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231 - Cassazione Penale: committente responsabile se omette di controllare i dipendenti dell’appaltatore

231 - Cassazione Penale: committente responsabile se omette di controllare i dipendenti dell’appaltatore
231 - Cassazione Penale: committente responsabile se omette di controllare i dipendenti dell’appaltatore

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in tema di responsabilità amministrativa degli enti e sicurezza sul lavoro, l’impresa committente è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio occorso al dipendente dell’appaltatore, quando abbia omesso di esercitare un controllo sull’adozione da parte di quest’ultimo delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro e, comunque, nei casi in cui si manifesti una situazione di pericolo immediatamente percepibile che non sia meramente occasionale.

 

Il caso in esame

La Corte di Appello di Firenze aveva confermato la sentenza del Tribunale di Firenze con cui era stata accertata la penale responsabilità per il reato di cui all’articolo 590, comma 3, del Codice Penale dell’amministratore delegato di una società operante nel campo edile, per l’infortunio occorso al dipendente di una ditta in sub-appalto, che aveva riportato gravi lesioni personali.

All’imputato era stato contestato il fatto di aver concesso i lavori in subappalto senza previamente verificare che tale ditta avesse le necessarie capacità tecniche e di sicurezza sul lavoro, come prescritto dall’articolo 36, lett. a), del Decreto Legislativo n. 81/2008, tollerando che, nell’ambito del cantiere, i dipendenti della ditta in subappalto eseguissero operazioni gravemente imprudenti e imperite.

La sentenza di merito aveva accertato, inoltre, la responsabilità della società di cui l’imputato era amministratore delegato per illecito amministrativo dipendente da reato di cui agli articoli 5 e 25-septies del Decreto Legislativo n. 231/2001 in ragione della mancata adozione di “moduli organizzativi tali da assicurare un controllo sulle modalità di scelta dei subappaltatori e di verifica della sicurezza nei cantieri, nell’interesse esclusivo della società, tenuto conto dei risparmi di spesa derivanti dall’utilizzo di ditte economiche non operanti in regime di sicurezza”.

Avverso la suddetta sentenza, il difensore dell’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando il fatto che la società, quale appaltatrice, “aveva la sola funzione di coordinatrice dei sub-appaltatori ovvero di coordinare il lavoro proprio e della ditta [subappaltatrice]”, ed era stato, pertanto, erroneamente applicato l’articolo 26 del Decreto Legislativo n. 81/2008 (che stabilisce la responsabilità dell’appaltatore solo per gli infortuni connessi al mancato coordinamento delle imprese) e l’articolo 36 del medesimo decreto (che prevede l’obbligo per il datore di lavoro di informare e formare i lavoratori sui rischi in ambito lavorativo).

La decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato, sostenendo che il giudizio di responsabilità dell’imputato, nella qualità di amministratore delegato della società appaltatrice dei lavori e anche formale responsabile del cantiere, per i fatti di cui all’imputazione, risultava pronunciato in aderenza ai principi di diritto elaborati dalla giurisprudenza di legittimità.

In particolare, la Corte di legittimità ha osservato come l’infortunio si fosse verificato a causa dell’utilizzo da parte del dipendente dell’impresa subappaltatrice di uno strumento di lavoro (sega elettrica) sprovvisto dell’apposito dispositivo di sicurezza, che era stato consegnato dal titolare dell’impresa in subappalto.

La Suprema Corte ha, pertanto, enunciato il seguente, fondamentale, principio di diritto, secondo cui:

in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio nel caso di omesso controllo dell’adozione da parte del sub-appaltatore delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro e, comunque, quando si manifesti una situazione di pericolo immediatamente percepibile che non sia meramente occasionale”.

Per le ragioni di cui sopra, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

(Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale, Sentenza 18 maggio 2018, n. 22013)