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Massimo Galli è indagato per aver alterato il normale svolgimento di un concorso universitario

Perugia, agosto 2021
Ph. Francesca Russo / Perugia, agosto 2021

Lo scienziato Massimo Galli, uno dei più ascoltati infettivologi e presenza ormai familiare a milioni di italiani per quanti giornali e tv lo consultano di frequente da quando è iniziata la pandemia Covid, è fra i numerosi professori che - da quanto si è appreso - sono indagati per turbativa d’asta e falso ideologico dalla Procura di Milano in una inchiesta su concorsi universitari di Medicina ritenuti truccati all’Università degli Studi di Milano nel 2020, con coinvolgimento di alcuni docenti di altri atenei nelle commissioni giudicatrici.

 

Norma contestata l’articolo 353 codice penale

1. Chiunque, con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni, ovvero ne allontana gli offerenti, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032 (1).

2. Se il colpevole è persona preposta dalla legge o dall’autorità agli incanti o alle licitazioni suddette, la reclusione è da uno a cinque anni e la multa da euro 516 a euro 2.065 (2).

3. Le pene stabilite in questo articolo si applicano anche nel caso di licitazioni private per conto di privati, dirette da un pubblico ufficiale o da persona legalmente autorizzata; ma sono ridotte alla metà.

(1) Comma così modificato dal comma 1 dell’articolo 9, L. 136/2010. Multa così aumentata dall’art. 113 della L. 689/1981.

(2) Multa così aumentata dall’articolo 113 della L. 689/1981.

 

Rassegna di giurisprudenza

Elementi strutturali

La fattispecie delittuosa di cui all'articolo 353 si configura come un reato di pericolo: non occorre, invero, che l'azione tipica determini un danno effettivo alla regolarità della gara, ma è sufficiente anche solo che essa produca un "danno mediato e potenziale", costituito dalla semplice "idoneità" degli atti ad influenzare l'andamento della gara, senza che sia necessario, quindi, dimostrare un'effettiva alterazione dei suoi risultati.

L'evento naturalistico del reato richiede, infatti, oltre all'ipotesi dell'impedimento della gara o dell'allontanamento degli offerenti, che sia stato realizzato anche solo il turbamento della gara, situazione questa che è integrata da una condotta che abbia anche soltanto influito sulla sua regolare procedura, alterandone lo svolgimento. Onde evitare di conferire rilievo penale a qualsiasi "comportamento perturbatore", la condotta tipica deve essere idonea a ledere i beni giuridici protetti dalla norma, che si identificano non solo con l'interesse pubblico alla libera concorrenza, ma anche con l'interesse pubblico al libero "gioco" della maggiorazione delle offerte, a garanzia degli interessi della pubblica amministrazione (Sez. 6, 6605/2021).

Nel reato di turbata libertà degli incanti, la condotta di turbamento si verifica quando si altera il normale svolgimento della gara attraverso l’impiego di mezzi tassativamente previsti dalla norma incriminatrice.

Tra tali mezzi, la “collusione” va intesa come ogni accordo clandestino diretto ad influire sul normale svolgimento delle offerte, mentre il “mezzo fraudolento” consiste in qualsiasi artificio, inganno o menzogna concretamente idoneo a conseguire l’evento del reato, che si configura non soltanto in un danno immediato ed effettivo, ma anche in un danno mediato e potenziale, dato che la fattispecie prevista dall’articolo 353 si qualifica come reato di pericolo (Sez. 6, 8054/2019).

Il reato di turbata libertà degli incanti è configurabile in ogni situazione in cui vi è una procedura di gara, anche informale e atipica, mediante la quale la P.A. proceda all’individuazione del contraente, a condizione, tuttavia, che l’avviso informale di gara o il bando, o comunque l’atto equipollente, pongano i potenziali partecipanti nella condizione di valutare le regole che presiedono al confronto e i criteri in base ai quali formulare le proprie offerte, sicché deve escludersi l’esistenza di una gara allorché, a prescindere dalla legittimità del meccanismo adottato, sia prevista solo una comparazione di offerte che la P.A. è libera di valutare, in mancanza di precisi criteri di selezione (Sez. 6, 8044/2016).

