x

x

Fraseologia sui genitori

Oasi Faunistica di Vendicari, Noto
Ph. Simona Loprete / Oasi Faunistica di Vendicari, Noto

In passato, nella legislazione e nelle scienze umane, nei confronti dei figli si parlava prevalentemente dei coniugi, del padre di famiglia e della madre di famiglia e soprattutto della maternità ma non dei genitori. Nei decenni recenti, invece, si parla insistentemente di “genitori” in linea con l’articolo  30 comma 1 Costituzione e con la Convenzione Internazionale sui Diritti sull’Infanzia.

Si fa presto a dire o a dirsi genitori mentre ben altro è farsi e fare i genitori.

Innanzitutto i genitori non dovrebbero esaltare i figli ma far fare loro il salto di qualità, il salto nella loro vita. “Se non potete essere un pino sulla vetta del monte siate un arbusto nella valle, ma siate il miglior piccolo arbusto sulla sponda del ruscello. [...] Siate il meglio di qualunque cosa siate” (lo scrittore statunitense Douglas Malloch). I genitori potrebbero incitare così i propri figli. I figli sono come ruscelli che si devono allontanare dalla sorgente per incanalarsi, seguire il loro corso per divenire fiumi, torrenti, affluenti o altro, superando anse, massi, piene, secche e concorrere al ciclo dell’acqua, altrimenti rimarrebbero acqua stagnante o si prosciugherebbero. “Gli Stati parti devono rispettare il diritto del fanciullo alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Gli Stati parti devono rispettare il diritto e il dovere dei genitori, o all’occorrenza dei tutori, di guidare il fanciullo nell’esercizio del diritto sopra menzionato in modo consono alle sue capacità evolutive” (articolo  14 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). I figli nascono dall’acqua e sono acqua.

Ezio Aceti, psicologo dell’età evolutiva, precisa: “Dobbiamo tenere conto dei tre passaggi di crescita del bambino. Fino ai 7 anni egli è completamente dipendente dal padre e dalla madre. Dopo, il bambino è capace di inserirsi da sé nella realtà, e i genitori devono sostenere questa sua crescita di autonomia. Il figlio deve trarre il nutrimento di stima dentro di sé, in modo tale da arrivare a sentirsi sicuro. Così potrà costruire non solo la sua identità corporea, ma anche quella psichica”. La dipendenza fisica dei primi anni di vita di un bambino non deve essere resa dipendenza affettiva, perché il figlio è altro dai genitori: la fuga dello spermatozoo per il concepimento, lo scalciare nel grembo materno e il taglio del cordone ombelicale sono simbolici dell’autonomia del figlio rispetto ai genitori. “Gli Stati parti si impegnano a rispettare il diritto del fanciullo di conservare la propria identità” (articolo  8 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).

[…] se ci si vuole intendere tra genitori e figli, bisogna cambiare atteggiamento scrive il filosofo Adriano Fabris (esperto della filosofia della relazione) –. Bisogna trovare il giusto equilibrio tra audacia e timore. E lo devono trovare soprattutto coloro che, come i genitori, sanno quanto è importante il ruolo dell’audacia – il piacere dell’avventura, l’esperienza del nuovo – nella formazione del carattere. Bloccare tutto ciò per timori in teoria anche giustificati, ma in pratica capaci di avere conseguenze negative, è in effetti sbagliato”. Caricare di ansie, aspettative, attenzioni eccessive o altro i figli è limitare il loro anelito di vita. Si spengono l’audacia e l’avventura non solo con l’atteggiamento ansioso o ansiogeno dei genitori ma anche dando ai figli tutto o prevenendo ogni loro bisogno o desiderio o frustrazione o mettendo già alla loro portata ogni aspetto della vita adulta (anche con la prolungata condivisione del lettone o del bagno o di altri spazi intimi in casa). “Gli Stati parti riconoscono che ogni fanciullo ha un diritto innato alla vita. Gli Stati parti si impegnano a garantire nella più alta misura possibile la sopravvivenza e lo sviluppo del fanciullo” (articolo  6 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). Sopravvivenza e sviluppo: letteralmente “vivere sopra” e “svolgere”, quindi andare avanti e oltre.

La sociologa Chiara Giaccardi aggiunge: “È fondamentale riconoscersi figli e sapere che esistiamo perché siamo stati messi al mondo. Nessuno, fuori dalle retoriche contemporanee, si è «fatto da sé». Se esistiamo è come frutto di libertà (il sì di chi ci ha accolto) e di alterità […]. Solo custodendo con gratitudine questa radice relazionale e filiale possiamo essere generosi. Se riconosciamo di essere stati generati possiamo a nostra volta generare, portare frutti. Ma per farlo è necessario nascere di nuovo”. I genitori non solo devono dare la vita, ma anche la “radice relazionale e filiale” che consenta al figlio di ri-nascere sempre nel suo percorso di crescita e di identità. È anche questo il significato dell’articolo  315 bis comma 2 cod. civ.: “Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti”.

