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San Giorgio e il drago… ma la Principessa dov’è finita?

Stemma di Bene Vagienna
Stemma di Bene Vagienna

Per gli Atti del Convegno di Bene Vagienna, 27 ottobre 2018

Agli amici di Bene e a chi si occupi un po’ di araldica è ovviamente noto lo stemma della città, quello che, miniato dal Borgonio, il 25 luglio 1688 S.A.R. Carlo Emanuele I concesse, specificando “…… insegna di cui suole valersi nei sigilli, edificj, solennità, et altre occasioni honorevoli …”. Carlo Emanuele I, inoltre, concesse ai fedelissimi di Bene il grado di Città Ducale, anche se la corona riportata nel documento rimane comitale. Sempre su questa pergamena leggiamo Ma perché nei Stati di S.A.R. si trovano alcune Terre che portano l’istesso scudo, acciò questa Città possa distinguere la sua Arma dall’altre, e godere nella presente occasione gli effetti della stima che detta A.R. fa di suo merito per le continue prove del suo zelo, e fedeltà verso il real servitio, userà all’avvenire in fronte dello scudo su la Croce piana d’argento, per il quale augum.to, giunto che sarò in Torino, sarò a’ piedi dell’A.S.R. per ottenere il suo beneplacito, et in tanto l’ho registrata nel nuovo libro della Blasoneria come dispone l’editto delli 23 maggio 1687.

Stemma di Bene Vagienna

Effettivamente non son pochi le Terre che portano San Giorgio e, a dire il vero, anche altre innalzano la Croce piana d’argento…

stemma

Ma chi era San Giorgio, questo santo così noto e così presente nell’araldica?

Viaggiando a ritroso nel tempo ne troviamo tracce in leggende della Mesopotamia, poi in Egitto, nel mondo greco dove il Drago era temuto anche dagli dei dell'Olimpo, mentre, durante l'era dell'Impero Romano, la figura del mostruoso animale scolorì, fin quasi a sparire, per rifarsi viva intorno all'anno Mille in Europa.

In era cristiana il culto per il martire iniziò quasi subito, come dimostrano i resti archeologici della basilica eretta qualche anno dopo la sua morte (303? Martire di Diocleziano) sulla sua tomba nel luogo del martirio (Lydda, Israele).

 

Tra le più antiche rappresentazioni di san Giorgio vi è quella chiesa della Santa Croce eretta sull’isola Akdamar, in Armenia, risalente alla prima metà del X secolo.

Il dio Horus uccide il coccodrillo Seth (Periodo copto, V - VI sec d.C.
Il dio Horus uccide il coccodrillo Seth (Periodo copto, V - VI sec d.C.
san giorgio

Troviamo ancora San Teodoro e San Giorgio Cattedrale di Nikortsminda (inizi XI sec.), Georgia.

Probabilmente solo nel XII secolo San Giorgio è il santo preposto a combattere contro il drago, immagine e tradizione forse portata dai Crociati di ritorno dalla Terra Santa.

Sicuramente suggestiva è poi un’altra ipotesi che viene avanzata a proposito della leggenda di San Giorgio. L’origine del nome Giorgio è evidentemente legata alla terra avendo origini greche e significa 'agricoltore'. Continua il nome latino imperiale Georgius, ripreso dal bizantino Georgios e dal greco antico Γεώργιος (Geṓrgios); è composto dai termini γῆ (gê, "terra") e ἔργον (érgon, "lavoro") e vuol dire letteralmente "contadino", "agricoltore", "lavoratore della terra”. Dunque forte è il richiamo alla terra…e se la battaglia contro il drago maligno il cui fetore – narra la leggenda – uccideva la gente non fosse in realtà proprio la rappresentazione delle altrettanto maligne e fetide terre paludose, quelle terre che i monaci – soprattutto cistercensi – bonificavano e rendevano “mansuete”, ossia coltivabili? Il Piemonte vide sorgere, intorno all’anno mille, diverse abbazie proprio là dove i fiumi che scendono dalle montagne incontrano la pianura e si impaludano…basti pensare, una su tutte, a Staffarda.

san giorgio
Stele di San Giorgio, Cattedrale di San Paolo, Aversa, metà del XI sec

Suggestione interessante, da non trascurare, ma di cui abbiamo solo ipotesi non corraborate da documenti, sculture, immagini…

Torniamo al nostro San Giorgio ed al suo drago. In realtà ottantatre sono i santi il cui attributo iconografico è il drago, o la cui storia personale può essere associata al mostruoso animale.