La turbata libertà degli incanti non è configurabile nell’ipotesi di contratti conclusi dalla pubblica amministrazione a mezzo di trattativa privata che sia svincolata da ogni schema concorsuale, a meno che la trattativa privata, al di là del nomen juris, si svolga a mezzo di una gara, sia pure informale.

Non può parlarsi di gara quando non vi sia una reale e libera competizione tra più concorrenti, circostanza che si verifica nel caso in cui singoli potenziali contraenti, individualmente interpellati, presentino le rispettive offerte e l’amministrazione mantenga la facoltà di un ampio potere di apprezzamento di scelta del contraente secondo criteri di convenienza e di opportunità propri della contrattazione tra privati (Sez. 6, 9385/2018).

Si reputa esserci una “gara” allorché si realizza una competizione tra le offerte tramite procedure amministrative “informali” o di “consultazione” nelle quali la pubblica amministrazione fa dipendere l’aggiudicazione di contratti dall’esito dei contatti di soggetti che, consapevoli delle offerte di terzi, propongono le proprie condizioni quale contropartita di ciò che serve alla pubblica amministrazione.

Concezione sostanzialistica questa, non vincolata dallo specifico nomen iuris, necessaria per circoscrivere l’ambito applicativo della fattispecie penale dell’articolo 353 la cui oggettività giuridica consiste proprio nell’interesse della P.A. alla regolarità e alla libertà della gara, cioè all’esigenza della protezione dello svolgimento della regolarità della gara e alla pretesa della genuinità del risultato della stessa, come effetto di una competizione svoltasi in libera concorrenza”, interpretazione che non integra un’applicazione analogica della fattispecie criminosa di cui all’articolo 353, in quanto non ne allarga l’ambito di applicazione, bensì concreta una interpretazione estensiva, sulla base dell’eadem ratio in quanto tesa a garantire il regolare svolgimento sia dei pubblici incanti e delle licitazioni private sia delle gare informali o di consultazione, che finiscono con il realizzare, sostanzialmente, delle licitazioni private, orientamento costante in sede di legittimità, ritenendo la configurabilità del reato in ogni situazione nella quale la P.A., anche in assenza di formalità, proceda all’individuazione del contraente mediante una gara.

Nella scelta del contraente assume rilievo preponderante la possibilità dei diversi partecipanti di cogliere quali debbano essere i criteri sulla base dei quali l’amministrazione opererà la scelta, in assenza dei quali e della loro reciproca conoscenza alla luce della assenza di qualsivoglia preliminare regola in concreto utilizzata a tal fine, mancando la possibilità di delineare un’offerta in astratta contrapposizione comparativa con altri soggetti giuridici, non ha senso parlare di impedimento e turbamento tramite violenza, minaccia, doni promesse e collusioni, la cui rilevanza ai fini della scelta del contraente risulta ab origine logicamente preclusa (Sez. 6, 38509/2018).

Per “collusione” deve intendersi ogni accordo clandestino diretto ad influire sul normale svolgimento delle offerte, quale deve ritenersi la partecipazione ad una gara pubblica con offerte solo apparentemente concorrenti, ma imputabili ad unico centro di interessi, dissimulandone il collegamento (Sez. 6, 12298/2012).

Il reato di turbata libertà degli incanti è reato di pericolo, che pertanto si configura non solo nel caso di danno effettivo, ma anche in presenza di un danno mediato e potenziale, non occorrendo l’effettivo conseguimento del risultato perseguito dagli autori dell’illecito, ma la semplice idoneità degli atti ad influenzare l’andamento della gara (Sez. 6, 12821/2013).

