vizi e stabilire il corretto collegamento causale” (Cass. Civ. sez. VI, Ord. n. 3674 del 7.2.2019).

Il “grado apprezzabile” di conoscenza oggettiva dei difetti, invero, attiene non solo alla “grave entità”, ma “soprattutto alle cause tecniche” che ne consentono di individuare le responsabilità e dunque il nesso eziologico tra gli stessi e l’imperfetta esecuzione dell’opera. Tale condizione trova cittadinanza nell’ordinamento giuridico, “non potendosi onerare il danneggiato di proporre senza la dovuta prudenza azioni generiche a carattere esplorativo o comunque suscettibili di rivelarsi infondate” ma dovrà darsi inizio all’azione “solo quando, in ragione degli effettuati accertamenti, risulti dimostrata la piena comprensione dei fenomeni e la chiara individuazione ed imputazione delle loro cause” (Cass. Civ. sez. VI, Ord. n. 3891 del 8.2.2019).

Nelle citate e recentissime pronunce, secondo una linea giurisprudenziale consolidata, si annota un riconoscimento della tempestività dell’azione all’esito dell’esperimento di consulenza tecnica di parte o di ATP (o CTU preventiva) ai sensi degli artt. 696 e 696 bis del codice di procedura civile, a cui si attribuisce valenza di termine iniziale ai fini della scoperta del vizio, la quale scoperta – come ben chiarisce la Suprema Corte – consiste non solo nell’evento dannoso, ma nella riconducibilità causale di questo alla responsabilità dell’appaltatore o dei professionisti ad esso collegati. Ad essa farà seguito, nel termine di un anno, l’azione giudiziale ai fini dell’accertamento della responsabilità e della condanna al risarcimento del danno patito.