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Urgente

Prospettiva
Ph. Paolo Panzacchi / Prospettiva

In questi giorni mi è arrivato l’inoltro di un lungo carteggio, iniziato oltre un mese fa e nel quale era evidenziata l’urgenza di predisporre un sistema, ad integrazione e per il passaggio, di informazioni fra due enti. Già un mese fa le mail rappresentavano un certo livello di urgenza in quanto, il tutto, vale a dire il passaggio documentale fra i due entri, si sarebbe dovuto concludere, tassativamente, entro il 31 dicembre, anzi, prima di questa data di almeno due settimane in quanto, concluso il processo, si rendono di norma necessarie alcune verifiche sui dati per risolvere eventuali problemi e incongruenze.

Il 15 dicembre, a seguito di un sollecito del destinatario dei dati, alle ore 9 del mattino, interviene il responsabile, dando una dead line al fornitore, il quale, nello stesso giorno, alle ore 18, fornisce quanto richiesto.

Tutto è bene quel che finisce bene, se non fosse che scopro che questo processo è lo stesso da otto anni e che, puntualmente, ogni anno, di questi giorni, si arriva a ridosso delle scadenze sull’onda dell’urgenza, in affanno e con il rischio che subentrino imprevisti nella gestione delle risorse a vario titolo coinvolte, che potrebbero incidere sul risultato finale.

Ancora, venerdì ero in servizio fuori sede e ricevo una comunicazione che citava, fra gli altri contenuti: “Chiedo gentilmente di compilare il modello allegato e restituirlo entro e non oltre la giornata odierna a questo ufficio via mail, in formato PDF, unitamente alla scansione di un documento di identità in corso di validità: segnalo che l’acquisizione di tali documenti è necessaria ai fini della nomina”. Al ché rispondo che quel giorno non avrei potuto inviare nulla e che, se fosse stato possibile, avrei comunque provveduto nei giorni successivi; in quel momento scopro che quell’”entro e non oltre la data odierna” era un tempo relativo e non realmente tassativo.

Solo due semplici esempi, fra i molti che riguardano tutti noi, ogni giorno.

Si tratta di vere urgenze? Cosa qualifica l’urgenza? Si può prevenire l’urgenza? Se sì, in che modo?

Condivido la riflessione di Gianni Penzo Doria, tratta dal suo articolo “La PA è vittima della cultura dell’urgenza”: “Le urgenze sono diventate ordinaria amministrazione negli uffici pubblici, tanto che alcuni le hanno addirittura “istituzionalizzate” con Commissioni ad hoc. Ma l’azione amministrativa richiede precisione in punto di diritto e di organizzazione, se non vuole cadere nella sciatteria, nell’inefficienza e nella corruzione (che si nascondono dietro le urgenze)”. LINK

Il nodo centrale, di nuovo, è tutto organizzativo e per questo, ciascuno di noi, nei propri differenti ruoli, ne è protagonista, che sia destinatario o responsabile del processo stesso che genera l’”urgenza”.

È un problema organizzativo perché il presupposto per non cadere nell’urgenza è innanzitutto un tema di pianificazione – per intenderci – se un processo è lo stesso da otto anni, non è sano che ogni anno si ricada nell’urgenza. I margini temporali per pianificare l’attività per tempo e portarla a routine, ho come la sensazione, ci siano tutti.

Ma partiamo dall’inizio perché, spesso, il problema è anche di tipo terminologico. Prima di procedere con una segnalazione di urgenza può, infatti, essere utile chiarire a sé stessi se ci troviamo di fronte a un’attività importante, prioritaria o, appunto, urgente. Questo perché ciò che entra in gioco è la gestione del nostro di tempo, ma anche del tempo altrui. Un tempo che, quando confondiamo il significato di questi termini, resta in balia di attività che divengono urgenti ma che, nei fatti, magari non sono importanti; ciò avviene perché l’urgenza, essendo condizionata dalla scarsità di tempo, diviene oggettiva. L’importanza è invece soggettiva perché le variabili che la definiscono dipendono dal contesto e dall’interpretazione attribuita dal singolo.

Il punto è che, come ben ha insegnato sul tema Dwight D. Eisenhower, “Ciò che è importante raramente è urgente e ciò che è urgente raramente è importante”.

Non mi dilungo qui su metodi che sono facilmente reperibili in rete e che suggerisco di approfondire per migliorare le nostre competenze di pianificazione, come, appunto, “La matrice di Eisenhower” che classifica le attività secondo quattro criteri:

  • importante e urgente: attività da svolgere al più presto e di persona;

  • importante e non urgente: attività sulle quali definire una scadenza e da eseguire personalmente;

  • non importante e urgente: attività quindi spesso facilmente delegabili;

  • non importante e urgente: attività che possono essere eliminate.

Al di là di questo e altri metodi scientifici, ampiamente sperimentati, un modo elementare per non cadere nel tranello dei “ladri di tempo”, è quello di prenderselo il tempo.

Prendersi tempo per analizzare le cose da fare, per ordinarle in base all’importanza che queste rappresentano, e solo dopo aver razionalizzato questi tasselli, attribuire la dimensione temporale che ne definisce la reale priorità, per prenderle in carico in prima persona o per coinvolgere le persone che possono realizzarle.

Sarebbe già sufficiente questo di approccio per preservare la dimensione, in fin dei conti più importante, che è il rispetto per il lavoro, nostro e altrui. Rispetto, quale presupposto per la creazione di un buon clima e per favorire la collaborazione da parte di tutti, e il cui presupposto è anche nostra responsabilità. Responsabilità nel saper pianificare e organizzare il nostro lavoro e il lavoro altrui, a tutela di un tempo – conosciuto, sconosciuto, misconosciuto, s-valutato, come ben ci rappresenta Giovanni Lodigiani – e comunque sia, tanto più scarso quanto sempre più prezioso.