La turbata libertà degli incanti è reato di pericolo e si configura non soltanto nel caso di danno effettivo, ma anche in quello di danno mediato e potenziale, senza cioè che occorra l’effettivo conseguimento del risultato perseguito, essendo integrato in tutti i suoi elementi costitutivi per il solo fatto che – come nella fattispecie è accaduto – gli accordi collusivi fossero capaci di influenzare l’andamento della gara, come tali idonei di ledere i beni giuridici protetti che si identificano non solo con l’interesse pubblico alla libera concorrenza, ma anche con l’interesse pubblico al libero gioco della maggiorazione delle offerte, a garanzia degli interessi della pubblica amministrazione (Sez. 6, 42770/2014).

Il reato di turbata libertà degli incanti è reato di pericolo che si configura non solo nel caso di danno effettivo, ma anche nel caso di danno mediato e potenziale, non occorrendo il conseguimento del risultato perseguito dagli autori dell'illecito, ma la semplice idoneità degli atti ad influenzare l'andamento della gara.

L'idoneità degli atti deve essere valutata con giudizio "ex ante", tenendo conto delle circostanze in cui opera l'agente e delle modalità dell'azione, in modo da determinare la reale adeguatezza causale e l'attitudine a creare una situazione di pericolo attuale e concreto di lesione del bene protetto dalla norma incriminatrice.

In tale prospettiva, deve ritenersi configurabile il suddetto delitto anche qualora l'unico partecipante alla gara sia un agente infiltrato, il cui coinvolgimento non dà luogo ad un reato impossibile ove l'azione criminosa non derivi esclusivamente dai suoi spunti o dalle sue sollecitazioni istigatrici, ma costituisca l'effetto di autonome condotte dell'agente, l'idoneità delle quali deve essere valutata oggettivamente, con giudizio "ex ante", nel suo valore assoluto e non in relazione alla simultanea azione dell'infiltrato (Sez. 6, 11366/2020).

La nozione di preposto, di cui al comma secondo dell’art. 353, va determinata con riferimento non al momento terminale – e cioè alla celebrazione della gara – ma avendo riguardo all’intero iter procedimentale che il pubblico incanto per la sua realizzazione comporta: lo svolgimento del pubblico incanto, infatti, dà luogo ad un procedimento amministrativo complesso, sicché la qualifica di persona preposta dalla legge o dall’autorità ai pubblici incanti o alle licitazioni private non può essere limitata a chi presiede o dirige la gara, ma comprende tutti coloro che svolgono funzioni nell’intero percorso procedimentale (Sez. 6, 10886/2014).

Integra il reato di turbata libertà degli incanti anche la “collusione” tra il preposto alla gara ed uno dei concorrenti, per effetto della quale il primo fornisca al secondo suggerimenti e consigli ai fini della determinazione del contenuto dell’offerta da presentare in quanto l’accordo attuato mediante la fornitura di suggerimenti dal soggetto preposto alla gara, sulla base della propria esperienza e delle proprie competenze professionali, eventualmente avvalendosi di notizie riservate, ad uno dei concorrenti al fine di aiutarlo ad individuare il miglior contenuto dell’offerta per aggiudicarsi la gara costituisce condotta di collusione rilevante ai fini dell’integrazione della fattispecie di cui all’articolo 353.

Il comportamento appena descritto, invero, costituisce un ausilio indebito, offerto da chi dovrebbe garantire la correttezza e quindi la parità di condizioni dei concorrenti, a vantaggio di uno solo di essi, e, quindi, a danno degli altri, con modalità idonee ad influire sul normale svolgimento delle offerte (Sez. 6, 57251/2017).

È configurabile il tentativo di turbata libertà degli incanti nel caso di offerta di denaro al fine non equivoco di indurre altri a non partecipare ad un’asta, allorché l’offerta venga respinta o non si verifichi l’astensione dall’asta (Sez. 5, 9671/2015).

Nel delitto di turbata libertà degli incanti unico soggetto passivo titolare dell’interesse protetto è la P.A., atteso che il bene giuridico tutelato va individuato nel solo interesse di quest’ultima al regolare svolgimento delle procedure di gara secondo regole concorrenziali, con la conseguenza che il privato che assume di essere danneggiato dal reato non è legittimato a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione (Sez. 6, 28266/2017). 

