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Novità in materia di diritto d’autore: continuano le incertezze

Con una sentenza (anzi: una serie di sentenze) annunciata la Corte di Cassazione penale ha tratto le conseguenze della pronuncia della Corte di Giustizia delle Comunità Europee dell’8 novembre 2007 nel procedimento C-20/05. Con quella decisione i Giudici comunitari avevano stabilito la contrarietà al diritto comunitario dell’art. 171 ter lett. c (ora lettera d) della legge sul diritto d’autore, che considerava penalmente illecita – anche in assenza di violazione del copyright – la detenzione, distribuzione, commercializzazione, noleggio, destinazione alla proiezione in pubblico o alla trasmissione radiofonica di prodotti audiovisivi privi di bollino SIAE, affermando che l’obbligo di apposizione del bollino costituisce una “norma tecnica”, che come tale “non può essere opposta ai singoli” in assenza della procedura di notifica alla Commissione Europa prevista dalla Direttiva 98/34/CE.

La Corte di Cassazione ha esteso il principio della non applicabilità della “norma tecnica” sul bollino in caso di mancato espletamento degli adempimenti previsti dalla legge europea “a tutte le disposizioni normative che, successivamente all’entrata in vigore della direttiva 83/98/CE, hanno introdotto la necessità del timbro SIAE per le varie tipologie di supporti”, e quindi anche a norme diverse da quella che era specificamente stata presa in considerazione dalla Corte di Giustizia. Secondo le pronunce della Suprema Corte non sarebbe dunque penalmente sanzionabile la mera mancanza del contrassegno anche con riferimento ai supporti per i programmi per elaboratore ovvero del contenuto di banche dati, e quindi la condotta prevista dall’art. 171 bis , commi 1° e 2° della legge sul diritto d’autore, introdotto nel 2000 per omologare il regime di queste opere protette a quello degli audiovisivi.

Naturalmente la pronunce della Suprema Corte riguardano esclusivamente le fattispecie aventi ad oggetto la mera mancata apposizione del contrassegno, cosicché ferme rimangono tutte le sanzioni penali e civili a presidio delle violazioni del copyright e l’illiceità dunque della realizzazione, detenzione e commercializzazione di copie pirata.

Le sentenze richiamate hanno altresì chiarito che il dovere del Giudice di disapplicare le norme penali interne relative al bollino SIAE in adesione alla decisione della Corte di Giustizia che ha ritenuto tali disposizioni incompatibili con il diritto comunardo sussisterà “fino al momento in cui sarà perfezionata la procedura di notifica” prevista dalla Direttiva. Gli art. 171 bis e ter della legge sul diritto d’autore non sono dunque definitivamente eliminati dall’ordinamento, ma tornerebbero ad essere applicabili ove l’adempimento omesso venisse effettuato: cosa cui conseguirebbe la rilevanza penale della mancata apposizione del bollino ove il fatto di reato si fosse verificato dopo l’effettuazione della notifica. Resta inoltre salvo il rilievo indiziario dell’assenza del bollino SIAE rispetto alla natura contraffattoria delle copie.

Purtroppo questo non è l’unico caso in cui l’Italia si trova inadempiente rispetto a precise disposizioni del diritto comunitario, con conseguenze anche più gravi di queste per gli operatori del settore. Emblematica è sotto questo profilo la vicenda della tutela di diritto d’autore delle opere del design industriale: solo nel 2007, infatti, la legge italiana ha riconosciuto anche alle opere di design dotate di «valore artistico» (in pratica, quelle di maggiore qualità) una protezione pari a quelle di tutte le altre opere protette dal diritto d’autore, come quelle letterarie o di arte figurativa: settanta anni di protezione dopo quello della morte dell’autore. La legge 6 aprile 2007, n. 46 di conversione del decreto legge 15 febbraio 2007, n. 10 ha infatti eliminato la grave ingiustizia prevista al riguardo dal legislatore del 2001, che aveva introdotto questa tutela, ma con una durata – 25 anni dopo quello della morte dell’autore – diversa e molto più breve. E proprio in relazione a questa durata, e al regime transitorio ad essa relativo, la Commissione Europea, su segnalazione di INDICAM (l’Istituto di Centromarca per la Lotta alla Contraffazione) aveva aperto contro l’Italia una procedura d’infrazione.