C’era una volta     in una città chiamata Silena, in Libia, un grande stagno, tale da poter nascondere un drago, che, avvicinandosi alla città, uccideva con il fiato tutte le persone che incontrava. Gli abitanti gli offrivano per placarlo due pecore al giorno ma, quando queste cominciarono a scarseggiare, furono costretti a offrirgli una pecora e un giovane tirato a sorte. Un giorno fu estratta la giovane figlia del re. Il re, terrorizzato, offrì il suo patrimonio e metà del regno per salvarle la vita, ma la popolazione si ribellò, avendo visto morire tanti suoi figli. Dopo otto giorni di tentativi, il re alla fine dovette cedere e la giovane si avviò verso il lago per essere offerta al drago. In quel momento passò di lì il giovane cavaliere Giorgio, il quale, saputo dell'imminente sacrificio, tranquillizzò la principessa, promettendole il suo intervento per evitarle la brutale morte. Poi disse alla principessa di non aver timore, che l'avrebbe aiutata nel nome di Cristo. Quando il drago si avvicinò, Giorgio salì a cavallo e protettosi con la croce e raccomandandosi al Signore, con grande audacia affrontò il drago che gli veniva incontro, ferendolo gravemente con la lancia e lo gettò a terra, disse quindi alla ragazza di avvolgere la sua cintura al collo del drago, il quale prese a seguirla docilmente verso la città. Gli abitanti erano atterriti nel vedere il drago avvicinarsi, ma Giorgio li tranquillizzò, dicendo loro di non aver timore poiché «Iddio mi ha mandato a voi per liberarvi dal drago: se abbraccerete la fede in Cristo, riceverete il battesimo e io ucciderò il mostro». Allora il re e la popolazione si convertirono e il cavaliere uccise il drago e lo fece portare fuori dalla città, trascinato da quattro paia di buoi.

Così la leggenda di San Giorgio come oggi la conosciamo, opera del vescovo ligure Jacopo De Fazio, meglio noto come Jacopo da Varagine (Varazze 1228 – Genova 1298), autore di quella Legenda Aurea (Legenda sanctorum) scritta in latino nel 1265, che ha fornito spunti, immagini e suggestioni circa i Santi della tradizione cristiana. E, come per tante altre ricostruzioni immaginarie delle vite di santi (basti poensare alle tre donne che compaionio nei Vangeli e che Jacopo da Varagine “riassume” nella figura della Maddalena) la storia di San Giorgio ebbe un grande successo in un Medioevo che vedeva attuarsi quasi quotidianamente la lotta tra il bene ed il male.

Così San Giorgio venne scelto come patrono di 21 Comuni che portano il suo nome; Georgia è il nome di uno Stato americano e di una Repubblica caucasica; sei re di Gran Bretagna e Irlanda, due re di Grecia e altri dell’Est europeo portarono il suo nome. È patrono dell’Inghilterra, di intere Regioni spagnole, del Portogallo, della Lituania; di città come Genova, Campobasso, Ferrara, Reggio Calabria e di centinaia di altre città e paesi. Forse nessun santo sin dall’antichità ha riscosso tanta venerazione popolare, sia in Occidente che in Oriente; chiese dedicate a San Giorgio esistevano a Gerusalemme, Gerico, Zorava, Beiruth, Egitto, Etiopia, Georgia da dove si riteneva fosse oriundo; a Magonza e Bamberga vi erano delle basiliche; a Roma la chiesa di S. Giorgio al Velabro custodisce la reliquia del cranio del martire palestinese; a Napoli vi è la basilica di S. Giorgio Maggiore; a Venezia c’è l’isola di S. Giorgio….

Molti gli ordini cavallereschi: l’Ordine di S. Giorgio, detto “della Giarrettiera”; l’Ordine Teutonico, l’Ordine militare di Calatrava d’Aragona; il Sacro Ordine Costantiniano di S. Giorgio, ecc.

Patrono dei cavalieri, armaioli, soldati, scouts, schermitori, cavalleria, arcieri, sellai; è invocato contro peste, lebbra, sifilide, serpenti velenosi, malattie della testa e, nei paesi alle pendici del Vesuvio, contro le eruzioni del vulcano.

Nonostante questa attenzione al Santo, la Chiesa, in mancanza di notizie certe e comprovate sulla sua vita, nel 1969 lo declassò nella liturgia ad una memoria facoltativa.

È interessante dare un breve sguardo alle opere di grandi pittori sparsi in tutto il mondo e aventi per tema l’epopea di San Giorgio.

