Manovre di disarticolazione psicologia
Abstract
I padri latini ammonirebbero con il termine nonsubiugarevalius, ossia, ridurre sotto dominio proprio la determinazione psicologica di un soggetto; Petrarca in senso figurativo definirebbe tale dominio come la potenza autoritaria di un sentimento che decide tutto. La manipolazione si realizza mediante un processo comunicativo-linguistico veicolante messaggi profondi che si radicano su fattori emotivi del soggetto destrutturando la libertà di scelta; causando l’arresto della suitas che caratterizza le azioni ed omissioni rilevanti ai fini penali per la colpevolezza.
Ius Novorum
Molto spesso si sente parlare o semplicemente, notiziare, che è utile se non pratico per una evoluzione attiva psico-sociale, allenare la mente anche con giochi definiti di training mentale per essere più predisposti o meglio disposti a ripensare o rivedere il modo di valutare il mondo e ciò che ci circonda o ci accade, e non rinchiudere il cervello in atrofismi decisori e di percezione delle cose animate o meno che siano.
“Men sana in corpore sano” come sostenevano i latini, e come si evince dalle Satire di Giovenale, che scardina il concetto di detenere premio di onore per il tramite della vanità, mentre il vero sapiente, sano nell’anima e di ciò anche nel corpo si rende conto dei veri bisogni dell’uomo e di ciò che è solo effimero ed anche dannoso. Procediamo per gradi al fine di “addensare” la concentrazione sul fulcro della sedimentazione giuridica che definisce il reato di manipolazione emotiva e/o reale.
In un percorso qualificante i termini presi in uso dalla dottrina e dalla giurisprudenza come motori di interrogativi giudiziari, preme “vocabolizzare” il percorso linguistico-normativo partendo dal concetto di Suggestione.
Come riporta l’illustre enciclopedia Treccani: “Fenomeno della coscienza per cui un’idea, una convinzione, un desiderio, un comportamento sono imposti dall’esterno, da altre persone, o anche da fatti e situazioni valutati non obbiettivamente, e da impressioni e sensazioni soggettive non vagliate in modo razionale e critico. La forma estrema della s. (suggestione) ipnotica, nella quale l’ipnotizzatore, suggerendo all’ipnotizzato un certo complesso di rappresentazioni e di desideri (ipnosi), lo spinge irresistibilmente ad agire in conformità di essi (e quando tale azione ha luogo non durante il sonno ipnotico ma dopo di esso, non rammentando tuttavia il soggetto la s. subita, si parla più propriamente di s. postipnotica). Ma forme più lievi di s. hanno luogo anche al di fuori della sfera dell’ipnotismo, in tutti i casi in cui, per azione diretta o indiretta di un’altra personalità, una certa idea o convincimento o aspirazione determinante un comportamento si impianta in una coscienza, soverchiando o eliminando, con maggiore o minore energia ed esclusività, gli opposti motivi critici che altrimenti tenderebbero a limitarne l’efficacia”.
Nell’ambito scientifico della psicologia, vi è un netto distinguo tra suggestibilità primaria e secondaria.
Secondo l’identificazione che ne dà H. J. Eysenck (1947) vi ricorre la prima ipotesi, quando il soggetto compie ad es., dei movimenti senza averne coscienza e per effetto della ripetizione monotona di un’istruzione verbale dello sperimentatore o del medico, quindi clinica; mentre per la seconda ipotesi, la cc. dd. suggestibilità secondaria, allorquando il soggetto compie atti, esprime valutazioni per effetto di influenze indirette (in progressiva crescita ad esempio stimoli diversi e ad un certo punto della serie renderli costanti); e a concludere vi può essere una suggestibilità terziaria, definita da prestigion, quando l’influenza discende dalla autorità dello sperimentatore o del clinico o da un gruppo sociale, come può essere una setta, quindi plurisoggettivo.