Sennonché la nuova legge è intervenuta anche sull’art. 239 del Codice, ossia sulla norma transitoria relativa alle opera create prima dell’introduzione in Italia di questa protezione, avvenuta appunto nel 2001: mentre il vecchio testo prevedeva soltanto che i soggetti terzi che in buona fede, confidando nell’assenza di protezione, avevano intrapreso prima di tale data la produzione di prodotti corrispondenti a tali opere fosse consentito di continuare per dieci anni questa attività anteriormente lecita, il nuovo testo ora introdotto esclude tout court dalla protezione le opere create anteriormente. In tal modo la nuova norma comporta una sorta di espropriazione senza indennizzo dei diritti attribuiti nel 2001 alle opere anteriori, che come tale appare chiaramente viziata di illegittimità costituzionale: poiché, infatti, come si diceva, nel 2001 questa protezione è stata prevista sia per le opere dell’industrial design realizzate dopo l’entrata in vigore della legge, sia per quelle create prima di tale data, è impensabile che oggi, nel 2007, il legislatore rinneghi quella scelta e stabilisca che a beneficiare di questa protezione siano le sole opere realizzate dopo il 2001.

Anche qui, dunque, non resterà che attendere che in materia si pronuncino i Giudici comunitari, se non addirittura la nostra Corte Costituzionale. Intanto però in questa materia continua, e anzi cresce, l’incertezza: e questo non è certo quello di cui avevano bisogno le imprese ed i professionisti interessati.

[Articolo pubblicato su "Italia Oggi" del 24 aprile 2008]

Con una sentenza (anzi: una serie di sentenze) annunciata la Corte di Cassazione penale ha tratto le conseguenze della pronuncia della Corte di Giustizia delle Comunità Europee dell’8 novembre 2007 nel procedimento C-20/05. Con quella decisione i Giudici comunitari avevano stabilito la contrarietà al diritto comunitario dell’art. 171 ter lett. c (ora lettera d) della legge sul diritto d’autore, che considerava penalmente illecita – anche in assenza di violazione del copyright – la detenzione, distribuzione, commercializzazione, noleggio, destinazione alla proiezione in pubblico o alla trasmissione radiofonica di prodotti audiovisivi privi di bollino SIAE, affermando che l’obbligo di apposizione del bollino costituisce una “norma tecnica”, che come tale “non può essere opposta ai singoli” in assenza della procedura di notifica alla Commissione Europa prevista dalla Direttiva 98/34/CE.

La Corte di Cassazione ha esteso il principio della non applicabilità della “norma tecnica” sul bollino in caso di mancato espletamento degli adempimenti previsti dalla legge europea “a tutte le disposizioni normative che, successivamente all’entrata in vigore della direttiva 83/98/CE, hanno introdotto la necessità del timbro SIAE per le varie tipologie di supporti”, e quindi anche a norme diverse da quella che era specificamente stata presa in considerazione dalla Corte di Giustizia. Secondo le pronunce della Suprema Corte non sarebbe dunque penalmente sanzionabile la mera mancanza del contrassegno anche con riferimento ai supporti per i programmi per elaboratore ovvero del contenuto di banche dati, e quindi la condotta prevista dall’art. 171 bis , commi 1° e 2° della legge sul diritto d’autore, introdotto nel 2000 per omologare il regime di queste opere protette a quello degli audiovisivi.