 

Rapporti con altre fattispecie

È configurabile il concorso formale tra il reato di corruzione e quello di turbata libertà degli incanti atteso che tali fattispecie criminose tutelano differenti beni giuridici, proteggendo il primo l’interesse dell’Amministrazione alla fedeltà e all’onestà dei funzionari e, dunque, i principi di corretto funzionamento, buon andamento e imparzialità nell’amministrazione della cosa pubblica ed il secondo la libertà di partecipazione alla gara e la regolarità formale e sostanziale del suo svolgimento (Sez. 6, 17586/2017).

La configurabilità del concorso formale tra i due reati esclude tra gli stessi l’esistenza, in astratto, di un rapporto di derivazione univoca, come ipotizzato in ricorso, nel senso che costituisca necessario precipitato, in fatto e diritto, del reato di corruzione il delitto di turbata libertà degli incanti e che nei segnati termini possa individuarsi nella decisione impugnata che ha spezzato siffatto legame una violazione della norma penale.

L’intesa corruttiva ex articolo 319 e la collusione che concorre a dare contenuto al diverso reato della turbata libertà degli incanti ex articolo 353 non evocano il medesimo fatto e nella diversità di contenuto esse assolvono, all’interno delle relative fattispecie, una propria funzione che è quella di premessa del mercimonio degli atti del pubblico funzionario e del turbamento della gara pubblica (Sez. 6, 46009/2018).

I delitti di cui agli articoli 353 e 353-bis sono configurabili in ogni situazione in cui vi sia una procedura di gara, anche informale e atipica, quale che sia il nomen iuris adottato ed anche in assenza di formalità, mediante la quale la P.A. proceda all’individuazione del contraente, a condizione, tuttavia, che l’avviso informale di gara o il bando, o comunque l’atto equipollente, previamente indichi i criteri di selezione e di presentazione delle offerte, ponendo i potenziali partecipanti nella condizione di valutare le regole che presiedono al confronto ed i criteri in base ai quali formulare le proprie offerte (Sez. 6, 30730/2018).

I delitti di cui agli articoli 353 e 353-bis non sono configurabili quando manchi una qualsiasi forma di libera contesa tra concorrenti e, pertanto, ad esempio, quando vi sia una trattativa privata che sia svincolata da ogni schema concorsuale; quando, sia prevista solo una comparazione di offerte che la P.A. è libera di valutare, in mancanza di precisi criteri di selezione; o quando, nonostante la pluralità di soggetti interpellati, ciascuno presenti indipendentemente la propria offerta e l’amministrazione conservi piena libertà di scegliere secondo criteri di convenienza e di opportunità propri della contrattazione tra privati (Sez. 6, 57000/2018).

L’articolo 353-bis è stato introdotto dalla L. 136/2010 per sanzionare quelle condotte di turbativa che non avrebbero potuto inquadrarsi nella fattispecie di cui all’articolo 353, essendosi dunque fatto riferimento alle stesse condotte consistenti in violenza o minaccia, doni, promesse o collusioni o altri mezzi fraudolenti, che integrano il reato di cui all’articolo 353, ma questa volta tali da turbare il procedimento amministrativo volto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione.

È stato delineato un reato di pericolo che si perfeziona a prescindere dal fatto che la scelta del contraente sia stata realmente condizionata, purché sia ravvisabile un turbamento, nel senso che la procedura di predisposizione sia alterata o sviata nel suo regolare svolgimento, con individuazione del dolo specifico riferibile al condizionamento della modalità di scelta del contraente. È stato altresì rilevato che il riferimento all’atto equipollente consente di far rientrare nella previsione qualunque forma di aggiudicazione che prescinda dalla celebrazione di una vera e propria gara o in cui l’attività illecita si risolva nella stessa elusione del rispetto di una gara concorrenziale (Sez. 6, 36806/2018).