Per evidenziare la suggestione, sono state proposte varie teorie in cui la risultanza è stata che la suggestionabilità, è graduabile in base all’individuo sulla neurofisiologia dello stesso. Sulla disinibizione di centri cerebrali dal transfert tra soggetto medico e paziente e, dalla teoria dei riflessi condizionati (suggestibilità verbale, diviene uno stimolo condizionato che induce nel soggetto una risposta normalmente prodotta da uno stimolo che è senza condizione, incondizionato; un monosuono o cantilena che provoca sonnolenza o torpore cerebrale e può ben essere sostituito da una vera istruzione o ordine verbale corrispondente). Coercire la volontà di un soggetto è la più alta forma di violenza psicologica per obbligare anche se del caso in forma di schiavismo altri, ad agire contro una propria indipendenza volontaristica.
Non è inconsueto che la vittima di arbitrarie scelte altrui non riconosca la violenza e non riesca a distaccarsi o abbandonare il suo referente o meglio padrone mentale: fino a pochi decenni fa, il silenzio, l’omissione e la connivenza, del soggetto passivo, venivano fatte risalire a personali caratteristiche dello stesso masochistiche; ad oggi si predilige la strada di recitare tali “soccombenze” al plagio (dove la vittima apprende di essere impotente di fronte alla condizione che gli si prospetta).
Dalla vecchia disciplina del plagio alle prospettive contemporanee
Plagio. Il Codice penale italiano del 1930, c.d. Rocco, nome del guardasigilli dell’epoca storica indicata, impegna la locuzione “plagio” in un contesto semantico del tutto inedito. Seppur mantenuto nella griglia dei delitti contro la libertà individuale, ne riforma il contenuto rispetto alla tutela penale dello status libertatis prevista dal codice Zanardelli del 1889.
Il corpo normativo nel “realismo” giuridico-culturale che pose definitivamente la parola fine a tutte le bizzarrie che il regime consuetudinario antecedentemente aveva elargito; nei commentari dello stesso codice già si forniscono confini del volere proprio individuale soggettivo. Si legge infatti: “La libertà dell’uomo individuale non è l’injuriae licentia, ma quell’autonomia riconosciuta e protetta dalla legge, in virtù della quale l’uomo deve essere rispettato nel libero determinarsi ai vari atti della vita”.
E si prosegue: “La libertà individuale è la costante facoltà dell’uomo di esercitare le attività proprie, così fisiche così morali, al servizio dei propri bisogni. Senza questo sarebbe inutile l’esistenza e la integrità personale, le quali non sono beni in loro stesse ma in quanto servano di strumento all’esercizio dell’attività personale”. Un principio dunque quello della libertà morale, che fa giocoforza su una filiforme ma non per questo fievole, distinzione tra la concreta attivazione dei differenti momenti che connotano la libertà individuale e una attività prodromica, nella quale un soggetto si determina a porre in essere una certa attività o a tenere una propria peculiare condotta. In tale prospettiva di ragionamento, la libertà morale rappresenta un prius, una consequenziale logica antecedente rispetto alla fruizione della libertà personale.
Nell’esaltare poi i diritti dell’individuo pian piano si è remato su di un canale più fluido ma denso di varie correnti esegetiche. Vediamo già come il codice Rocco si esprime in merito.
Qui addirittura ci si orienta come preparazione giuridica sullo Status servile dello schiavo dell’antica Roma, significativa è La lex Fabia de plagiariis e le condotte “dispositive” della persona, ma senza rivisitare i fossili giuridici di era antica, vediamo nel codice sopra citato che, il plagio è inteso come riduzione di una persona allo stato di completo assoggettamento ad un’altra persona. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 96 del 1981, ha dichiarato illegittimo ed escluso dall’ordinamento italiano, l’articolo relativo al plagio, perché di contenuto vago ed indeterminato, e quindi contrastante con il principio di tassatività delle norme. Nel diritto romano repubblicano invece, il reato di plagio come natura, quello proprio di sequestro di persona, inteso come rapimento o riduzione in servitù di una persona, libero o schiavo.
Tale reato in nuce era punito con pene pecuniarie, e solo in età tardo imperiale, per i casi ritenuti più gravi, fu prevista la pena di morte. Il testo dell’art. 603 c.p., prima dello scossone costituzionale prevedeva ciò: “Chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni”.