Ma non sempre è così, per cui risultano attuali le parole di Salvatore Quasimodo: “Guardo il presepe scolpito, dove sono i pastori appena giunti alla povera stalla di Betlemme. […] Pace nel cuore di Cristo in eterno; ma non v’è pace nel cuore dell’uomo. Anche con Cristo, e sono venti secoli, il fratello si scaglia sul fratello. Ma c’è chi ascolta il pianto del bambino che morirà poi in croce fra due ladri?”. “Ladri d’amore”, immagine che tristemente si addice ai genitori che si contendono i figli: i bambini hanno diritto, sin dal concepimento, ad “entrambi i genitori”, locuzione espressamente prevista negli articoli 9, 10 e 18 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia. I genitori sono “gestori di vita altrui” che, prima o poi, devono consegnare ai legittimi titolari che sono i figli stessi che, per gli errori dei genitori, si rivelano “giudici inappellabili”.

Fabrizio Fantoni, psicologo e psicoterapeuta, richiama: “I possibili errori educativi, si sa, sono tanti, ma cercare la perfezione non serve perché un genitore troppo bravo rischia di rendere più difficile l’opera di separazione necessaria per diventare adulti”. “Nell’assolvimento del loro compito essi [i genitori] debbono venire innanzitutto guidati dall’interesse superiore del fanciullo” (articolo  18 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). I genitori devono saper coniugare generosità e genialità del vivere e nel vivere quotidiano. Vivere: farsi portatori di amore, di luce, di speranza, di sogni. Chi, però, non si fa portatore di questo è portatore di handicap, di ostacolo per l’altro, perché non porta la vita in sé e con sé. Anche questo “portare” sostanzia la genitorialità.

Osvaldo Poli, psicologo e psicoterapeuta, ricorda: “Le rondini hanno un metodo infallibile per insegnare ai loro piccoli a lasciare il nido e volare: non portano loro il cibo per tre giorni. Non si sono mai viste rondini incapaci di volare”. I genitori non devono fornire ai figli l’impossibile, ma dare loro il necessario, tra cui le competenze relazionali e sociali, ovvero gli strumenti fondamentali per vivere. “I genitori o le altre persone aventi cura del fanciullo hanno primariamente la responsabilità di assicurare, nei limiti delle loro possibilità e delle loro disponibilità finanziarie, le condizioni di vita necessarie allo sviluppo del fanciullo” (articolo  27 par. 2 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).

Barbara Volpi, psicologa e psicoterapeuta, afferma: “Non stancatevi mai di dire ai vostri figli che cosa è importante per voi, quali sono i vostri valori, che cosa è giusto o sbagliato e perché. A costo di fare i grilli parlanti. Ma quella narrazione, costante e coerente, magari mal digerita o ascoltata con sufficienza, sarà la loro impercettibile guida nelle strade del web”. Ai figli non bisogna solo o tanto parlare (che è generico) quanto dire, verbo che deriva da una radice che significava “mostro, indico, espongo, racconto”, quindi esprimersi, dare significato alle parole. “[…] il diritto e il dovere dei genitori, o all’occorrenza dei tutori, di guidare il fanciullo” (articolo  14 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). Anche partorire comporta fatica e tempo ma se così non fosse i figli non potrebbero venire al mondo e non si potrebbe diventare genitori: durante una partita di calcio avvertire la stanchezza è normale ma abbandonare il campo no.

“Solo una vita spesa per gli altri è una vita degna di essere vissuta” (Albert Einstein). I genitori sono soliti dire che darebbero la vita per i figli ma, poi, lo dimenticano quando sono accecati dai loro egoismi, per esempio nella scelta delle modalità del concepimento o nella gestione della crisi di coppia. Inoltre, tra padre e madre c’è sempre più inversione o confusione o inesistenza di ruoli trascurando che pure l’educazione sessuale o l’educazione civica è data soprattutto dall’esempio di vita sentimentale e relazionale dei genitori (e non da informazioni o prescrizioni date a scuola).

“Hai qualche ricordo di tua madre da condividere? - Era una donna d’affari che voleva primeggiare in tutto. L’unica cosa che ricordo è la sua sedia vuota, ogni giorno!” (da una serie tv). I genitori devono aspirare alla “carriera educativa ed emozionale” e fare in modo, con piccoli gesti ogni giorno, che la loro sedia non sia ricordata vuota. È questa una forma dell’assistenza morale che si deve ai figli, di cui agli artt. 147 e 315 bis comma 1 cod. civ..

“[...] i miei genitori erano contadini, e i contadini amano la vita che vedono nascere nei semi che affidano alla terra ogni anno con fede, e anche nelle uova di cui controllano furtivi la cova, e nei vitelli che accolgono fra le mani nel caldo bagnato delle stalle” (da “Il tempo è un Dio breve” di Mariapia Veladiano). Ogni giorno i genitori dovrebbero essere contadini della vita, della bellezza della vita. Essere genitori non è solo concepire o desiderare figli, anzi è lungi da ciò. I figli: germogli in mezzo agli alberi vecchi o vetusti della vita per dare ossigeno a tutti.