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Vendita di cosa altrui

Nota a Cassaizone - Sezione Seconda Civile, Sentenza 25 novembre 2005, n. 24782
La Suprema Corte nella sentenza in esame prende in considerazione il tema della vendita di cosa altrui e più in particolare di un contratto preliminare di vendita.

Il contratto di vendita di cosa futura è un contratto che prevede il trasferimento della proprietà di una cosa che ancora non esiste, ma che verrà realizzata (in genere dall’alienante), come nell’ipotesi di una casa da costruirsi.

Il contratto in questione non è condizionato dalla venuta ad esistenza del bene (o del diritto) giacchè nelle more dell’evento le parti possono già essere vincolate all’esecuzione di alcune prestazioni: il compratore potrebbe essere già obbligato al pagamento del prezzo ed il venditore, a sua volta, potrebbe essere obbligato a cooperare alla venuta ad esistenza del bene.

In realtà l’unico effetto che rimane sospeso è quello traslativo.

Il mancato avveramento dell’evento nel termine convenuto (la venuta ad esistenza della cosa oggetto del contratto), determina la risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilità della prestazione, salvo che non sia stato stipulato un contratto aleatorio che consista nell’assumersi il rischio che la cosa non venga ad esistenza.

Per quanto riguarda le possibili modalità di stipulazione di un contratto di vendita di cosa altrui, va preliminarmente segnalato come costituisca già un principio pacifico per la giurisprudenza della Corte di Cassazione quello secondo cui quando il preliminare di compravendita abbia per oggetto una cosa di un terzo, l’obbligo di trasferire la proprieta’ di essa al promissario possa essere adempiuto non solo mediante l’acquisto del bene da parte del promittente alienante e il suo successivo trasferimento da quest’ultimo al compratore, ma anche inducendo il vero proprietario a prestare il suo consenso alla cessione della proprieta’ del bene stesso all’acquirente (Cassazione, Sentenze nn. 984/1998, 2398/1986, 1052/1986, 960/1986, 3963/1984).

Il contratto preliminare di vendita di cosa altrui rimane pur sempre una fattispecie bilaterale tra promittente venditore e promittente acquirente anche se si stabilisce che il contratto definitivo debba essere stipulato tra soggetto proprietario e promittente acquirente, poichè è sempre il promittente alienante che ha l’obbligo di procurare che il proprietario presti il suo consenso in sede di stipula del definitivo.

Pertanto, se aderisce a detto preliminare di vendita, il proprietario effettivo non assume alcun obbligo diretto nei confronti del promittente acquirente, in quanto non è parte del preliminare di vendita di cosa altrui ( ricorrendo, altrimenti, un preliminare di vendita di cosa propria ), ma assume in questo caso un obbligo esclusivamente nei confronti del promittente alienante. E dunque, non essendovi alcuna obbligazione dell’effettivo proprietario del bene nei confronti del promittente acquirente di cosa altrui, quest’ultimo non può effettuare alcuna diffida ad adempiere ex articolo 1454 Codice Civile nei confronti del primo, ma esclusivamente nei confronti del promittente alienante il quale, a sua volta, è legittimato ad esperire i rimedi di legge nei confronti dell’effettivo proprietario che, obbligatosi in tal senso, non voglia poi prestare il proprio consenso al trasferimento del bene (Cassazione, Sentenza n. 12004/04).

In caso di preliminare di vendita di cosa altrui, peraltro, va ricordato che in caso di inadempimento, il promittente venditore potrebbe non avere acquistato la proprietà del bene dal terzo.

Nell’ipotesi sopra descritta inoltre, in precedenza era stato stabilito dalla giurisprudenza che il terzo proprietario della cosa potesse intervenire in sede di stipulazione del contratto definitivo e manifestare la propria volontà di alienare il bene di sua proprietà direttamente al compratore (Cassazione, Sentenza n. 960 del 1986). Ma qualora il terzo avesse agito autonomamente, non potrebbe dirsi adempiuta l’obbligazione assunta dal promittente venditore.

Se, inoltre, il promissario acquirente non fosse a conoscenza, in sede di stipula del preliminare, che il bene apparteneva a un terzo, "egli non può essere obbligato alla stipulazione diretta con il terzo proprietario." (Cassazione, Sentenze nn. 3058/1973, 8434/1995).

A tal riguardo e per quanto specificamente riguarda la sentenza in oggetto, la Corte ha stabilito che il promissario acquirente il quale ignori che il bene, al momento della stipula del preliminare di vendita, sia di proprietà di altri, non può adire le vie giudiziali per la risoluzione prima della scadenza del termine per la stipula del contratto definitivo, in quanto il promittente venditore fino a tale momento può adempiere all’obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, riprendendo un filone giurisprudenziale evidenziante come il promissario acquirente, consapevole o meno dell’alienità del bene, possa rifiutare la stipula del definitivo e chiedere la risoluzione del contratto preliminare, soltanto nel caso in cui, alla scadenza del termine fissato per la stipula del definitivo, il promittente venditore non gli abbia procurato l’acquisto della proprietà. Fino alla scadenza del termine, infatti, il promittente venditore ha la possibilità di adempiere all’obbligo di procurare alla controparte l’acquisto della proprietà del bene (si veda Cassazione, Sentenza n. 21179 del 2004). La Suprema Corte nella sentenza in esame prende in considerazione il tema della vendita di cosa altrui e più in particolare di un contratto preliminare di vendita.