La pronuncia della Corte Costituzionale, si rese necessaria e non procrastinabile o soggetta a reversibilità, a seguito di due casi giudiziari che hanno visto invocare l’illegittimità del reato ex art. 603 c.p. rispetto ai valori fondamentali della solenne carta costituzionale.
Il primo avente misura politica, nel 1964, riguardava l’artista Aldo Braibanti, affiliato al marxismo, il quale fu accusato di aver ridotto in totale soggezione psicologica due giovani ormai in suo potere per via delle sue idee sia artistiche che politiche. Il secondo, invece, a carattere prettamente di culto quando Emilio Grasso, sacerdote del movimento dei Carismatici, fu accusato del plagio di alcuni minori da parte dei relativi esercenti la potestà genitoriale.
Prendendo le mosse proprio dalla sentenza citata, si può subito evidenziare che il profilo centrale sul quale si impunta la legittimità costituzionale è il rapporto tra l’art. 603 c.p., nei confronti all’art. 25 co. 2 Co., in quanto il primo art., cozzerebbe con il dettato costituzionale poiché spoglierebbe la norma di tipicità che a braccetto con il principio della riserva di legge assoluta per quanto concerne la disciplina penale, richiede “una puntuale relazione di corrispondenza tra fattispecie astratta e fattispecie concreta”.E ancora, la norma penale oggetto di disamina, lederebbe ancora l’art. 21 Cost., perché “supera la funzione di tutela dell’integrità psichica della persona di fronte alle aggressioni che si possono verificare”.
Sul piano prettamente giuridico la Corte tutore della Costituzione , esprime che “sarebbe assurdo ritenere che possano considerarsi determinate in coerenza al principio della tassatività della legge, norme che, sebbene concettualmente intelligibili, esprimano situazioni e comportamenti irreali o fantastici e comunque non avverabili e tanto meno concepire disposizioni legislative che inibiscano o ordinano o puniscano fatti che per qualunque nozione ed esperienza devono considerarsi inesistenti o non razionalmente accettabili.. la formulazione di siffatte norme sovvertirebbe i più ovvii principi che sovraintendono razionalmente ad ogni sistema legislativo nonché le più elementari nozioni ed insegnamenti intorno alla creazione e alla formazione delle norme giuridiche”.
Dopo tale pronuncia a seguito di vari casi trattati dalla giurisprudenza, si è dimostrato a tutto campo, che è possibile in maniera certa e pressoché insindacabile, che la libertà personale o meglio l’identità di un soggetto-persona, può essere infranta ed umiliata, per mezzo di una condotta che con dolo viene trascinata sino al punto di determinare un reale e concreto stato di esclusione dalle situazioni ambientali e sociali, del soggetto passivo (subendi), con impedimento ad attingere alle fonti opposte o differenti da quelle comandate coattivamente dal soggetto attivo con pieno disfacimento logorante della capacità di autodeterminazione personale. V’è da rilevare inoltre, e non del tutto banale che, la presenza di un eventuale consenso (libero e pieno) prestato dal soggetto “assoggettato”, non costituirebbe causa esimente poiché si è nel terreno dei beni indisponibili, ed in questo caso il consenso si rifletterebbe nel coacervo dei vizi che possono deviarlo (violenza, minaccia, inganno, suggestione o presistente stato di minorazione ed in progredendi altre attività manipolative che seguiranno…).
Non perdendo di vista la distinzione del fatto che, un conto è parlare di auto isolamento o autodistruzione – abuso alcool e sostanze stupefacenti o psicotrope- altro, è il prestare piena conformità di intenti a che terzi vi proceda allo stesso isolamento ergastolo mentale”. Il desiderio pungente e malinconico di avere nel mosaico dei reati una figura criminosa che riprendesse il concetto di soggiogare un soggetto, nonché il vuoto a perdere nella tutela penale da ingerenze fraudolente ed infide portò, nell’aprile del 1988 la proposta di un disegno di legge a firma (Russo, Jervolino-Vassalli) a districare il dubbio giuridico nonché l’angoscia sociale a riproporre sotto l’appellativo di “Atti lesivi della capacità di autodeterminazione del minore” la fattispecie di incriminazione di fatti qualificabili alla stregua del Codice Rocco , “Plagio”. Da ciò, facile seguire un tragitto meno scosceso che da una origine poliedrica portante ad una etero direzione della volizione e secondo alcuni pareri, ad uno stato proprio di incapacità autentica di intendere e di volere trovando sosta nell’oasi condizionante la psicologia di un essere con deturpamento della personalità, sino all’esilio eremitico dagli altri esseri umani con unica interlocuzione o rapporto sinallagmatico di intenti col solo dominus mentis.
