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Quando il “decreto liquidità” fa acqua e il “decreto aprile” si scrive a maggio. Della serie: Facite ammuina!

Decreto Liquidità
Decreto Liquidità

È curioso il fatto che la maggioranza schiacciante degli operatori del diritto e, ancor più, dell’economia abbiano espresso giudizi assai critici dopo la lettura attenta del c.d. “decreto liquidità”. Forse la propagandistica esaltazione di associare tale provvedimento alla potenza fuoco di una poderosa artiglieria aveva creato aspettative ottimistiche, tradite però dalla constatazione che con “liquidità” si intendesse in vero l’aver caricato le armi con munizioni ad acqua.

Il Fondo Monetario Internazionale afferma che il 2020/2021, a causa del Coronavirus, vedranno una recessione peggiore della crisi del ’29, e valuta nella percentuale del 9,1% la contrazione della produttività dell’Italia che viene disegnata quale Paese che subirà le conseguenze più gravi in Europa, seconda solo alla Grecia per la quale si profila un calo del 10%. Il contraccolpo che si prevede verrà inferto al mercato del lavoro nel nostro Paese viene valutato in un aumento dal 10% al 12,7% della disoccupazione, proiettando l’Italia al quarto posto dei Paesi che più subiranno tale drammatico incremento, dopo Grecia, Spagna e Portogallo.

Sempre il FMI relaziona in merito alla minaccia che la crisi possa portare il sistema finanziario globale ad una sorta di “tempesta perfetta”, vista la stretta tra la più che presumibile necessità di una rapida rinegoziazione delle condizioni di credito e l’elevatissimo rischio della deflagrazione del ceto debitorio a sgretolare la da poco ripresa solidità degli istituti di credito.

La risposta dello Stato è stata il c.d. “decreto liquidità” - o per meglio dire “decreto liquidazione  - che non solo non ha nei fatti alcun riflesso effettivo e concreto né a breve né a lungo termine, laddove le finanze messe in campo, tanto decantate e garantite, costituiranno di fatto solo un incremento dell’esposizione debitoria delle imprese, ma si è limitato alla sola prudenziale posticipazione temporanea degli effetti della certa crisi e della più che presumibile conseguente insolvenza. Il rinvio dell’entrata in vigore del Codice della Crisi dell’Impresa e dell’Insolvenza era già da tempo oggetto di richieste avanzate da più parti e l’emergenza economica determinata dal lockdown non ha fatto altro che legittimare ulteriormente tali istanze. Non possono individuarsi quale risposta soddisfacente le norme del decreto in tema di improcedibilità temporanea dei fallimenti (con inspiegabile, quanto criticata, improcedibilità anche dei fallimenti su ricorso in proprio del debitore) o la possibilità di modificare i termini di adempimento dei concordati o degli accordi approvati in pendenza di omologazione o, ancora, la proroga di sei mesi del termine di adempimento dei concordati o degli accordi già omologati.

Meraviglia che persista un immobilismo totale rispetto alla necessità richiamata da ormai sempre più professionisti, operatori del diritto concorsuale, e, viepiù, imprenditori, di porre in essere un diritto concorsuale emergenziale. Non si parla certo di apprestare un intero impianto legislativo concorsuale, ovviamente, bensì di valutare l’opportunità di accogliere la più che corretta istanza di approntare una procedura agevolata e snella di concordato in continuità, certo contemporanea alla emergenza e al suo perdurare anche negli effetti economici, che possa favorire la sopravvivenza delle imprese travolte incolpevolmente dalla crisi determinata dalla pandemia e la salvaguardia dei livelli occupazionali. Una procedura che possa affiancarsi dunque alle vigenti procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento di cui alla Legge n. 3/2012.

Valutazioni relative alla necessità di approntare strumenti di composizione della crisi urgenti, snelli, peraltro, sollecitata da più parti e da autorevolissimi studiosi del diritto fallimentare ([1]) che indicano quale corollario alla temporaneità delle eventuali procedure emergenziali (si parla di una finestra sino al dicembre 2021) anche il discrimine per l’accesso ad esse dato dalla chiara evidenza della causa determinante il dissesto, la crisi o l’insolvenza: l’utilizzo di strumenti di analisi di bilancio collaudati mediante, nel caso, il ricorso all’analisi relativa all’accertamento della crisi demandata a un professionista provvisto dei requisiti di cui all’articolo 67 legge fallimentare al fine di consentire l’accesso a procedure concorsuali di composizione o concordatarie semplificate (magari addirittura prevedendo una esenzione dalla procedura fallimentare, o comunque un “ombrello protettivo” dalle esecuzioni forzate e cautelari: strumento quest’ultimo non contemplato nemmeno nel decreto liquidità) ai soggetti che abbiano subito la crisi o l’insolvenza in conseguenza o a causa dell’emergenza economica generata dalla pandemia, con ciò dovendosi intendere ovviamente anche a seguito dei provvedimenti di lockdown che di certo hanno compromesso l’operatività aziendale.

Insomma, il “decreto liquidità” dell’8 aprile scorso venne propagandato quale primo tassello da incastonare nel più ampio apparato di prossimi provvedimenti preannunciati quali pressoché già tutti pronti, come una tra le armi della poderosa potenza di fuoco già pronta ad essere messa in campo, ma non vi è stato poi alcun seguito. Il c.d. “decreto aprile”, non emanato perché non pronto né articolato allorquando di contro fu annunciato quale imminente, è divenuto ormai “decreto maggio”. Anzi, viene già annunciato il suo “spacchettamento” in due prossimi provvedimenti, oggetto di ipotesi tra le più disparate demandate alle testate giornalistiche che si arrabattano tra una notizia trapelata dai corridoi dei palazzi e una ipotesi avanzata da qualcuno dei tanti consulenti o tecnici.

Non resta che sperare, ancora e ancora una volta, che con “potenza di fuoco” non si intendesse indicare una prossima capacità deflagrante della situazione economica del Paese determinata dalla ormai avvilente propensione, piuttosto, al fare ammuina.

 

[1] Si segnalano la proposta di una procedura agevolata di concordato in continuità, formulata da Maffei Alberti-Gnudi, o di una procedura di amministrazione vigilata formulata da Corno-Panzani.