Naturalmente la pronunce della Suprema Corte riguardano esclusivamente le fattispecie aventi ad oggetto la mera mancata apposizione del contrassegno, cosicché ferme rimangono tutte le sanzioni penali e civili a presidio delle violazioni del copyright e l’illiceità dunque della realizzazione, detenzione e commercializzazione di copie pirata.

Le sentenze richiamate hanno altresì chiarito che il dovere del Giudice di disapplicare le norme penali interne relative al bollino SIAE in adesione alla decisione della Corte di Giustizia che ha ritenuto tali disposizioni incompatibili con il diritto comunardo sussisterà “fino al momento in cui sarà perfezionata la procedura di notifica” prevista dalla Direttiva. Gli art. 171 bis e ter della legge sul diritto d’autore non sono dunque definitivamente eliminati dall’ordinamento, ma tornerebbero ad essere applicabili ove l’adempimento omesso venisse effettuato: cosa cui conseguirebbe la rilevanza penale della mancata apposizione del bollino ove il fatto di reato si fosse verificato dopo l’effettuazione della notifica. Resta inoltre salvo il rilievo indiziario dell’assenza del bollino SIAE rispetto alla natura contraffattoria delle copie.

Purtroppo questo non è l’unico caso in cui l’Italia si trova inadempiente rispetto a precise disposizioni del diritto comunitario, con conseguenze anche più gravi di queste per gli operatori del settore. Emblematica è sotto questo profilo la vicenda della tutela di diritto d’autore delle opere del design industriale: solo nel 2007, infatti, la legge italiana ha riconosciuto anche alle opere di design dotate di «valore artistico» (in pratica, quelle di maggiore qualità) una protezione pari a quelle di tutte le altre opere protette dal diritto d’autore, come quelle letterarie o di arte figurativa: settanta anni di protezione dopo quello della morte dell’autore. La legge 6 aprile 2007, n. 46 di conversione del decreto legge 15 febbraio 2007, n. 10 ha infatti eliminato la grave ingiustizia prevista al riguardo dal legislatore del 2001, che aveva introdotto questa tutela, ma con una durata – 25 anni dopo quello della morte dell’autore – diversa e molto più breve. E proprio in relazione a questa durata, e al regime transitorio ad essa relativo, la Commissione Europea, su segnalazione di INDICAM (l’Istituto di Centromarca per la Lotta alla Contraffazione) aveva aperto contro l’Italia una procedura d’infrazione.

Sennonché la nuova legge è intervenuta anche sull’art. 239 del Codice, ossia sulla norma transitoria relativa alle opera create prima dell’introduzione in Italia di questa protezione, avvenuta appunto nel 2001: mentre il vecchio testo prevedeva soltanto che i soggetti terzi che in buona fede, confidando nell’assenza di protezione, avevano intrapreso prima di tale data la produzione di prodotti corrispondenti a tali opere fosse consentito di continuare per dieci anni questa attività anteriormente lecita, il nuovo testo ora introdotto esclude tout court dalla protezione le opere create anteriormente. In tal modo la nuova norma comporta una sorta di espropriazione senza indennizzo dei diritti attribuiti nel 2001 alle opere anteriori, che come tale appare chiaramente viziata di illegittimità costituzionale: poiché, infatti, come si diceva, nel 2001 questa protezione è stata prevista sia per le opere dell’industrial design realizzate dopo l’entrata in vigore della legge, sia per quelle create prima di tale data, è impensabile che oggi, nel 2007, il legislatore rinneghi quella scelta e stabilisca che a beneficiare di questa protezione siano le sole opere realizzate dopo il 2001.

Anche qui, dunque, non resterà che attendere che in materia si pronuncino i Giudici comunitari, se non addirittura la nostra Corte Costituzionale. Intanto però in questa materia continua, e anzi cresce, l’incertezza: e questo non è certo quello di cui avevano bisogno le imprese ed i professionisti interessati.

[Articolo pubblicato su "Italia Oggi" del 24 aprile 2008]