L’asse di rotazione dunque, è l’interesse da valutare e tutelare soggetto a possibile violenza e violazione. Il corredo patrimoniale psichico dell’uomo, sia nel suo profilo “statico” che in quello “dinamico” cioè volto ad “aggiornarsi” nel tempo, oltre a trovare dimora certa negli artt. 2 e 3 Cost., è presupposto della fruizione di tutti i diritti di libertà e autodeterminazione e dell’adempimento degli obblighi solidaristici che la stessa carta costituzionale riconosce ed impone solennemente.
Indubbio dunque, che ci troviamo a fronte, un bene di rilievo costituzionale e non dogma su cui avere delle aspirazioni; de quo, che rilevanza penale con piena garanzia di tutela ne può discendere? Da un certo punto di osservazione critica, si potrebbe sollevare la considerazione che la peculiarità dell’ “io” è, inespugnabile, non possibile centro di offesa, per ciò nessun tipo di azione aggressiva, per quanto premeditata o pungente sia, potrebbe in alcun modo essere lesa neanche superficialmente, di converso, si può affermare che la pretesa singolarità dell’essere umano, nella sua misura esistenziale ovvero morale è simulazione di valore, essendo il soggetto “psichico” la risultante di una serie quasi algebrica di componenti più o meno condizionati biologici, neurologici, fattori ereditari o acquisiti extra, fattori culturali, economici, di credo religioso e dei rapporti interpersonali e collettivi intrattenuti reali o formali. Da ciò è impensabile tratteggiare o dare una giusta fisiognomica propria come fosse un “genoma” proprio.
Di palmare evidenza appare quindi, anche per il tramite degli spunti e valori costituzionali previsti, di sostanza fondamentale pretendere un corollario giuridico che si imponga come guarentigia penale certa la integrità della persona sotto il profilo psichico inteso in senso ampio per tranciare l’affermarsi di condotte aggressive e irrimediabili; dove le fattispecie normative attuali sono inidonee e poco applicabili se non tardive nell’esplicare sana conformazione sociale di adempimento, sforzandoci di attingere a tutto campo il disvalore del fatto concreto. Necessario dunque plasmare e fondere le esigenze di tale bene assoluto e irrinunciabile di cui sopra, per pronunciare e descrivere una fattispecie incriminatrice non soggetta ad interpretazioni varie ed elastiche o aperte ma che abbia contorni definiti e tassativi. Un novello art. 603 c.p. sotto un “outfit” camaleontico che porti il giudice a fare l’arbitro di calcio fra rimpalli giurisprudenziali non porterebbe alcun risultato di tutela effettiva.
Nella epigenetica attuale, di cui il massimo esponente è il dr. B. Lipton, ricorda che:”la nostra mente controlla la nostra “guarigione”, già la epigenetica dunque concettualmente afferma e mette in guardia sul fatto che, i cambiamenti che possono apportare ai nostri geni grazie al nostro pensiero, possono essere sia buoni che cattivi ovvero, possiamo farci del bene o danneggiarci: a seconda di come trattiamo il nostro corpo (fisiologia) fino ad arrivare al pensiero che produciamo ed ancora: “non ci ferisce ciò che non sappiamo, ma ciò che pensiamo di sapere e che non è vero” (Dawson Churc). Se la mente porta a controllare la guarigione in medicina genetica, la mente malleabile porta alla autodistruzione propria o al disfacimento di un potenziale abile controllo per danneggiare altri soggetti –persona. Ricordiamo che, sotto pressione di azioni “adeguate” ci si può far deformare, in tal senso viene usato il termine malleabilità.