L’articolo 353-bis sanziona chiunque, sulla scorta delle medesime condotte indicate dal precedente art. 353 - quindi «con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti» - «turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione». Identico, quindi – come discende altresì dalla collocazione sistematica delle due norme – è il bene giuridico tutelato rispetto a quello oggetto della fattispecie di cui all’articolo 353, poiché anche in questo caso la norma è diretta a colpire i comportamenti che, incidendo illecitamente sulla libera dialettica economica, mettono a repentaglio l’interesse della pubblica amministrazione di poter contrarre con il miglior offerente.

Non così, invece, per ciò che concerne il momento di operatività della tutela apprestata dalle due disposizioni, che, nell’un caso (articolo 353) richiede l’esistenza di una gara, comunque denominata; laddove, nell’altro caso (articolo 353-bis), esso viene anticipato nel tempo – quando un bando (o altro atto equivalente) non sia stato adottato, anche ove la relativa procedura sia stata avviata senza essere però approdata al suo esito finale – nella consapevolezza che gli interessi meritevoli di tutela (come sopra specificati) possono essere lesi non solo da condotte successive ad un bando il cui contenuto sia stato determinato nel pieno rispetto della legalità, ma anche da comportamenti precedenti, in grado di avere influenza sulla formazione di detto contenuto. Il delitto previsto dall’articolo 353-bis, è costruito, sulla stessa falsariga di quello previsto dall’articolo 353, come reato di pericolo.

L’azione consiste, dunque, nel turbare mediante atti predeterminati il procedimento amministrativo di formazione del bando, allo scopo di condizionare la scelta del contraente. Poiché il condizionamento del contenuto del bando è il fine dell’azione, è evidente che il reato si consuma indipendentemente dalla realizzazione del fine medesimo.

Per integrare il delitto, dunque, non è necessario che il contenuto del bando venga effettivamente modificato in modo tale da condizionare la scelta del contraente, né, a maggior ragione, che la scelta del contraente venga effettivamente condizionata. È sufficiente, invece, che si verifichi un turbamento del processo amministrativo, ossia che la correttezza della procedura di predisposizione del bando sia messa concretamente in pericolo (Sez. 6, 29267/2018).

 

Casistica

Il collegamento, formale o sostanziale, tra società partecipanti alla gara per l’aggiudicazione di un appalto pubblico non è di per sé sufficiente a configurare il delitto di turbata libertà degli incanti, occorrendo la prova che, dietro la costituzione di imprese apparentemente distinte, si celi un unico centro decisionale di offerte coordinate ovvero che le imprese, utilizzando strumentalmente il rapporto di collegamento, abbiano presentato offerte concordate.

Il rapporto di controllo o collegamento tra diverse società rappresenta senza dubbio, per i rispettivi amministratori, una condizione propizia per stringere accordi clandestini diretti a battere la concorrenza e, quindi, può ben alimentare il sospetto che le società concorrenti, profittando di tale condizione favorevole, possano concordare le rispettive offerte, consumando il reato previsto dall’articolo 353, mediante la forma tipica della frode o della collusione.

Ma un abisso separa la supposizione di un fatto dalla prova della sua effettiva verificazione. È pertanto ritenuta inammissibile qualsiasi presunzione assoluta di turbativa del corretto svolgimento della gara, fondata sulla scoperta dell’esistenza di rapporti di collegamento o controllo, formale o sostanziale, tra società che vi prendano parte, richiedendo la norma incriminatrice in esame che la turbativa d’asta sia commessa “con collusioni o altri mezzi fraudolenti”.

Ciò che rileva, dunque, non è il mero dato del collegamento, sia esso formale o sostanziale, ma il fatto che esso in concreto abbia portato le imprese a presentare offerte coordinate, nei loro specifici ed effettivi contenuti, in modo da assicurare la vittoria della gara, o, quanto meno, aumentarne le relative probabilità. Occorre la prova che, dietro la costituzione di imprese apparentemente distinte, si celi un unico centro decisionale che ha formulato offerte coordinate, oppure che le imprese partecipanti, sfruttando il rapporto di collegamento, abbiano presentato offerte concordate (Sez. 6, 28517/2014).