Il contratto di vendita di cosa futura è un contratto che prevede il trasferimento della proprietà di una cosa che ancora non esiste, ma che verrà realizzata (in genere dall’alienante), come nell’ipotesi di una casa da costruirsi.

Il contratto in questione non è condizionato dalla venuta ad esistenza del bene (o del diritto) giacchè nelle more dell’evento le parti possono già essere vincolate all’esecuzione di alcune prestazioni: il compratore potrebbe essere già obbligato al pagamento del prezzo ed il venditore, a sua volta, potrebbe essere obbligato a cooperare alla venuta ad esistenza del bene.

In realtà l’unico effetto che rimane sospeso è quello traslativo.

Il mancato avveramento dell’evento nel termine convenuto (la venuta ad esistenza della cosa oggetto del contratto), determina la risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilità della prestazione, salvo che non sia stato stipulato un contratto aleatorio che consista nell’assumersi il rischio che la cosa non venga ad esistenza.

Per quanto riguarda le possibili modalità di stipulazione di un contratto di vendita di cosa altrui, va preliminarmente segnalato come costituisca già un principio pacifico per la giurisprudenza della Corte di Cassazione quello secondo cui quando il preliminare di compravendita abbia per oggetto una cosa di un terzo, l’obbligo di trasferire la proprieta’ di essa al promissario possa essere adempiuto non solo mediante l’acquisto del bene da parte del promittente alienante e il suo successivo trasferimento da quest’ultimo al compratore, ma anche inducendo il vero proprietario a prestare il suo consenso alla cessione della proprieta’ del bene stesso all’acquirente (Cassazione, Sentenze nn. 984/1998, 2398/1986, 1052/1986, 960/1986, 3963/1984).

Il contratto preliminare di vendita di cosa altrui rimane pur sempre una fattispecie bilaterale tra promittente venditore e promittente acquirente anche se si stabilisce che il contratto definitivo debba essere stipulato tra soggetto proprietario e promittente acquirente, poichè è sempre il promittente alienante che ha l’obbligo di procurare che il proprietario presti il suo consenso in sede di stipula del definitivo.

Pertanto, se aderisce a detto preliminare di vendita, il proprietario effettivo non assume alcun obbligo diretto nei confronti del promittente acquirente, in quanto non è parte del preliminare di vendita di cosa altrui ( ricorrendo, altrimenti, un preliminare di vendita di cosa propria ), ma assume in questo caso un obbligo esclusivamente nei confronti del promittente alienante. E dunque, non essendovi alcuna obbligazione dell’effettivo proprietario del bene nei confronti del promittente acquirente di cosa altrui, quest’ultimo non può effettuare alcuna diffida ad adempiere ex articolo 1454 Codice Civile nei confronti del primo, ma esclusivamente nei confronti del promittente alienante il quale, a sua volta, è legittimato ad esperire i rimedi di legge nei confronti dell’effettivo proprietario che, obbligatosi in tal senso, non voglia poi prestare il proprio consenso al trasferimento del bene (Cassazione, Sentenza n. 12004/04).

In caso di preliminare di vendita di cosa altrui, peraltro, va ricordato che in caso di inadempimento, il promittente venditore potrebbe non avere acquistato la proprietà del bene dal terzo.

Nell’ipotesi sopra descritta inoltre, in precedenza era stato stabilito dalla giurisprudenza che il terzo proprietario della cosa potesse intervenire in sede di stipulazione del contratto definitivo e manifestare la propria volontà di alienare il bene di sua proprietà direttamente al compratore (Cassazione, Sentenza n. 960 del 1986). Ma qualora il terzo avesse agito autonomamente, non potrebbe dirsi adempiuta l’obbligazione assunta dal promittente venditore.

Se, inoltre, il promissario acquirente non fosse a conoscenza, in sede di stipula del preliminare, che il bene apparteneva a un terzo, "egli non può essere obbligato alla stipulazione diretta con il terzo proprietario." (Cassazione, Sentenze nn. 3058/1973, 8434/1995).

A tal riguardo e per quanto specificamente riguarda la sentenza in oggetto, la Corte ha stabilito che il promissario acquirente il quale ignori che il bene, al momento della stipula del preliminare di vendita, sia di proprietà di altri, non può adire le vie giudiziali per la risoluzione prima della scadenza del termine per la stipula del contratto definitivo, in quanto il promittente venditore fino a tale momento può adempiere all’obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, riprendendo un filone giurisprudenziale evidenziante come il promissario acquirente, consapevole o meno dell’alienità del bene, possa rifiutare la stipula del definitivo e chiedere la risoluzione del contratto preliminare, soltanto nel caso in cui, alla scadenza del termine fissato per la stipula del definitivo, il promittente venditore non gli abbia procurato l’acquisto della proprietà. Fino alla scadenza del termine, infatti, il promittente venditore ha la possibilità di adempiere all’obbligo di procurare alla controparte l’acquisto della proprietà del bene (si veda Cassazione, Sentenza n. 21179 del 2004).