Lo studio dei processi di manipolazione, suggestione, influenzamento è un tema molto spinoso su cui la psicologia sociale e la psicologia forense si muovono da decenni ed è in continuo fermento conoscitivo e produttivo di pareri e conclusioni decisorie. La comprensione dei fenomeni di manipolazione psicologica, è peculiare in ambito giudiziario poiché, tra il mosaico delle indagini e varie fasi e percorsi tecnici adottati, si occupa oltremodo di come le testimonianze giuridiche possano essere influenzate dalle condizioni psicologiche del testimone, il fenomeno ad es., delle alterate ovvero false confessioni ne è forse l’esempio più significativo.
In uno studio molto approfondito, in merito delle conseguenze psicologiche subite dalle vittime di manipolazione emotiva, la dott.ssa Annalisa Barbier evidenzia sostanzialmente che la manipolazione emotiva è una sorta di balletto di coppia, ballato da due persone con caratteristiche complementari: il “conduttore” di tale danza, il manipolatore, ha bisogno di mantenere il controllo, la percezione positiva di sé e soprattutto di mantenere sempre la ragione per uno scopo, mentre la parte “condotta”, vittima di questa danza estenuante, è caratterizzata da un bisogno fortissimo di fusione ed approvazione, che la porta a permettere all’“istruttore della danza” di ri-definire la personale idea di realtà, idealizzando e cercando in maniera crescente e perniciosa il consenso pieno, non tralasciando il tratto importante, che la comunicazione verbale tra i due soggetti citati, è sempre ambigua, incoerente, passivo-aggressiva, subdola, con frasi e gesti involontari con la finzione di sostenersi in una condotta, accentrando esasperatamente l’attenzione sui problemi personali cercando quasi di circoncidere lo stato d’animo con una sorta di “ricatto emotivo”.
Attraverso le critiche anche se parzialmente vere intese a ferire, indebolire e a intorpidire fino all’annientamento il discernimento comune e personale portano a rafforzare gli intenti criminosi, ed esse si presentano così:
1) offese, insulti ed esagerazioni;
2) possono essere mosse nel bel mezzo di una lite e discussione;
3) sono usate per cercare di vincere una discussione;
4) sono provocate dal tentativo di obiezione;
5) ci si distacca spesso da una “relazione” con la discussione;
6) si sposta l’attenzione sull’altrui comportamento;
7) vengono mosse quando è arduo rispondere.
Tale procedimento mentale è adottato negli stessi termini “matematici” nelle relazioni sentimentali o presunte tali.
Il meccanismo della manipolazione inizia in maniera subdola e prende piede nel tempo, con una velocità ed una definitezza che dipendono direttamente dalla resistenza della “vittima”; indi, possiamo trovarci di fronte a manipolazioni discrete ed occasionali e/o ab origine sporadiche che, possono rimanere tali per mesi o anni, oppure evolvere in fenomeni caratterizzati da elementi di violenza psicologica mista a quella fisica, nel recinto di rapporti duali francamente e di indubbia fonte patologica.
Come “marcatori traccianti” di una soggezione, dominio manipolativo, si osserva che, il manipolatore originariamente si presenta come una persona affabile, sensibile, empatica altruista e finanche generosa, propensa al bene; ciò da modo di entrare nello spazio altrui riservato e repentinamente avuto l’accesso personale, il cambiamento diviene subitaneo e opposto, egoistico, accentratore, con elevato spessore egotico e di esclusivo potere. Si sostiene fermamente che ogni forma di manipolazione psicologica, non sia esclusivamente una procedura di azione diretta interessante la psiche altrui, ma, un vero processo comunicativo (Zimbardo, 2008). Secondo quanto affermato a livello teorico-pratico, un bravo comunicatore, ossia mentore verbale, è colui che riesce a veicolare dei messaggi diretti, semplici, di facile intesa, anche se con spunti di riflessione profonda e di approdo sorprendente, concreto e realistico, facendo leva su fattori emozionali, e con un trend narrativo-storico ripercorribile con sensazioni di persuasione (Robert Cialdini 2009).