Paolo Uccello ce la racconta con due quadri, uno, del 1440, conservato a Parigi (olio, cm. 52 x 90) nel Musée Jacquemart-André e l’altro, più tardo (1470 circa). Il paesaggio riporta campi ben ordinati e coltivati e la fanciulla ha scarpe rosse di grande significato simbolico, mentre in alto un vortice rappresenta il “coinvolgimento” divino alla scena.

Molti altri hanno preso il pennello per illustrare San Giorgo: in questa sede ne cito alcuni (sarebbero ben più numerosi) ricordando Mattia Preti (Cappella della Lingua d’Aragona, Catalogna e Navarra, Concattedrale di S. Giovanni, La Valletta, Malta); Andrea Mantegna (Venezia, 1467), il Maestro di San Giorgio (1475 circa, Tempera su legno, rilievi in stucco, foglia d’oro e matallo, Museu Nacional d'Art de Catalunya); Vitale da Bologna (1335 - 1340 circa, Pinacoteca Civica, Bologna); la Miniatura della fine del XIV sec. (Livre d'heures, Londres, British Library); Antonio Cicognara (fine XIV sec., tempera su tavola, Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia); Rogier van der Weyden (Olio su tavola 1432 circa, National Gallery of Art, Washington D.C.); Giovanni Bellini (1471-1474 circa, olio su tavola, pala dell’Incoronazione della Vergine, Museo Civico, Pesaro);  Jacopo Tintoretto (1560 circa, National Gallery, Londra).

Tintoretto

Uno sguardo più attento merita l’opera di Vittore Carpaccio (1502, tempera su tavola, 141×360 cm, Venezia, San Giorgio degli Schiavoni). Innanzitutto l’Autore segue quello che è il canone tradizionale delle disposzione dei personaggi nei quadri: il drago (il personaggio negativo o meno importante) sul lato sinistro e il cavaliere (il personaggio positivo, il più importante) su quello destro. I due sono separati nel mezzo da un albero, fronzuto solo sul lato del cavaliere. In secondo piano i macabri resti delle numerose vittime. Ancora: sulla destra vi è un ripido colle sormontato da una chiesa nella quale si suole riconoscere il San Ciriaco di Ancona.

pittore

L’arco naturale, in alto a sinistra, con i due velieri merita poi una considerazione: il Rinascimento irrompe in una visione in sé medievale: se il crociato gotico va a Gerusalemme a conquistare il centro del mondo, l’esploratore rinascimentale (Colombo) va all’orizzonte a sfidarne la circonferenza.

Daniel Baron 2012, Pinerolo
Daniel Baron 2012, Pinerolo

Anche in tempi più recenti San Giorgio ispira: Salvator Dalì (1942), Vassili Kandinsky (1911 e 1914, Mosca), sino ad arrivare al “perverso” Daniele Baron (2012, Pinerolo). Letizia di Lorenzo (2015, Reggio Calabria) riprende le rappresentazioni bizantine e Franco D’Agosto (2017) ne dà una rappresentazione surreale ed affascinante[1].

drago

Non può mancare ancora un accenno a che cosa rappresenti il drago in altre culture. Il drago asiatico è simbolo di buon auspicio. è l'incarnazione del concetto di Yang, il Bene/Spirito-Fecondo, associato allacqua. Il drago è quindi la creatura portatrice di pioggia, nutrimento per le messi e gli armenti.

In Messico Quetzalcoatl, dio serpente piumato, dio della saggezza e della vita è raffigurato a volte con sembianze di uomo e altre volte di temibile serpente piumato. Jacopo da Varagine inorridirebbe!

Torniamo a San Giorgio e che cosa rappresenti. Scontata il concetto della lotta del bene contro il male: meno scontato il fatto che debba intendersi come la lotta che ognuno di noi deve combattere. Noi siamo San Giorgio, noi ci armiamo e montiamo il cavallo per sconfiggere quella parte di male che è in noi stessi. È un concetto, questo, comune a tutte le religioni e che la dottrina islamica indica lo sforzo di miglioramento del credente (il «jihad superiore»), ma anche la guerra condotta «per la causa di Dio», ossia per l'espansione dell'islam al di fuori dei confini del mondo musulmano. Non a caso questa forma di lotta è però detta «jihad inferiore».

Salvator Dalì 1942
Salvator Dalì 1942

Ma il nostro San Giorgio – noi – non è disarmato nella lotta contro il male: dispone di un’armatura, di un cavallo, della lancia, della spada…e di un’altra fondamentale forza che andremo a scoprire.