Il collegamento tra imprese partecipanti ad una gara per l’aggiudicazione di un appalto pubblico, in sé considerato, costituisce solo un indice di irregolarità suscettibile di acquisire rilevanza penale la cui emersione è tuttavia subordinata alla prova che in concreto vi sia un unico centro decisionale ovvero che vi sia un accordo sugli specifici contenuti delle singole e formalmente autonome offerte (Sez. 6, 42965/2016).

Tale ricostruzione si pone in continuità con la linea interpretativa seguita dalla Corte del Lussemburgo (CGUE, Sez. 4, 19 maggio 2009, C-538/07) la quale ha affermato il principio per cui, in base all’ordinamento comunitario, due imprese, anche se collegate, possono partecipare alla medesima procedura qualora non sia dimostrato che il loro rapporto abbia influito sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di tale gara: “Il compito di accertare se il rapporto di controllo in questione abbia esercitato un’influenza sul contenuto delle rispettive offerte depositate dalle imprese interessate nell’ambito di una stessa procedura di aggiudicazione pubblica richiede un esame e una valutazione dei fatti che spetta alle amministrazioni aggiudicatrici effettuare. La constatazione di un’influenza siffatta, in qualunque forma, è sufficiente per escludere tali imprese dalla procedura di cui trattasi.

Per contro, la semplice constatazione dell’esistenza di un rapporto di controllo tra le imprese considerate, risultante dall’assetto proprietario o dal numero dei diritti di voto che possono esercitarsi nelle assemblee ordinarie, non è sufficiente affinché l’amministrazione aggiudicatrice possa escludere automaticamente tali imprese dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto, senza verificare se un tale rapporto abbia avuto un impatto concreto sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di questa procedura”.

A seguito della pronuncia indicata, il DL 135/2009, convertito nella L. 165/2009, ha introdotto nell’articolo 38 del DLGS 163/2006 la lettera m-quater, secondo cui: “Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: m-quater) che si trovino, rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all’ articolo 2359 del codice civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale”.

Con la modifica normativa indicata si è inoltre abrogato il comma 2 dell’articolo 34 del DLGS 163/2006 per il quale non potevano partecipare alla medesima gara concorrenti che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all’articolo 2359 codice civile. Le stazioni appaltanti escludono altresì dalla gara i concorrenti per i quali accertano che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi.

Dunque, in precedenza l’esclusione dalla gara era automatica nel caso di situazione di controllo di cui all’articolo 2359 codice civile mentre, in caso di controllo cosiddetto sostanziale, era subordinata alla verifica della imputabilità delle offerte ad un unico centro di interesse, nel regime normativo successivo, in ragione della sentenza della CGUE di cui si è detto, entrambe le situazioni, di controllo formale o sostanziale, in tanto possono assumere rilievo, in quanto si accerti l’esistenza di un unico centro decisionale ovvero di un accordo collusivo tra le imprese sui contenuti delle offerte (nello stesso senso è la giurisprudenza amministrativa: TAR Catania, Sez. 3, 2737 del 26 ottobre 2016; TAR. Roma, 4941 del 2 maggio 2016) (Sez. 6, 3264/2019).

I comportamenti integranti il reato di turbata libertà degli incanti di cui all’art. 353 possono essere realizzati anche dopo l’aggiudicazione provvisoria, purché non oltre il momento dell’aggiudicazione definitiva (Sez. 6, 57251/2017).

La turbativa illecita di cui all’articolo 353 può essere realizzata anche nella procedura che precede la indizione della gara, purché essa abbia idoneità ad alternarne il risultato finale (Sez. 6, 653/2017). La turbativa medesima può realizzarsi non solo nel momento preciso in cui la gara si svolge, ma anche nel complesso procedimento che porta alla gara, del quale sono protagonisti gli stessi concorrenti, o fuori della gara medesima, assumendo rilievo la sola lesione della libera concorrenza, che la norma penale intende tutelare a garanzia degli interessi della pubblica amministrazione (Sez. 7, 15629/2018).