Per rappresentare un piccolo breviario di persuasione:
1) Sinallagmaticità o rapporto dinamico di corrispondenze che poi si dissolve nel precipizio dove domiciliano persone che hanno trascinato la disponibilità personale, la propensione all’altruismo; può avvenire anche e qui si vede il concetto sinallagmatico di corrispondere un favore o qualcosa di ritenuto positivo con dell’altro considerato ad altri a segno sempre agevolativo-propulsivo.
2) Coerenza, ovverosia coesione o armonia tra il rappresentare e l’agire: la necessità di manifestarsi coerenti con quanto abbiamo messo in atto, questo porta un cambio volta mentale che va oltre le pressioni personali e terze nello sforzo di essere coerenti con l’impegno mentale preso. Una metodologia persuasiva che sfrutta nella pratica le tecniche minatorie, come ad esempio mettere il “piede nella porta” o staccare la spina di un telefono per ottenere degli scopi di reazione.
3) Biasimo collettivo: nel decidere cosa rientra nel mosaico del giusto per la propria persona, immessa come un tassello nella società, si profila irrinunciabile e necessario avere cognizione di cosa gli altri valutano come giusto e degno di nota. Ad esempio è considerato opportuno quel comportamento che altri adotterebbero in una tal circostanza.
4) Benevolenza o brio socializzante: normalmente, l’essere umano tende a prestare consenso alle richieste dei soggetti che destano piacere, interesse o ritenute simili alla propria costruzione mentale, o, fascinose come aspiriamo a diventare; esempio calzante è dato dai compagni nel rapporto personale, rimasti vittime del Tupperware party una–sorta di vintage set per feste od eventi- che apparentemente festoso sollecita altresì li normale canone di tolleranza o pazienza comune.
5) Autorevolezza come credito di prestigio: come sensazione provata di deferenza verso colui ritenuto il “capo”, il vertice delle attese a cui affidiamo la nostra riconoscenza e la ostra fiducia nel seguire ordini a volte non chiari.
6) Rarità, chi è non attratto da ciò che non solo è sfuggente ma fuori dall’ordinario? Tattica del sono solo io così, non troverai simili gli altri sono contagiati dal normale. E da qui si possono evincere almeno due delle caratteristiche ufficiali e non escludibili del manipolatore: il narcisismo ed il machiavellismo in senso propriamente descrittivo del termine.
Da ciò però prendono vita seppur riscontrando tale problematica effettiva e reale, due orientamenti di pensiero giuridico.
Da un lato c’è chi ritiene che le manipolazioni mentale ed emotiva siano possibili ed estremamente pericolose tanto da prevederne la fattispecie di reato, perlomeno auspicandola; d’altro canto, vi sono coloro che ritengono non del tutto possibile documentare né una nuova formula di plagio come altrettanto di manipolazione come crimine perché si dilaterebbe talmente tanto il comportamento previsto da ricomprendere ogni situazione di dipendenza psichica ed emotiva che si svolge in ogni rapporto della vita quotidiana, basta che sortisca un effetto dirompente.
Per tale ragione tra i primi scontri di pensiero è stato abbozzato il disegno di legge n.569, 2008 arenato nella Commissione Giustizia del Senato come conclusione univoca e definitiva.
Epistemologia della Manipolazione
Nel ricercare un punto per evolversi nel concetto di manipolazione, si è partiti dalla “epistemologia della libertà”. Ricordando che nel primo termine si racchiude l’indagine critica intorno alla struttura logica e alla metodologia delle scienze. Il termine, coniato dal filosofo scozzese J.F.Ferrier, designa quella parte della gnoseologia che studia i fondamenti, la validità ed i limiti della cognizione scientifica (episteme). La tesi che fa pilastro sul concetto è che, là dove c’è il diritto di libertà, esiste ugualmente il dovere della verità, dando dignità alla ricerca e al dubbio, quale stimolo ad una elaborazione.
Trovare equilibri tra ciò che comunemente è tollerabile e libero da ciò che invade la libertà e necessita di principi di diritto solidi e applicabili. Prima di giungere alla foce del problema concernente la Blue whale vero nocciolo di un vuoto normativo non sostenibile, volgiamo uno sguardo vigile sul c.d. PROSPETTICIDIO come caso di lavaggio del cervello.