L’armatura è la formidabile difesa contro il male, come dice San Paol agli Efesini (6,12): Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. Evidenmtemente nessuno l’ha spiegato a Salvatore Dalì. Il cavallo. A causa della sua potente muscolatura e del suo carattere focoso simboleggia la forza dell'energia pulsionale, pericolosa quando è libera e

mossa dai sensi, utile per la realizzazione spirituale quando è controllata e dosata. Domare il cavallo equivale a padroneggiare le pulsioni interiori. È la cavalcatura dei messaggeri divini, dei cavalieri o dei guerrieri spirituali. In genere, il cavallo bianco è al servizio del bene, quello nero al servizio del male.

La lancia è lo strumento per essere sostenuti dalla fede: Quinto Cassio Longino, emblema dell’uomo qualunque, trafiggendo il costato di Cristo scopre la fede ed esclama Quell’uomo è veramente Dio. Basti poi pensare alla lancia sacra, uno dei simboli più importanti del Sacro Romano Impero, una delle più significative reliquie del Medioevo ed uno dei più preziosi tra i tesori della corona imperiale austriaca.

Il Medioevo pullula letteralmente di spade dai poteri straordinari (si pensi alla Joyeuse di Carlo Magno, alla Durlindana di Orlando, alla Fusberta di Astolfo, a quella di Siegfried, la spada spezzata per intervento i Odhinn: ricongiunta dal nano Minne, consente l’uccisione del drago Fafner come ci narra il ciclo wagneriano del Reingold). La spada, a forma di croce, spesso contenente nell’elsa una reliquia sacra, era poi protagonista di saghe e leggende; una per tutte la Spada nella roccia.

E, in fine, ecco la Principoessa; nello stemma di Bene, dov’è finita? Probabilmente per pure esigenze grafiche non c’è, avrebbe comportato un’immagine del cavaliere troppo piccola.

Ma i grandi maestri nei secoli raramente la dimenticano, ed anzi hanno in genere scelto due atteggiamenti: la dama spaventata e la dama che prega.

araldica

Il rosso è il colore dell’amore, sia terreno che spirituale (basti pensare al Sacro Cuore di Gesù), della passione, dell’attività, delle emozioni, del sentimento, dell’espansività, della vivacità, del sangue inteso come vita.

san giorgio

Certamente il buon San Giorgio di Salvator Dalì, senza la protezione dell’armatura, senza spada, dovrebbe preoccuparsi moltissimo dell’indifferenza della sua Principessa, che, totalemnte disinteressata alla lotta del bene contro il male, gli volta le spalle, nuda, con i capelli al vento.

Abbiamo poi già incontrato la Principessa del pittore Baron, non in grado di ispirare alti pensieri spirituali…ma sono casi limite, tra la provocazione e l’ignoranza.

Chi è allora la Principessa, che cosa rappresenta, quale ruolo ha nella perenne lotta del positivo e del negativo, in definitiva nella storia della vita di ciascuno di noi?

Un ruolo fondamentale: essa è la Sophia, un concetto filosofico e religioso comune sia allo gnosticismo, sia all’ebraismo, sia al cristianesimo. Essa assume il significato, in base al sistema al quale si applica, di Sapienza Divina o parte femminile di Dio. La figura di Sophia venne dimenticata finché Santa Ildegarda di Bingen[2] la celebrò come figura cosmica sia nei suoi scritti che nella sua arte, raffigurandola con indosso una tunica dorata ornata di gemme preziose.

Sophia come "Sapienza di Dio" appare nella Bibbia nel Libro dei Proverbi (8.22-31 in cui Sophia parla come se fosse un'entità a sé stante) così come in alcuni Salmi, nei libri deuterocanonici del Siracide e della Sapienza di Salomone e nel Nuovo Testamento. Non si possono dimenticare le varie chiese a lei dedicate, in primis la grande basilica (prima di diventare moschea) in Istanbul.

Concludendo, lo stemma di Bene, San Giorgio e il suo drago, pur senza la Principessa, ci hanno portato nell’arte, nella religione, nella filosofia, nella storia….E abbiamo scoperto che ciascuno di

noi, nel suo cammino sapienziale, ha un cavallo da domare, una corazza che lo difende, una lancia ed una spada per combattere la parte negativa di se stesso.

Abbiamo ritrovato la Principessa….sapienza divina pronta ad unirsi a noi nella lotta contro quella parte di noi stessi che, altrimenti, non saprebbe volare.

 

[1] La raffigurazione di tutti i quadri citati è facilmente reperibile in Internet.

[2] Ildegarda di Bingen (1089 – 1179) è stata una suora benedettina tedesca. È venerata come santa dalla Chiesa cattolica; nel 2012 è stata dichiarata dottore della chiesa da papa Benedetto XVI.

Tratto dalla Rivista del Collegio Araldico, Anno CXIII, giugno 2016.