Cassazione Penale: elementi del reato di trasferimento fraudolento di valori
Cassazione Penale: elementi del reato di trasferimento fraudolento di valori
Su ricorso promosso dal Pubblico Ministero della Procura della Repubblica, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza emessa dal Tribunale di Napoli in relazione al reato di trasferimento fraudolento di valori di cui all’articolo 12-quinquies, comma 1, del Decreto Legge 306/1992, che punisce l’intestazione fittizia o il fraudolento trasferimento di denaro, beni o altre utilità posti in essere al fine di eludere le disposizioni di legge sulle misure di prevenzione patrimoniali o sul contrabbando ovvero al fine di agevolare la commissione di reati inerenti alla circolazione di mezzi economici di illecita provenienza.
La Corte, annullando la pronuncia perché adottata sulla base di “una interpretazione normativa non condivisibile”, analizza gli elementi del reato e rileva che la norma, facendo riferimento alle disposizioni di legge anziché alle misure, abbassa la soglia di punibilità della fattispecie (che è a forma libera), che trova un corretto bilanciamento nella specifica configurazione dell’elemento psicologico, “la cui illiceità viene puntualmente qualificata, individuando quindi come illecita una condotta altrimenti penalmente irrilevante e ponendo al riparo la norma da censure di illegittimità costituzionale”.
Nelle considerazioni di diritto, si legge che l’oggetto giuridico del delitto in questione consiste nell’evitare la sottrazione di patrimoni anche solo potenzialmente assoggettabili a misure di prevenzione, sicché l’effettiva emanazione di dette misure (o la pendenza del relativo procedimento) non integra l’elemento materiale del reato, né una sua condizione oggettiva di punibilità. Semmai, l’emanazione delle misure può costituire mero indice sintomatico di eventuali finalità elusive sottese a trasferimenti fraudolenti o ad intestazioni fittizie di denaro, beni o altre utilità, che connotano il dolo specifico richiesto.
Pertanto è evidente che elemento essenziale della fattispecie criminosa è “la consapevole determinazione, in qualsiasi forma realizzata, di una situazione di difformità tra titolarità formale, meramente apparente, e titolarità di fatto di un determinato compendio patrimoniale, qualificata dalla specifica finalizzazione fraudolenta normativamente descritta”.
Alla luce di queste considerazioni, la Corte dichiara “la non condivisibilità sul piano giuridico dell’argomentazione svolta nella sentenza impugnata, che omette di valutare la sussistenza dell’interposizione fittizia sulla base dei complessivi elementi indiziari emergenti dagli atti e non solo nelle ipotesi in cui essa concerna il patrimonio nella sua interezza, ma anche … nell’ipotesi in cui un soggetto divenga socio occulto in una attività già esistente e, perciò, compartecipe della proprietà aziendale e degli utili”.
(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Penale, Sentenza 24 aprile 2012, n.15707)
[Dott.ssa Luciana Di Vito - Iusgate]