Vivere o relazionarsi con persone “ispettori”, controllori-manipolatori può essere una esperienza estremamente sfibrante e patologica. Non si può negare (vedi sette religiose) che questi soggetti possono divenire autentici specialisti, orditori sofisticati di labirinti mentali. Una tra le strategie di manipolazione più bieche e “scenografiche”, è quella di cambiare radicalmente il modo in cui si percepisce la persona medesima.
Un fenomeno che la psicologia dell’Università del Massachusetts, nelle vesti della dott.ssa Lisa Fontes, appella come “Prospetticidio”, in riferimento ad un avvicendamento di prospettiva così radicale e profonda che fa perdere la coscienza di ciò che siamo e che conosciamo.
Il termine sopra menzionato, Prospetticidio o angolazione di pensiero deviata, è un neologismo, non nuovo dal punto di vista della linguistica, in quanto venne usato per la prima volta in riferimento al lavaggio del cervello a cui venivano sottoposti i prigionieri di guerra ovvero nell’affermazione della razza ariana di hitleriana memoria. Il termine in disanima, non è altro che l’unione delle parole perspective (prospettiva) e pesticide (pesticida). In chiarimento, il prospetticidio implica il dissolvere la personale prospettiva pensando nientemeno di non avere il diritto di avere idee proprie, conoscenze e sentimenti. Con uno stillicidio temporale di comandi porta a dimenticare le opinioni ed obiettivi per fonderli unicamente in quelli della persona dominante – sradicamento soggettivo – depersonalizzazione pura una sorta di possessione come vedrebbe la religione.
Si deduce la riduzione e la rinuncia a propensioni ed aspirazioni della vita altre rispetto a quelle proposte, in perdita totale di una identità che dovrebbe essere affermata e confermata sempre. Con un fattore temporale abbastanza lungo, la persona dominante stravolge il modo di pensare, osservare, criticare e valutare della persona sottomessa. Ne traccia un mondo apposito non contaminabile da altro neanche dalle passioni. La tecnica del soggetto dominante si affina sempre più nel tempo, assottigliando il mondo dell’assoggettato, confinandolo nei giudizi del solo manipolatore, controllando ossessivamente con maniacale scrupolo, i dettagli della quotidianità, divenendo un anoressizzante mentale.
Ulteriore patibolo, impostare ogni termine relazionale verso il prossimo. Impone proprie regole e motivi per i quali relazionarsi a modo contrario ad ogni logica senza via di uscita di sicurezza, poiché si cambia il concetto di natura della propria persona, la riflessione a specchio, non del soggetto che guarda nello stesso ma del soggetto che indica come ci si specchia; in tutto questo gioca un ruolo importante il dominante che ha legami emotivi con il soggetto passivo. Non a caso lo stesso manipolatore si manifesta come “salvatore” o “guardiano” della persona “indifesa” che presumibilmente ha bisogno di aiuto (WordPress- Angolo della Psicologia).
È un trasformismo creato per non denudare le insicurezze e le troppe responsabilità. Inoltre, altra tecnica perentoria del manipolatore consiste nell’utilizzare frasi pilota, con lo scopo che queste diventino fonti di verità. La Blue Whale Challenge è una discussa pratica che proviene dalla Russia:viene proposta come una sfida, in cui un così detto “curatore” può manipolare la volontà e suggestiona i ragazzi sino ad indurli al suicidio, attraverso una serie di cinquanta azioni pericolose. Ad oggi capita anche che bambini e adolescenti si contagino fra di loro, spingendosi ad aderire alla sfida su gruppi social dopo aver facilmente rintracciato in rete la lista delle prove ed essersi accordati sul carattere segreto di questa adesione. Le prove prevedono un progressivo avvicinamento al suicidio attraverso pratiche di autolesionismo, comportamenti pericolosi e la visione di film dell’orrore e altre presunte “prove di coraggio”, che vengono documentate con i cellulari e condivise in rete sui social (quando il gioco diventa reato in www.f4crnetwork).
Tale “gioco abissale”, si è diffuso patologicamente tra i giovanissimi per lo più minorenni, ed è stato da qualcuno ricondotto alla fattispecie criminosa già nota e punita dal diritto penale, concernente l’istigazione o aiuto al suicidio, in quanto l’art.580 c.p.p., sanziona “Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni [….] Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità d’intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all’omicidio”.
Su tale quaestio iuris, è intervenuta debitamente la Corte di Cassazione, con sentenza del 22 dicembre 2017, n. 57503, che, seppur ha escluso in concreto la sussistenza del delitto di cui sopra, ha implicitamente affermato la penale rilevanza della pratica del BWC (da ora in poi acronimo della pratica menzionata). Dopo attente ed accese discussioni della stessa Corte, sull’adesione o meno all’art. 580 c.p., dove devono concretizzarsi le parole chiavistello che il suicidio avvenga o, quantomeno che il soggetto si procuri delle lesioni gravissime, non si evidenzia ancora il fumus del delitto che per ipotesi analogica potrebbe assomigliare ma che fuori da una forzata analogia non da corrispondenze nette, per cui si è comunque procurata una “diminuente” fievole tutela per i minori vittime di intenzioni altrui, una sorta di istigazione anomala ma con l’effetto morte.
È di palmare evidenza, che l’autolesionismo indotto con la conclusione dell’evento sacrificio umano, è reale conseguenza di sicuro uso improprio degli apparecchi informatici, ma soprattutto di disagio mentale e sociale di cui i giovani soprattutto colgono il maggior malessere. La percentuale di suicidi ricondotti alla BWC in Italia è ancora bassa rispetto ad altri paesi europei, questo non esime il legislatore ad attivarsi per una tutela concreta e piena da fonti di produzione accertatamente criminali e disumanizzanti a prescindere dal numero di vittime.
Si dovrebbe ripensare ad un tentativo che si spinga al riconoscere il rafforzamento del proposito di un evento infausto della persona, anche perché la tecnica utilizzata è a morte certa non eventuale come l’essere maldestri ad una richiesta di impiccagione. La psicologia ufficiale, esaminando non curve di statistica ma il fenomeno in sé, concordano nell’affermare che i cc.dd. “curatori” operino sulle vittime una destrutturazione mentale con associata manipolazione a controreazione della demolizione, tale da scaturire l’impossibilità di avere il controllo delle proprie azioni, eseguendo semplicemente le direttive impartite, without restraint – senza freni inibitori.
In Francia, Spagna, Belgio, tutte le pressioni volte ad alterare la capacità di giudizio costituiscono fattispecie criminale propria. In Germania è punibile chi uccide su richiesta esplicita non toccando il tema esasperato dell’eutanasia che è problematica a sé.
Il problema è sociologico-criminale, basta leggere il punto di vista di Durkheim “il suicidio come fenomeno sociale”. Già l’agevolazione materiale ossia la collaborazione guidata di una volontà “mortifera” è ritenuta giustamente concorso morale nella forma del rafforzamento del proposito suicidario, altrettanto con fattispecie indipendente e rigida dovrebbe trovare ingresso al grande mosaico penale, la tossicodipendenza mentale che impone l’olocausto umano per il tramite di una attività ritenuta di gioco.
La morte in questi casi è provocata da un intervento determinante influente sulla volontà personale, una influenza estranea che si inserisce come fattore nuovo in un processo causale propriamente psicologico, un sequestro dell’autonomia individuale che vede come via di fuga la sola morte.
Ripensare all’abuso emotivo assimilandolo per alcuni corridoi mentali allo Stalking è procedura auspicabile e seria al fine di rinuncia all’horror vacui legislativo su una evidenza criminale seria e dagli eventi collettivi incontrollabili.
Altra vexata questio, se ipoteticamente si incorre nell’abuso di credulità popolare ex art. 661 c.p.? O ancora nel “turbamento dell’ordine pubblico” visto il condizionamento collettivo che ne consegue, senza cadere nella scultura semplicistica del manipolato che è vittima poiché già in nuce portatore di un disturbo dissociativo atipico. In definitiva, tutto ciò che tende a mortificare la personale individualità e potenzialità psichica e di discernimento rientra già sic et simpliciter in un maltrattamento della persona ergo violenza privata nell’autodeterminazione a prescindere dagli aspetti antropologici.